Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30866 del 09/05/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 30866 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BALSAMO COSIMO N. IL 11/04/1956
avverso l’ordinanza n. 2295/2013 CORTE APPELLO di VENEZIA, del
15/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI;

Uditi ensor Avv.;

Ia
le
• III

Data Udienza: 09/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 15 luglio 2013, la Corte d’Appello di Venezia ha
dichiarato inammissibile la richiesta di revisione avanzata da Balsamo Cosimo,
condannato con sentenza della Corte d’Appello di Brescia alla pena di anni sette
mesi quattro di reclusione e 6000,00 euro di multa per diversi reati, fra cui
quelli di associazione per delinquere, furto e ricettazione.
Il giudice di secondo grado ha premesso che la richiesta di revisione si fonda

come ricettazione, e che lo stesso fatto è stato qualificato, in un altro
procedimento a carico del concorrente Nolli James, come furto. La Corte ha
quindi osservato che Balsamo è stato posto in grado di difendersi dal fatto
ritenuto in sentenza e non sussiste violazione del principio di correlazione fra
accusa e sentenza, che la celebrazione un nuovo giudizio, previa acquisizione
della nota della Polizia Stradale del 20 settembre 2012 presente nel distinto
processo ed ignota a Balsamo, potrebbe portare, non al proscioglimento
dell’imputato, bensì alla condanna per un diverso fatto, di tal che si versa al di
fuori delle ipotesi nelle quali è ammessa la revisione.

2. Avverso il provvedimento ha presentato personalmente ricorso Balsamo
Cosimo, difeso di fiducia dall’Avv. Alfredo Gaito, chiedendone l’annullamento per
i seguenti motivi:
2.1. Inosservanza o erronea applicazione di norma processuale e vizio di
motivazione in relazione agli artt. 630 lett. a) e c), 631 e 521 commi 1 e 2 cod.
proc. pen.
Evidenzia il ricorrente che Nulli James, concorrente nello stesso fatto di cui
al capo 8), è stato giudicato in un separato procedimento responsabile per furto,
mentre Balsamo – nonostante abbia sempre sostenuto di avere personalmente
rubato i mezzi della imputazione – è stato condannato per ricettazione. Il
ricorrente si duole del fatto che la Corte d’Appello di Venezia abbia dichiarato
inammissibile la richiesta di revisione laddove, alla luce della documentazione
acquisita nel processo a carico di Nolli (la nota della G.d.F. del 20 settembre
2012), il fatto risulta “diverso” da quello per il quale Balsamo è stato
condannato, atteso che il furto e la ricettazione prevedono elementi costituivi
diversi, di tal che non si tratta della mera riqualificazione giuridica dello stesso
fatto. Ne discende che Balsamo non è stato posto in grado di difendersi e
sussiste violazione dei principi espressi dalla Corte EDU nella nota sentenza
Drassich. Il ricorrente evidenzia come, d’altra parte, il diverso esito dei giudizi

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sul rilievo che Balsamo è stato condannato per il reato sub capo 8), qualificato

nei confronti di Balsamo e Nolli integri una situazione di contrasto fra giudicati,
rilevante ai sensi dell’art.630 comma 1 lett. a) cod. proc. pen.
2.2. Mancanza assoluta di motivazione ed inosservanza degli artt. 111 Cost.
e 125 comma 3 cod. proc. pen.
Osserva l’impugnante che, dalla ingiusta condanna di Balsamo per il reato di
cui all’art. 648 cod. pen., è conseguita l’applicazione della confisca ex art. 12
sexies D.L. n. 306/1992, misura sanzionatoria non prevista in relazione al reato
di cui all’art. 624 cod. pen. Ne discende l’incostituzionalità dell’art. 631 cod. proc.

nella parte in cui non consente la revisione della sentenza allorchè, a seguito
della diversa qualificazione giuridica del fatto divenga inapplicabile una misura di
sicurezza patrimoniale. Il ricorrente pone l’accento sul fatto che, in un caso
analogo, l’art. 28 D.Lgs n. 159/2011 prevede la revoca della misura patrimoniale
di prevenzione e chiede pertanto che la questione sia innanzi alla Corte
Costituzionale con conseguente sospensione del presente procedimento di
revisione.

3. Il Procuratore Generale presso la Cassazione ha chiesto che il ricorso sia
rigettato atteso che, in primo luogo, non v’è stata alcuna violazione del principio
di correlazione fra accusa e sentenza; in secondo luogo, la revisione non è
ammessa ai fini della mera riqualificazione giuridica in una fattispecie seppure
“minore”; le misure di prevenzione e quella in esame sono diverse e che la
revocabilità delle prime è prevista in situazioni particolari, non equiparabili a
quella di specie, sicchè non sussiste violazione dell’art. 3 Cost.; non v’è stata
violazione degli artt. 24 e 27 Cost., essendo stato l’interessato posto in grado di
difendersi.

