Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 309 del 20/12/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 309 Anno 2014
Presidente: PETTI CIRO
Relatore: MACCHIA ALBERTO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
COSSU MARCO N. IL 03/11/1967
FALLUCCA IVANO N. IL 02/05/1964
GIUNCHI LUCA N. IL 12/04/1965
GIUNCHI MARCO N. IL 20/07/1966
MORGANTI ANDREA N. IL 05/07/1963
MURA MARCO N. IL 24/01/1967
SERRA FABIO N. IL 21/12/1974
avverso la sentenza n. 8017/2009 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 02/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/12/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALBERTO MACCHIA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. L”, )Z f 4.
che ha concluso per
iLARA.t. frt..-432-4Art -1′ p

Udito, per la parte civile, l’Avv

Data Udienza: 20/12/2013

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Con sentenza del 2 marzo 2012, la Corte di appello di Bologna, in parziale
riforma della sentenza emessa il 17 aprile 2008 dal Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Ravenna, ha, per quel che qui interessa, dichiarato non
doversi procedere nei confronti di MORGANTI Andrea in ordine ai reati di cui ai
capi A.V.VI.VII. perchè estinti per prescrizione ed ha rideterminato la pena al
medesimo inflitta in ordine ai restanti reati di cui ai capi A.I e A.IV in complessivi
anni tre e mesi otto di reclusione ed euro 2.200 di multa; ha assolto COSSU Marco
dai reati di cui ai capi G.IV e G.V perché il fatto non sussiste ed ha rideterminato la
pena inflittagli per il residuo delitto di cui al capo G.I in anni uno e mesi quattro di
reclusione ed euro 400 di multa; ha assolto MURA Marco dal delitto di cui al capo
HAV perchè il fatto non sussiste ed ha rideterminato la pena inflittagli in rodine al
residuo reato di cui al capo H.I in anni uno e mesi quattro di reclusione ed euro 400 di
multa; ha rideterminato la pena inflitta a FALLUCCA Ivano in mesi sei di reclusione
ed euro 200 di multa e la pena inflitta a GIUNCHI Luca e GIUNCHI Marco in anni
uno di reclusione ed euro 200 di multa ciascuno, nonchè la pena inflitta a SERRA
Fabio in mesi otto di reclusione ed euro 200 di multa. Ha dichiarato infine
interamente condonate le pene inflitte a COSSU Marco e MURA Marco e condonate
nella misura di tre anni di reclusone e la intera multa nei confronti di MORGANTI
Andrea.
Tutti gli imputati predetti hanno proposto ricorso per cassazione. Nel ricorso
proposto da GIUNCHI Marco e GIUNCHI Luca si lamenta nel primo motivo
violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla insussistenza del fine di
profitto in ordine al delitto di cui all’art. 648 cod. pen. Si deduce poi la intervenuta
prescrizione del reato in quanto, essendo stato applicato il capoverso dell’art. 648
cod. pen., il reato si prescrive in sette anni e mezzo e, dunque, la causa estintiva
sarebbe intervenuta nel dicembre 2010, contestandosi la diversa tesi sostenuta dalla
Corte territoriale.
Nel ricorso proposto nell’interesse di SERRA Fabio si lamenta che
l’affermazione di responsabilità sarebbe stata fondata solo su elementi indiziari privi
dei requisiti prescritti dall’art. 192 cod. proc. pen. e si deduce la intervenuta
prescrizione. Nel ricorso proposto da MORGANTI Andrea si lamenta vizio di
motivazione in riferimento alle deduzioni prospettate dall’imputato. Non
sussisterebbe, poi, il reato di ricettazione, in quanto non sarebbe ravvisabile nella
specie alcun reato presupposto, tanto se i prodotti fossero di origine comunitaria —
trattandosi di beni di libera circolazione – che di origine extracomunitaria, circostanza
questa non provata e comunque che richiede il superamento di un determinato
importo per la evasione dei diritti di confine. Non sarebbe ravvisabile neppure la
violazione della legge antidoping, in quanto, all’epoca di fatti, il reato non era
ritenuto sussistente. Con riferimento, poi, alla contestazione relativa alla cessione di
efedrina, si osserva che soltanto con la introduzione, nel 2005, dell’art. 73, comma 2i

