Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3091 del 19/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3091 Anno 2016
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sui ricorsi presentati da:
Iervasi Nicola, nato a Locri, il 29/7/1960;
Iervasi Vincenzo, nato a Locri, il 7/12/1983;
Imperitura Maria Rosa, nata ad Avigliana, il 26/5/1963;
Femia Rosa, nata a Rocella Jonica, il 29/1/1933;

avverso il decreto del 9/7/2014 della Corte d’appello di Torino;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale
Dott. Piero Gaeta, il quale ha richiesto che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili.
RITENUTO IN FATTO
1.Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Torino, quale giudice del rinvio a
seguito dell’annullamento sul punto del precedente provvedimento, ha confermato la

Data Udienza: 19/11/2015

confisca di prevenzione di un bene immobile e di due libretti postali disposta nei
confronti di Iervasi Nicola e Iervasi Vincenzo, già destinatari di misura di prevenzione
personale.
2. Avverso il decreto ricorrono, con unico atto, Iervasi Nicola, Iervasi Vincenzo e
Imperitura Maria Rosa, quest’ultima in qualità di cointestataria del bene immobile,
nonché, con atto autonomo, Femia Rosa, anch’essa come terza interessata in quanto
cointestataria dei libretti personali.

Maria Rosa articola quattro motivi.
2.1.1 Con il primo viene dedotta violazione dell’art. 24 d. Igs. n. 159/2011,
osservandosi come la Corte territoriale abbia complessivamente ritenuto
sproporzionato il valore dei beni assoggettati a misura ablativa, omettendo di
accertare in che misura il loro acquisto possa eventualmente ed effettivamente
imputarsi a disponibilità di origine illecita, atteso che in ogni caso era stata acquisita
prova del possesso da parte del nucleo familiare dei prevenuti anche di redditi leciti.
2.1.2 Analogo vizio viene denunziato con il secondo motivo laddove i giudici
dell’appello avrebbero valutato la sproporzione del valore dei beni confiscati non in
relazione al momento del loro acquisto, ma in riferimento alla situazione reddituale dei
prevenuti relativa ad un periodo di gran lunga successivo.
2.1.3 Con il terzo motivo i ricorrenti lamentano la violazione del divieto di bis in idem,
atteso che i beni assoggettati a confisca già erano stati sequestrati e poi restituiti agli
interessati nell’ambito di altro procedimento per l’accertato difetto della sussistenza
dei presupposti per l’applicazione della misura ablativa.
2.1.4 Con il quarto ed ultimo motivo viene dedotta ulteriore violazione dell’art. 24 d.
Igs. n. 159/2011 per difetto di valutazione della pericolosità del prevenuto, stante il
rilevante iato temporale esistente tra il momento in cui venne acquistato l’immobile e
quello dell’accertata partecipazione dello Iervasi Nicola ad una associazione mafiosa,
nonché l’irrilevanza dell’unico precedente da cui risulta gravato lo stesso per fatti
commessi nel 1988 e relativi al mero possesso per uso personale di stupefacenti.
2.2 II ricorso proposto nell’interesse di Femia Rosa deduce a sua volta violazione di
legge anche sotto il profilo del difetto assoluto di motivazione, rilevando come la Corte
territoriale abbia sostanzialmente onerato la ricorrente della prova certa dell’origine
lecita delle risorse finanziarie confluite sui libretti postali, mentre sulla stessa
graverebbe un mero onere di allegazione, puntualmente assolto nel caso di specie in
maniera idonea a vincere la presunzione normativa circa l’origine illecita delle
medesime. Non di meno il provvedimento impugnato avrebbe omesso di considerare
che la Fennia da oltre un quinquennio non è più convivente con i propri familiari ed ha
fornito la prova positiva del fatto che sui libretti è stato depositato il danaro

2.1 II ricorso proposto dal difensore di Iervasi Nicola, Iervasi Vincenzo e Imperitura

proveniente dal riscatto nel 2011 di buoni fruttiferi postali acquistati nel 1980, nonché
è stata periodicamente versata la pensione del marito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Innanzi tutto devono essere dichiarati inammissibili i ricorsi di Femia Rosa e
Imperitura Maria Rosa.
1.1 Va infatti ribadito come sia inammissibile il ricorso per cassazione presentato

terzo interessato privo di procura speciale. Il terzo interessato, in quanto portatore di
interessi civilistici, ha infatti un onere di patrocinio, che é soddisfatto solo attraverso il
conferimento di procura alle liti al difensore (Sez. 6, n. 7510/13 del 23 ottobre 2012,
Esposito e altro, Rv. 254580; Sez. 2, n. 27037 del 27 marzo 2012, Bini, Rv. 253404).
1.2 Nel caso di specie non risulta dagli atti che ai difensori delle due parti terze
interessate firmatari dei rispettivi ricorsi sia mai stata rilasciata procura in tal senso,
men che meno questa risulta allegata agli stessi, nei quali peraltro i difensori
nemmeno si sono dichiarati procuratori speciali delle parti rappresentate. Pertanto,
come accennato, gli stessi ricorsi devono ritenersi inammissibili per difetto di
legittimazione dei proponenti.

