Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30890 del 17/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30890 Anno 2014
Presidente: CARMENINI SECONDO LIBERO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• STRANGIS Patrizia, nata a Chivasso il 21/5/1969
avverso la sentenza n. 1057/13 in data 24/10/2013 della Corte di Appello di
Catanzaro
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Massimo GALLI, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore dell’imputata, Avv. Rosanna FRATARCANGELI, che ha concluso
riportandosi ai motivi di ricorso dei quali ha chiesto l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 24/10/2013, la Corte di Appello di Catanzaro confermava la
sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato dal Tribunale di Larnezia Terme
in data 15/12/2009 con la quale l’imputata STRANGIS Patrizia era stata
condannata alla pena di giorni 40 di reclusione per il reato di cui all’art. 633 cod.
pen. per avere arbitrariamente invaso, al fine di occuparlo o di trarne altrimenti
profitto, un immobile sito in Lamezia Terme di proprietà dell’Italposte S.p.a.

Ricorre per Cassazione avverso la predetta sentenza l’imputata personalmente
deducendo:
1. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. per mancanza,
contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ed inosservanza ed

Data Udienza: 17/06/2014

erronea applicazione della legge penale in relazione al disposto di cui all’at. 2,
comma 3, cod. pen., e L. Regionale nr. 8 del 1995, avendo l’imputata
formalizzato in data 28/2/2009 una richiesta di regolarizzazione del rapporto
locatizio il che – a detta della ricorrente – avrebbe fatto venir meno, per la sua
efficacia scriminante, il requisito oggettivo dell’arbitrarietà della condotta.
2. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e) cod. proc. pen. per
mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione ed
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale per avere omesso la

di cui all’art. 54 cod. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato. Deve, al riguardo, essere
immediatamente evidenziato che l’introduzione nell’immobile altrui al fine di
occuparlo o di trarne altrimenti profitto

é

sufficiente per integrare il reato

previsto dall’ad 633 cod. pen. Si tratta sostanzialmente di un reato istantaneo
che, allorché l’occupazione si protragga nel tempo, assume la caratteristica di
reato permanente giacché la situazione realizzata (inerente alla violazione del
diritto altrui mediante l’abusivo insediamento nell’immobile altrui) permane fino
a quando l’agente abbandoni l’immobile, non già come semplice effetto di un
comportamento antigiuridico iniziale, ma come permanente violazione della
legge penale, nella sua manifestazione tipica, inscindibilmente legata alla
condotta dell’agente.
Come ha condivisibilmente motivato la Corte territoriale nella sentenza
impugnata, il fatto che la ricorrente abbia, in epoca successiva ai fatti ed in forza
di una legge regionale, regolarizzato il rapporto locatizio relativo all’immobile
abusivamente occupato non scrimina l’azione compiuta a fronte di una querela
presentata da Ente diverso rispetto al quale è intervenuta la regolarizzazione del
rapporto medesimo.
A ciò si deve aggiungere che questa Corte ha già avuto modo di precisare in casi
che possono essere assimilati a quello che in questa sede ci occupa, che
“l’occupazione “sine titulo” di un alloggio in proprietà dell’Istituto autonomo case
popolari integra il reato di invasione arbitraria di edifici anche nell’ipotesi in cui
l’occupante abbia presentato una regolare istanza di assegnazione dell’immobile
ed il relativo procedimento non sia stato ancora definito” (Cass. Sez. 2, sent. n.
12752 del 8/3/2011, dep. 9/3/2011, rv. 250050) e persino nel caso in cui
“l’occupante si sia autodenunciato onde ottenere la regolarizzazione della propria
posizione ed abbia corrisposto regolarmente il canone di locazione” (Cass. Sez.
2, sent. n. 37139 del 25/9/2007, dep. 9/10/2007, rv. 237357) ciò in quanto i
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Corte territoriale di ritenere la sussistenza dell’esimente dello stato di necessità

predetti alloggi sono destinati al perseguimento di finalità di interesse pubblico e
devono essere assegnati per legge solo agli aventi diritto, che vanno individuati
secondo i criteri prefissati dagli organismi pubblici e da questi verificati
attraverso idonee procedure, non derogabili neanche per provvedere a situazioni
di estremo bisogno di terzi non aventi diritto.

