Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30909 del 19/03/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30909 Anno 2015
Presidente: IANNELLI ENZO
Relatore: CAMMINO MATILDE
Data Udienza: 19/03/2015

SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
SESSI Robert n. Milano il 23 aprile 1967
SESSI Antonuio n. Milano il 15 novembre 1970
BATTISTINI Mirco n. Brescello il 13 agosto 1966
avverso la sentenza emessa il 15 gennaio 2013 dalla Corte di appello di Brescia

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Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Matilde Cammino;
udita la requisitoria del pubblico ministero, avv. gen. dott. Carmine Stabile, che ha chiesto il
rigetto del ricorso;
sentito il difensore di fiducia, avv. Antonio Franco Sarzi Amadè del foro di Reggio Emilia, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso;
osserva

Considerato in fatto

1.

Con sentenza in data 15 gennaio 2013 la Corte di appello di Brescia ha

confermato nei confronti di Sessi Robert, Sessi Antonio e Battistini Mirco la sentenza emessa
dal Tribunale di Mantova il 27 gennaio 2005 con la quale i predetti erano stati dichiarati
colpevoli del reato di illecita cessione continuata di cocaina (capo A), commesso tra il dicembre
1998 e il settembre 1999, e di estorsione continuata aggravata (capo B), commesso tra il 23
settembre e il 4 ottobre 1999, loro ascritti in concorso. Gli imputati venivano condannati,
ritenuta la continuazione, riconosciute per il capo per il capo A l’ipotesi prevista dal quinto
comma dell’art.73 D.P.R.309/90 e inoltre le circostanze attenuanti generiche prevalenti
sull’aggravante contestata al capo B, considerato: più grave quest’ultimo reato, alla pena di
anni quattro, mesi sei di reclusione ed euro 700,00 di multa ciascuno, con la pena accessoria
dell’interdizione dai pubblici uffici per anni cinque.

2.

Le imputazioni si riferiscono alle ripetute cessioni di cocaina a Callegari Davide,

nella maggior parte dei casi tramite il coimputato defunto Renusi Mirco (nei cui confronti con la
sentenza di appello veniva dichiarata l’improcedibilità per essere il reato a lui ascritto estinto
per morte dell’imputato) che era il proprietario del bar frequentato dal Callegari e talvolta dagli
imputati, e agli episodi estorsivi messi in atto da costoro nei confronti dell’acquirente per
ottenere il pagamento del credito maturato nei suoi confronti.

3.

Avverso la predetta sentenza i tre imputati, tramite il comune difensore, hanno

proposto ricorso per cassazione deducendo:
l)

la violazione degli artt.526 e 500 co.3 cod.proc.pen.

e la mancanza o

contraddittorietà della motivazione quanto alle doglianze contenute nell’atto di appello in
ordine all’acquisizione al fascicolo per il dibattimento ex art.500 co.4 e 5 cod.proc.pen. dei
verbali delle dichiarazioni rese dal teste-persona offesa Callegari Davide e alla contestuale
dichiarazione di utilizzabilità ai fini della decisione delle dichiarazioni dallo stesso Callegari rese
in sede dibattimentale prima del rifiuto di sottoporsi al controesame dei difensori di tutti gli
imputati; nel ricorso si sostiene che tutte le dichiarazioni rese dal teste, che si era sottratto al
controesame, avrebbero dovuto essere dichiarate inutilizzabili ex art.500 co.3 cod.proc.pen.; la
Corte territoriale aveva invece affermato che, pur difettando i presupposti per l’acquisizione
delle dichiarazioni ai sensi dell’art.SOO co.4 e 5 cod.proc.pen., il Callegari non si era
sostanzialmente sottratto al controesame delle difese; sarebbero stati violati il principio del
contraddittorio nella formazione della prova sancito dall’art.lll, quarto comma. Cast. e la
regola di esclusione probatoria prevista dall’art.526 co.l bis cod.proc.pen. che vieta l’utilizzo
anche indiretto delle dichiarazioni di chi si è sottratto al controesame sia sotto il profilo della
renitenza che sotto quello della reticenza, quest’ultimo ravvisabile nel caso in esame; peraltro
anche il caso di rifiuto del teste alla prosecuzione del controesame, come risulta dalla lettura
dei verbali delle udienze del 24 e del 29 novembre 2003 nella parte in cui si registrano gli