OSSERVA

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bis, poi abrogato dal d. lgs. n. 50 del 2011, che ha introdotto la nozione di “operatore”
prevedendo al comma 4 la figura comune, venne colmata la lacuna precedente in
ordine alla mancata sanzione per i comportamenti generici; pertanto, la condotta
attribuita al ricorrente non era prevista come reato dall’art. 70 del d.p.r. n. 309 del
1990, nel testo all’epoca vigente. La Corte, infine, non avrebbe fornito adeguata
risposta in ordine alle censure dedotte nei motivi di appello.
Nel ricorso proposto nell’interesse di MURA Marco, si osserva che l’imputato
non avrebbe tratto alcun profitto patrimoniale dalla propria condotta e pertanto non
sussisterebbe il delitto di ricettazione, in quanto le sostanze erano state acquistate per
uso personale o per cederle gratuitamente ad amici. Si osserva, al riguardo, che il
profitto richiesto perché possa configurarsi il delitto di cui all’art. 648 cod. pen.
«deve avere o una natura prettamente patrimoniale, di lucro inteso in senso stretto,
oppure deve arrecare un vantaggio per sè o per terzi, che però non può mai essere
quello di un mero consumo istantaneo e/o godimento personale di beni fungibili,
benchè di provenienza delittuosa».
Nell’interesse di COSSU Marco si deduce vizio di motivazione in punto di
elemento psicologico del reato, in quanto, da un lato, non sarebbero emersi elementi
di conoscenza tra l’imputato ed il MORGANTI — commercializzatore delle sostanze
— ma unicamente contatti con il coimputato TALARICO Roberto, dal quale
acquistata sostanze unicamente per uso personale. Nulla dimostra che il TALARICO
non si procurasse le sostanze anabolizzanti attraverso circuiti diversi da quelli leciti e
senza il fine di alterare competizioni sportive. Non vi sarebbe dunque prova del
delitto presupposto.
Nel ricorso proposto da FALLUCCA Ivano, infine, si lamenta la mancata
concessione del beneficio della non menzione, senza che la sentenza impugnata abbia
motivato sul punto, e si contesta la sussistenza dell’elemento psicologico del reato di
ricettazione, considerato che, come emergerebbe dalle intercettazioni, il MORGANTI
non avrebbe ingenerato nell’acquirente neppure il dubbio che si trattasse di prodotti
non commercializzabili o illeciti.
I ricorsi del MORGANTI, del FALLUCCA, del MURA e del COSSU sono
infondati. Va infatti innanzi tutto ribadito, contrariamente all’assunto dei ricorrenti,
che il reato di commercio di sostanze dopanti attraverso canali diversi da farmacie e
dispensari autorizzati, di cui all’art. 9, comma 7, della legge 14 dicembre 2000, n.
376, può concorrere con il reato di ricettazione, in considerazione della diversità
strutturale delle due fattispecie — essendo il reato previsto dalla legge speciale
integrabile anche attraverso condotte acquisitive e non ricollegabili ad un delitto — e
della non omogeneità del bene giuridico protetto, poiché la ricettazione è posta a
tutela di un interesse di natura patrimoniale, mentre il reato di commercio abusivo di
sostanze dopanti è finalizzato alla tutela della salute di coloro che partecipano alle
manifestazioni sportive (Cass., Sez. un., n. 3087 del 29 novembre 2005; Cass., Sez.
II, n. 12744 dell’Il marzo 2010).
Ove l’acquisizione delle sostanze dopanti sia stato effettuato a seguito e
nell’ambito di una attività, come nella specie, di traffico anche internazionale, già