4. Nella memoria depositata in Cancelleria, l’Avv. Sepe quale difensore di
Balsamo Cosimo, in replica al parere espresso dal Procuratore Generale, ha
evidenziato, da un lato, come la sentenza pronunciata nei confronti dell’assistito
e quella pronunciata nei confronti di Nolli James siano irrimediabilmente in
contrasto tra loro, di tal che coesistono due realtà fenomeniche palesemente
inconciliabili; dall’altro lato, come la Corte di Cassazione, nella sentenza
n.3914/2011, abbia escluso la revocabilità della misura di prevenzione
patrimoniale in caso di contrasto fra giudicati sul presupposto che il quadro
probatorio posto a fondamento dei due pronunciamenti era il medesimo, mentre
nel caso di specie nel procedimento a carico di Nolli sono stati acquisiti elementi
investigativi ulteriori rispetto a quelli presenti nel fascicolo del giudizio abbreviato
celebrato in danno del Balsamo.

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pen., per violazione degli artt. 3, 24 commi 1, 2 e 4 e 27 commi 1 e 3 Cost.,

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.
1.1

In via 41141444, preliminare, va rilevato come il nostro sistema

processuale preveda la revisione delle sentenze di condanna divenute
irrevocabili (art. 629) allorchè si versi in uno degli specifici casi previsti dall’art.
630 cod. proc. pen., allorchè sussista inconciliabilità fra giudicati penali (lett. a),

pregiudiziale (lett. b), siano scoperte nuove prove (lett. c) o la condanna sia
determinata da falsità o da altro reato (lett. d). Per quanto più rileva nel caso di
specie, l’art. 631 cod. proc. pen. prevede che “gli elementi in base ai quali si
chiede la revisione devono, a pena d’inammissibilità della domanda, essere tali
da dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto a norma
degli articoli 529, 530 o 531”.
Dal chiaro disposto normativo si evince che la riapertura di un processo
penale ormai coperto da giudicato è subordinata alla possibilità che il nuovo
processo di revisione sia suscettibile di sfociare in uno degli esiti assolutori
previsti dal codice di rito, compresi quelli ispirati al canone di garanzia in dubio
pro reo (Cass. Sez. 5, n. 14255 del 22/01/2013, Valenti, Rv. 256600). Ne
discende che, pur sussistendo taluna delle condizioni previste nella rosa dell’art.
630 del codice di rito, la revisione deve ritenersi esclusa allorchè ci si muova
nella prospettiva di ottenere, non il pieno proscioglimento, ma soltanto una pena
più mite ovvero l’inquadramento del fatto in una fattispecie meno grave. È
dunque inammissibile la richiesta di revisione fondata sulla prospettazione di
elementi tali da dar luogo, se accertati, non al proscioglimento, ma al
riconoscimento di un trattamento sanzionatorio meno afflittivo, ovvero a una
dichiarazione di responsabilità per un diverso e meno grave reato (Cass. Sez. 6,
n. 12307 del 03/03/2008, Rv. 239328).

1.2. Fissate tali coordinate normative ed ermeneutiche, risulta di tutta
evidenza l’infondatezza del ricorso con riguardo a tutti i profili prospettati.
In primo luogo, occorre porre in risalto come, contrariamente a quanto
rilevato dal ricorrente,~~ costante sia la giurisprudenza di questa Corte in
tema di violazione del principio di correlazione fra fatto contestato e fatto
ritenuto in sentenza sancito dall’art. 521 cod. proc. pen. nei casi di
riqualificazione del fatto da furto a ricettazione e viceversa.
In particolare, questa Corte ha affermato che per “fatto contestato” deve
intendersi il complesso degli elementi portati a conoscenza dell’imputato, ai quali
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sia stata revocata una sentenza civile o amministrativa su di una questione

il giudice può, successivamente, dare la qualificazione giuridica più aderente alla
norma di diritto penale sostanziale, restando, in ogni caso, salva la possibilità di
difesa. Pertanto, detto principio di correlazione non è violato ove l’imputato di
furto sia condannato per ricettazione, in quanto il contenuto essenziale di questa
seconda imputazione deve ritenersi compreso nella più ampia previsione del
furto (Cass. Sez. 2, n. 3329 del 25/11/1983, Faretra, Rv. 163655; Sez. 2, n.
38889 del 16/09/2008, Depau, Rv. 241446).
In ossequio a tali consolidati principi, si deve pertanto concludere che

fra giudicati, ai sensi dell’art. 630 comma 1 lett. a), piuttosto che all’ipotesi di
prova sopravvenuta o nuova, ai sensi dell’art. 630 comma 1 lett. c) – potrebbe
tutt’al più sfociare in una, seppure più favorevole, riqualificazione dello stesso
fatto, ma non nel proscioglimento dell’imputato. Il che, alla stregua del chiaro
disposto dell’art. 631 e della lineare giurisprudenza rammentata nel paragrafo
1.1., rende la richiesta revisione inammissibile.