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innumerevoli “non ricordo” del teste seguiti dal definitivo rifiuto di proseguire nel controesame,
rientra nello schema della inutilizzabilità prevista dall’art.500 co.3 cod.proc.pen.
2)

il vizio della motivazione in ordine agli episodi di cessione di cocaina, avendo il

teste Callegari indicato in dibattimento il defunto Renusi come colui che gli cedeva la cocaina e
al quale corrispondeva il relativo prezzo e negli imputati i creditori del Renusi (“esattori”); gli
elementi di responsabilità sarebbero stati tratti dalla Corte territoriale esclusivamente dalle
dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari dal Callegari e dalla stessa Corte
dichiarate inutilizzabili

Considerato in diritto

1. Il ricorso è infondato e va rigettato.
1.1.

Il primo motivo è infondato.

Dalla motivazione della sentenza impugnata si desume che la Corte territoriale ha
escluso la sussistenza di elementi concreti per affermare che il teste-persona offesa Callegari
Davide fosse stato sottoposto a violenza o minaccia affinché non deponesse o deponesse il
falso e quindi dei presupposti per l’acquisizione al fascicolo del dibattimento, ai sensi
dell’art.500 comma 4 cod.proc.pen., delle dichiarazioni contenute nel fascicolo del pubblico
ministero rese durante le indagini preliminari dal teste e dichiarate utilizzabili unitamente alle
dichiarazioni dibattimentali dallo stesso rese in sede dibattimentale, come disposto dal giudice
di primo grado con ordinanza in data 10 gennaio 2005.
La Corte territoriale, infatti, ha ritenuto che il Callegari in dibattimento non si fosse
rifiutato di rispondere al controesame, con specifico riferimento a quello della difesa degli
imputati ricorrenti (avv. Antonio Sarzi Amadè). Con articolata motivazione ha rilevato che il
Callegari aveva risposto durante l’udienza del 24 novembre 2003, svoltasi alla presenza di tutti
gli imputati, prima alle domande e alle specifiche contestazioni del pubblico ministero (il quale
gli aveva rammentato le circostanze riferite circa tre anni prima, il 14 febbraio 2000, ai
Carabinieri) ed era stato successivamente sottoposto, “per un tempo parimenti apprezzabile”,
al controesame condotto dall’avv. Sarzi Amadè, difensore dei fratelli Sessi e del Battistini,
finché non aveva cominciato a sostenere di non ricordare e che aveva già risposto; tutto ciò
era avvenuto prima che il presidente del collegio, invitato il difensore a non ripeter le stesse
domande e preso atto della stanchezza manifestata dal teste, rinviasse all’udienza del 29
novembre 2003. A quest’ultima udienza il Callegari aveva ribadito di avere già risposto alle
domande del pubblico ministero e per questo di non intendere rispondere ulteriormente alle
identiche domande della difesa, mentre alla successiva udienza del 12 febbraio 2004 era stato
disposto un rinvio per impedimento della difesa e all’udienza del 10 gennaio 2005 era stata
emessa l’ordinanza di acquisizione ex art.500 comma 4 cod.proc.pen. La Corte territoriale ha
altresì precisato che il controesame della difesa degli attuali ricorrenti all’udienza del 24

novembre 2003 era stato circostanziato e che il teste aveva fornito plurime risposte, che lo
stesso presidente del collegio aveva invitato il difensore a non reiterare ulteriormente identici
interrogativi, che il teste aveva infine manifestato di essere stanco “specificando, su domanda

del collegio, che comunque era sua intenzione sostenere l’esame, e di avere solo in quel
momento la testa confusa”; ha aggiunto che alla successiva udienza del 29 novembre 2003
l’avvocato dei tre ricorrenti non aveva più preso la parola, “evidentemente ritenendo di avere