2. Quanto al secondo motivo di ricorso, anch’esso risulta infondato.
Il mero stato di indigenza della ricorrente desumibile dall’ammissione al

stessa (marito e due figli minori) in assenza di ulteriori concrete allegazioni volte
a provare la sussistenza di quelle condizioni di assoluta necessità della condotta
e di inevitabilità del pericolo non consentono di ritenere la sussistenza della
scriminante di cui all’art. 54 cod. pen.
Questa Corte ha, infatti, già avuto modo di precisare (con argomentazioni
condivise dall’odierno Collegio) che in tema di cause di giustificazione, la mera
indicazione di una situazione astrattamente riconducibile all’applicazione di
un’esimente, non accompagnata dall’allegazione di precisi elementi idonei ad
orientare l’accertamento del giudice, non può legittimare la pronuncia assolutoria
ex art. 530 cpv. cod. proc. pen. (Cass. Sez. 6^, sent. n. 28115 del 05/07/2012,
dep. 13/07/2012, Rv. 253036) e, ancora, che il dettato dell’art. 54 c.p., nella
parte in cui stabilisce che, per la configurabilità dello stato di necessità (la cui
prova spetta all’imputato che lo invoca), occorre che il pericolo sia “attuale”,
presuppone che, nel momento in cui l’agente agisce contra ius – al fine di evitare
“un danno grave alla persona” – il pericolo sia imminente e, quindi, individuato e
circoscritto nel tempo e nello spazio. L’attualità del pericolo, per argumentum a
contrario, esclude, in linea di massima, tutte quelle situazioni di pericolo non
contingenti caratterizzate da una sorta di cronicità essendo datate e destinate a
protrarsi nel tempo.
Infatti, ove, nelle suddette situazioni, si ritenesse la configurabilità dello stato di
necessità, si effettuerebbe una torsione interpretativa del dettato legislativo in
quanto si opererebbe una inammissibile sostituzione del requisito dell’attualità
del pericolo con quello della permanenza, alterando così il significato e la ratio
della norma che, essendo di natura eccezionale, necessariamente va interpretata
in senso stretto. Invero, il pericolo non sarebbe più attuale (rectius: imminente)
bensì permanente proprio perché l’esigenza abitativa – ove non sia transeunte e
derivante dalla stretta ed immediata necessità “di salvare sé od altri dal pericolo
attuale di un danno grave alla persona” – necessariamente è destinata a
prolungarsi nel tempo. Va, poi, osservato che, venendo in rilievo il diritto di
proprietà, un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 54 c.p., alla

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patrocinio a spese dello Stato e dalla composizione del nucleo familiare della

luce dell’art. 42 Cost., non può che pervenire ad una nozione che concili
l’attualità del pericolo con l’esigenza di tutela del diritto di proprietà del terzo che
non può essere compresso in permanenza perché, in caso contrario, si
verificherebbe, di fatto, un’ipotesi di esproprio senza indennizzo o, comunque,
un’alterazione della destinazione della proprietà al di fuori di ogni procedura
legale o convenzionale (Cass. Sez. 2^, sent. n. 19147 del 16/04/2013, dep.
03/05/2013, rv. 255412).
A ciò si aggiunge il fatto che se è ben vero, da un lato, che ai fini dell’esimente

formulazione dell’art. 54 cod. pen., rientrano talune situazioni che minacciano
solo indirettamente l’integrità fisica ovvero che attentano, in via ancor più
generale, alla complessa sfera dei beni attinenti alla personalità morale del
soggetto e tra questi beni si deve ricomprendere anche quello connesso
all’esigenza di un alloggio, che è uno dei bisogni primari della persona, in
conformità dei principi costituzionali che riguardano la persona umana ed i diritti
a questa inerenti, è altrettanto vero, dall’altro, che nel momento in cui si
giustifica tale interpretazione estensiva del danno grave alla persona come
riguardante tutti i diritti inviolabili della persona umana, nel contempo più
attenta, analitica e penetrante deve mostrarsi l’indagine giudiziaria diretta a
circoscrivere la sfera di azione della esimente ai soli casi in cui siano indiscutibili
gli altri elementi costitutivi della stessa, in particolare la necessità e
l’inevitabilità, tenuto conto delle complesse esigenze di tutela dei beni dei terzi,
che, coinvolti involontariamente dallo stato di necessità, non possono essere
compressi se non in condizioni eccezionali, chiaramente comprovate; in
sostanza, ai fini della configurabilità della esimente dello stato di necessità, di cui
all’art. 54 cod. pen., occorre che l’esigenza di evitare il danno grave alla persona
sia imperiosa e cogente, tanto da non lasciare altra scelta se non quella di ledere
il diritto altrui.
Non può al riguardo ritenersi sufficiente a provocare la ricorrenza della predetta
scriminante la situazione di una generica situazione di indigenza dell’imputata,
salvo che si voglia sostenere che il solo fatto di vertere in una situazione di
difficoltà economica (peraltro in questi tempi assai diffusa) sia condizione
legittimante la consumazione di un delitto che si risolve nel contemporaneo
danno di altrettante persone che chiedendo l’assegnazione di un alloggio
popolare o di edilizia convenzionata si trovano indubbiamente anch’esse in
situazioni di difficoltà (economica o perso
v>le). Se 1)1 fosse si farebbero
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prevalere 1.92,110,4:2;03,14lick. chis51.04.40,44 0,1 rispetto asi quelli che attendono in
condizioni di legittimità l’assegnazione di un alloggio di edilizia popolare o
convenzionata.
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dello stato di necessità, nel concetto di danno grave alla persona, secondo la

Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna della
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il giorno 17 giugno 2014

Il 1fidente

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