1.3. Infondato è anche il motivo con il quale il ricorrente lamenta la
violazione dei principi espressi dalla Corte Europea per i Diritti dell’Uomo, nella
sentenza 11 dicembre 2007, Drassich c. Italia.
Mette conto evidenziare che, nella ricordata pronuncia, la Corte europea ha
affermato che la garanzia del contraddittorio deve essere assicurata all’imputato
anche in ordine alla diversa definizione giuridica del fatto operata dal giudice ex
officio, in ossequio al disposto dell’art. 6 della Convenzione Europea per i Diritti
dell’Uomo e conformemente al principio statuito dall’art. 111, secondo comma
Cost., che investe non soltanto la formazione della prova, ma anche ogni
questione che attiene la valutazione giuridica del fatto commesso (Cass. Sez. 6,
n. 45807 del 12/11/2008, Drassich, Rv. 241754). Ne discende che l’imputato
deve essere informato della eventualità che il fatto contestatogli possa essere
diversamente definito e deve dunque essere posto in grado di interloquire sul
punto.
Tenuti ben fermi tali principi, giova evidenziare come, nella specie, non vi
sia stata alcuna riqualificazione rispetto alla contestazione originaria (appunto
quella di ricettazione), di tal che non v’è materia per invocare alcuna lesione
dell’art. 6 CEDU, degli artt. 24, 27 e 111 Cost. e dell’art. 521 cod. proc. pen., né
dei principi espressi nella ricordata pronuncia Drassich v. Italia.
In ogni caso, non può sfuggire come il tema del possibile inquadramento
giuridico del fatto nella fattispecie del furto piuttosto che in quella della
ricettazione sia stato ampiamente dibattuto nel processo, sia perché lo stesso
Balsamo si è sempre difeso sostenendo di avere rubato, e non ricettato i mezzi,
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l’eventuale revisione del processo – sia se riconducibile nell’ipotesi del contrasto

sia perché la difesa ha avanzato specifica richiesta di riqualificazione del fatto in
furto.
L’interessato era dunque perfettamente edotto della eventualità che il fatto
contestatogli potesse essere diversamente inquadrato – eventualità che, in ogni
caso, non si è tradotta in sentenza – ed è stato posto in grado di interloquire sul
punto, sicchè non v’è materia per alcuna violazione del diritto di difesa.

2. Palesemente infondato è anche il secondo motivo di ricorso.

cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede la possibilità di revocare la misura
di sicurezza patrimoniale, segnatamente la confisca disposta ai sensi dell’art. 12
sexies L. n. 356/1992 (prevista per il reato di ricettazione ex art. 648 cod. pen.
ma non in caso di furto), in caso di contrasto fra giudicati, analogamente a
quanto previsto dall’art. 28 D.Lgs n. 159/2011 in tema di misure di prevenzione.
A tale riguardo, deve essere rilevato, per un verso, come la misura di
sicurezza patrimoniale prevista dall’art. 12 sexies L. n. 356/1992 consegue de
iure dalla condanna per i reati presupposto ivi contemplati, fra cui quello in
oggetto di cui all’art. 648 cod. pen. (allorchè ovviamente ricorrano gli specifici
presupposti previsti dalla norma).
In linea con il più recente ila~frn -terpretativo di- questa Corte in tema di
misure di sicurezza patrimoniali “obbligatorie”, la confisca prevista dall’art. 12
sexies L. n. 356/1992 rientra a tutti gli effetti nel corredo

latu sensu

sanzionatorio dei reati presupposto, quindi anche del reato di ricettazione,
analogamente alle pene, detentiva e pecuniaria, previste dall’art. 648 cod. pen.
La confisca “partecipa” dunque della natura sanzionatoria delle altre pene
previste per il reato da cui essa scaturisce quale conseguenza patrimoniale
obbligatoria. Se ne inferisce che il tema della ammissibilità della revisione della
confisca obbligatoria disposta con la sentenza passata in giudicato va trattato
alla stessa stregua di quello della revisione della condanna alla pena detentiva e
pecuniaria irrogata con la sentenza cosa giudicata, di tal che valgono le
medesime considerazioni sopra svolte quanto alla necessità che la revisione
muova nella prospettiva di ottenere il proscioglimento dell’imputato e non un
trattamento sanzionatorio più mite, tale essendo quello previsto per il furto che,
oltre a comminare pene con limiti edittali inferiori, non prevede quale ulteriore
conseguenza sanzionatoria de iure la confisca in oggetto.

2.2. Infondata è anche la dedotta violazione del principio di eguaglianza e di
ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. sul presupposto che il legislatore avrebbe

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2.1. Il ricorrente deduce l’incostituzionalità della previsione di cui all’art. 631

previsto la revocabilità delle misure di prevenzione nell’art. 28 D.Lgs n.
159/2011 (Codice Antimafia) ed, irragionevolmente, non nel caso in esame.
Ed invero, le misure di prevenzione patrimoniali sono completamente diverse
per rado e presupposti rispetto alle misure di sicurezza patrimoniali, essendo a
queste accumulabili solo per il fatto di tradursi in una ablazione. Non può
pertanto fondatamente affermarsi che il legislatore abbia previsto un trattamento
difforme e deteriore per situazioni eguali.

delle spese processuali.

P.Q.M.

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma il 9 maggio 2014

Il consigliere estensore

3. Dal rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento

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