esaurito il proprio controesame”, mentre il Callegari si era sottoposto al controesame da parte
del difensore dell’imputato Renusi inducendo il pubblico ministero a formulare la richiesta ai
sensi dell’art.SOO cod.proc.pen. “poiché il testimone alle domande della difesa di Renusi diceva

di aver già risposto prima, di aver già detto ai carabinieri quanto accaduto, e così via”. La Corte
territoriale ha quindi concluso in questi termini: “Non si può ritenere dunque che il Callegari si

sia rifiutato di rendere il controesame, dando egli ampiamente conto invece, anche a domanda
della difesa degli odierni appellanti, che si drogava, che perciò aveva maturato un debito
proprio nei confronti di questi ultimi, che, insoddisfatti delle loro pretese ereditarie, avevano
cominciato ad assumere, nei di lui confronti, un atteggiamento di prevaricazione, al fine di
indur/o a pagare”.
Il ricorrente non contesta la ricostruzione della vicenda processuale nei termini predetti
ma ne trae la conclusione che il teste si sia rifiutato di sottoporsi al controesame dell’avv. Sarzi
Amadè, senza tuttavia confrontarsi con l’articolata motivazione della sentenza impugnata in cui
specificamente sono indicati i plurimi e significativi argomenti (riportati in ben quindici pagine
del verbale stenotipico e riguardanti lo stato di tossicodipendenza del Callegari e i suoi fornitori
di cocaina individuati negli imputati, i quali anche con violenza avevano richiesto il pagamento
del debito accumulato per il pagamento della sostanza stupefacente) sui quali il controesame
della difesa dei ricorrenti si era sviluppato nel corso dell’udienza del 24 novembre 2003,
all’esito della quale il teste espressamente aveva dichiarato di non rifiutare l’esame ma solo di
sentirsi stanco. Nel ricorso nemmeno viene preso in considerazione l’argomento relativo al
fatto che alla successiva udienza del 29 novembre 2003 il difensore dei tre ricorrenti non aveva
più chiesto la parola ed aveva lasciato spazio al controesame del difensore dell’imputato
Renusi.
La Corte ritiene, essendo stata esclusa la ricorrenza dei presupposti per l’applicazione
dell’art.SOO comma 4 cod.proc.pen. ed essendo stata riconosciuta la corretta applicazione nelle
norme processuali nell’assunzione dell’esame testimoniale del Calligari con motivazione
immune da vizi logici e giuridici, le censure difensive formulate con il ricorso debbano essere
ritenute destituite di fondamento.
1.2. Il secondo motivo del tutto generico e, comunque, fondato su una diversa
lettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione la cui valutazione è compito
esclusivo del giudice di merito ed è inammissibile in questa sede, essendo stato comunque

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l’obbligo di motivazione esaustivamente soddisfatto nella sentenza impugnata con valutazione
critica di tutti gli elementi offerti dall’istruttoria dibattimentale e con indicazione, pienamente
coerente sotto il profilo logico-giuridico, degli argomenti a sostegno dell’affermazione di
responsabilità. L’affermazione di responsabilità è peraltro inequivocabilmente fondata nella
motivazione della sentenza impugnata sulle dichiarazioni dibattimentali rese dal Callegari, in
risposta alle domande rivoltegli dal pubblico ministero e a quelle formulate in sede di
controesame dal difensore dei ricorrenti avv. Sarzi Amadè, e su ulteriori dettagliate
dichiarazioni testimoniali (dei genitori del Callegari e del m.llo Andrea Todaro della stazione dei
carabinieri di Pecognaga) il cui valore probatorio è stato vagliato in maniera rigorosa e ritenuto
solido riscontro alla tesi accusatoria, contrariamente alle dichiarazioni dei testi a discarico (i
genitori dei fratelli Sessi, la madre e la sorella del Renusi) altrettanto rigorosamente esaminate
e considerate prive di elementi di supporto alle versioni difensive dei ricorrenti.
3. Al rigetto del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna dei ricorrenti al
pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.
rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.
Roma 19 marzo 2015

il cons. est.

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CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
UFFICIO COPIE UNIFICATO

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