2. Inammissibile è anche l’eccezione di ne bis in idem sollevata con i motivi di ricorso
proposti nell’interesse di Iervasi Nicola e Iervasi Vincenzo. In proposito deve
evidenziarsi come fosse comunque onere dei ricorrenti – non assolto dai medesimi allegare gli elementi in grado di dimostrare che nel giudizio di cognizione fosse stata
acquisita la eventuale prova positiva della origine lecita dei beni confiscati e non che la
mancata ablazione dei medesimi sia conseguita solo alla differente valutazione
dell’organo giudicante sulla sussistenza dei relativi presupposti, stante il principio di
autonomia tra il procedimento di cognizione e quello di prevenzione e la diversità di
tali presupposti a seconda che si proceda alla confisca misura di ci scurezza o sanzione
ovvero alla confisca di prevenzione. Non di meno va osservato che nel procedimento di
cognizione, secondo quanto documentato dai ricorrenti in quello di prevenzione,
oggetto di restituzione è stato solo uno dei libretti oggetto di confisca (quello
cointestato a Iervasi Vincenzo e alla Femia) e per di più esclusivamente in relazione ad
una parte soltanto della somma ivi depositata.

3. Con le censure avanzate nel secondo e terzo motivo del ricorso dei proposti si
contesta sostanzialmente che la Corte territoriale avrebbe ancorato il proprio giudizio
ad una presunzione di illecito accumulo fondata sulla rilevata sproporzione della
situazione reddituale del nucleo familiare dei medesimi a seguito di una indagine

avverso il decreto che dispone la misura patrimoniale della confisca dal difensore del

limitata all’arco temporale compreso tra il 2000 e il 2009, quando invece i beni
oggetto dell’intervento ablativo erano stati acquisiti al patrimonio degli stessi proposti
in epoca di molto antecedente, non dimostrando dunque che, quando ad esempio
venne acceso il mutuo che fornì le risorse per acquistare l’immobile confiscato, il
medesimo nucleo familiare non possedesse redditi di fonte lecita insufficienti per farvi
fronte. La doglianza è invero manifestamente infondata, giacchè la Corte territoriale
ha rilevato come per il periodo antecedente a quello sopra ricordato (e in particolare
all’epoca dell’acquisto dell’immobile confiscato) non siano stati documentati redditi

alla posizione di Iervasi Nicola nonostante il lungo periodo nel quale si afferma che egli
avrebbe svolto attività lavorativa lecita. Del tutto legittimamente, dunque, i giudici del
merito hanno escluso che i proposti e i loro familiari avessero entrate in grado di
sostenere i costi del mutuo di cui si è detto. Quanto ai libretti di deposito è invece
pacifico, risultando dal provvedimento impugnato incontestato sul punto, che la
liquidità presente nei medesimi è il frutto di versamenti effettuati successivamente
all’anno 2000.

4. manifestamente infondata è anche l’ultima doglianza dei ricorrenti, atteso che la
Corte territoriale, quanto alla correlazione tra insorgenza della pericolosità e data
dell’acquisto dei beni confiscati, si è limitata ad applicare i principi affermati dal giudice
di legittimità nella sentenza di annullamento, decidendo dunque nel rispetto del
vincolo di rinvio.
4.1 Va rilevato che successivamente alla pronunzia di annullamento le Sezioni Unite
hanno mutato l’orientamento ribadito con la pronunzia della Prima Sezione,
affermando che la pericolosità sociale, oltre ad essere presupposto ineludibile della
confisca di prevenzione, è anche “misura temporale” del suo ambito applicativo; con la
conseguenza che, con riferimento alla c.d. pericolosità generica, sono suscettibili di
ablazione soltanto i beni acquistati nell’arco di tempo in cui si è manifestata la
pericolosità sociale, mentre, con riferimento alla c.d. pericolosità qualificata, il giudice
dovrà accertare se questa investa, come ordinariamente accade, l’intero percorso
esistenziale del proposto, o se sia individuabile un momento iniziale ed un termine
finale della pericolosità sociale, al fine di stabilire se siano suscettibili di ablazione tutti
i beni riconducibili al proposto ovvero soltanto quelli ricadenti nel periodo temporale
individuato (Sez. Un., n. 4880/15 del 26 giugno 2014, Spinelli ed altro, Rv. 262605).
4.2 Ciò peraltro non consente comunque di ritenere viziato il provvedimento
impugnato, giacchè l’obbligo del giudice di rinvio di uniformarsi alla sentenza della
Corte di cassazione per quanto riguarda ogni questione di diritto con essa decisa è
assoluto e inderogabile anche quando, a seguito di tale decisione, sia intervenuto un
mutamento di giurisprudenza (ex multis Sez. 5, n. 41334 del 19 settembre 2013, P.G.

attribuibili al nucleo familiare dei proposti, solo assertivamente evocati con riguardo

in proc. Cacciatore, Rv. 257945; Sez. 1, n. 4049/13 del 10 aprile 2012, Licata ed altri,
Rv. 254217; Sez. 6, n. 18715 del 19 aprile 2012, Ignazzi, Rv. 252503; Sez. 3, n.
12532 del 29 gennaio 2015, Castelletti e altro, Rv. 263001).

5. Alla ritenuta inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna di ciascun ricorrente al
pagamento delle spese del procedimento, nonché della somma di euro 1.000 in favore
della Cassa delle Ammende.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 19/11/2015

P.Q.M.

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