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realizzatosi in tutte le sua connotazioni di disvalore giuridico e di elemento materiale
— con il conseguente perfezionamento della figura di reato speciale tracciata dall’art.
9 della legge n. 376 del 2000 – ed allo scopo di procedere ad una successiva cessione
e commercializzazione illecita, al fine di trarne profitto per sé o per altri, devono
dunque ritenersi integrate entrambe le ipotizzate fattispecie delittuose, trattandosi di
segmenti di attività cronologicamente e soggettivamente fra loro differenziate e tali
da costituire l’una il presupposto giuridico e fattuale dell’altra. Va d’altra parte
rammentato che — contrariamente all’assunto dei ricorrenti — il profitto, il cui
conseguimento integra il dolo specifico del reato di ricettazione, può avere anche
natura non patrimoniale (Cass., Sez. II, n. 44378 del 25 novembre 2010; Cass., Sez.
II, n. 11083 del 12 ottobre 2010), mentre, sempre ai fini della configurabilità
dell’elemento soggettivo, va pure rammentato che lo stesso è ravvisabile anche nella
forma della intromissione o intermediazione, con la conseguenza che il fine di
profitto ben può riguardare anche persona diversa dal titolare del bene ricettato
(Cass., Sez. VI, n. 45644 del 4 novembre 2009).
A proposito, poi, della successione delle norme previste in materia di
stupefacenti, è del tutto evidente che attraverso la locuzione “chiunque,” l’art. 70,
comma 12, del d.P.R. n. 309 del 1990, nel testo vigente all’epoca dei fatti,
configurasse la fattispecie incriminatrice alla stregua di reato comune, con la
conseguenza che le varie norme che configuravano pene accessorie in capo a chi
avesse assunto la qualità di “operatore” non intendessero affatto circoscrivere la
portata del precetto a tali soggetti qualificati, pervenendo — attraverso una singolare
eterogenesi dei fini — alla creazione, per qual determinato iato temporale additato dai
ricorrenti, di un vuoto di tutela, che né la lettera, né la ratio della normativa
consentono di ipotizzare. Le censure, poi, relative alla pretesa insussistenza
dell’elemento psicologico o coinvolgenti i singoli ruoli svolti dai vari ricorrenti, si
rivelano tutte infondate, posto che la motivazione offerta al riguardo dai giudici del
merito si rivela congrua e logicamente coerente.
La censura del FALLUCCA in punto di mancata concessione del beneficio
della non menzione si rivela, infine, manifestamente infondata, in quanto a fronte
della richiesta del tutto generica, e quindi, in sé, inammissibile per aspecificità,
evocata nei motivi di appello, la relativa valutazione è stata implicitamente condotta
dai giudici del gravame nel quadro della determinazione del nuovo statuto
sanzionatorio, e reputato adeguato quanto a trattamento e benefici applicati.
Sono invece palesemente inammissibili i ricorsi di GIUNCHI Marco,
GIUNCHI Luca e SERRA Fabio, in quanto per un verso del tutto generici, apparendo
nella sostanza reiterativi di doglianze già espresse in appello e motivatamente
disattese dai giudici del grado, e, sotto altro profilo, manifestamente infondati alla
luce proprio dei rilievi svolti in punto di fatto — a proposito tanto dell’elemento
materiale che di quello psicologico del contestato reato — dai giudici del doppio grado
di merito. Palesemente inconsistente è, da ultimo, il motivo relativo alla prescrizione
del reato, in quanto il capoverso dell’art. 648 del codice penale integra una
circostanza attenuante e non una figura autonoma di reato.

I ricorrenti vanno pertanto condannati tutti al pagamento delle spese
processuali, mentre GIUNCHI Marco, GIUNCHI Luca e SERRA Fabio vanno
condannati anche al pagamento alla Cassa delle ammende di una somma che si stima
equo determinare in euro mille ciascuno, alla luce dei principi affermati dalla Corte
costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000.

Dichiara inammissibili i ricorsi di GIUNCHI Marco, GIUNCHI Luca e SERRA
Fabio e rigetta i ricorsi di MORGANTI Andrea, COSSU Marco, MURA Marco e
FALLUCCA Ivano. Condanna tutti i predetti al pagamento delle spese processuali e
GIUNCHI Marco, GIUNCHI Luca e SERRA Fabio anchect versamento della somma
di euro mille ciascuno alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 20 dicembre 2013
/

P. Q. M.

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