Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30908 del 21/11/2012


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30908 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
1) VIOLA FRANCESCO N. IL 21/02/1992
2) CULICI SALVATORE N. IL 14/03/1979
avverso la sentenza n. 3956/2011 GIP TRIBUNALE di MESSINA, del
01/03/2012
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI
CASELLA;

Data Udienza: 21/11/2012

n.141 Ricorrenti VIOLA Francesco – CULICI Salvatore

Motivi della decisione

Gli imputati propongono, per tramite dei rispettivi difensori, distinti ricorsi
per cassazione avverso la sentenza in epigrafe, emessa 11 marzo 2012 dal GIP
del Tribunale di Messina ex art. 444 cod. proc. pen. sul presupposto della
riconosciuta responsabilità dei predetti in ordine al reato previsto dall’art. 73

2011; con la recidiva reiterata per il Culici.
I gravami sono manifestamente infondati lamentando i ricorrenti il difetto di
motivazione in ordine alla mancata applicazione dell’art. 129 cod. proc.pen.
Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio secondo il quale l’obbligo
della motivazione della sentenza di patteggiamento non può non essere
conformato alla particolare natura giuridica della stessa: lo sviluppo delle linee
argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con
cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti
nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro, che il giudizio negativo circa la
ricorrenza di una delle ipotesi di cui al richiamato art. 129 cod.proc.pen. deve
essere accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti
o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile
applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in
caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione , anche implicita,
che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le
condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129 (S. U. 27 marzo 1992,
Di Benedetto ; S. U. 27 dicembre 1995, Serafino). Nel caso di specie il Giudice
di prime cure ha fatto esplicito richiamo, a tale riguardo, al contenuto degli atti
di causa onde escludere i presupposti di una pronunzia di proscioglimento o di
assoluzione degli imputati.
Né l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione
censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento
che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del
giudicabile.
D’altra parte, attesa la natura pattizia del rito, chi chiede la pena pattuita
rinuncia ad avvalersi della facoltà di contestare l’accusa. Ne consegue, come
questa Corte ha più volte avuto modo di affermare, che l’imputato non può
prospettare con il ricorso per cassazione censure che coinvolgono il patto dal
medesimo accettato.

i

d.P.R. n. 309/1990, commesso in Scaletta Zanclea ed in Itala il 6 settembre

I ricorsi sono quindi inammissibili. Segue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen.,
la condanna di ciascuno del ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento
ed al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di euro
1.500,00 a titolo di sanzione pecuniaria, trattandosi di causa di inammissibilità
riconducibile alla volontà, e quindi a colpa, del ricorrente stesso (cfr. Corte
Costituzionale sent. n. 186 del 7 – 13 giugno 2000 ).

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese
del procedimento e ciascuno a quello della somma di euro 1.500,00 a favore
della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma,lì 21 novembre 2012.

PQM

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