Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30852 del 18/06/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 30852 Anno 2014
Presidente: MILO NICOLA
Relatore: CAPOZZI ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZENDRI SAVERIO N. IL 19/05/1950
avverso la sentenza n. 342/2011 CORTE APPELLO di TRENTO, del
03/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPOZZI
Udito il Procuratore Generale in msona del Dott. n .er . To4skitor1
che ha concluso per 9 (,)
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 18/06/2014

Considerato in fatto e ritenuto in diritto

1. Con sentenza del 3.10.2012 la Corte di appello di Trento, a seguito di
gravame interposto dall’imputato ZENDRI Saverio avverso la sentenza
emessa il 21.4.2011 dal G.U.P. del Tribunale di Rovereto, ha confermato
detta sentenza con la quale il predetto imputato è stato riconosciuto

Stefania, falsamente accusati del reato di cui all’art. 377 c.p., sapendoli
innocenti e condannato a pena di giustizia, oltre le statuizioni civili.
2. Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione l’imputato a mezzo
del difensore deducendo:
2.1.violazione e falsa applicazione degli artt. 368 e 377 c.p. non essendosi
considerato che i due marocchini ai quali – secondo la querela sporta dal
ricorrente – le parti offese avevano dato o promesso denaro, non
avevano ancora assunto formalmente la qualifica di «persona
chiamata a rendere dichiarazioni davanti all’Autorità giudiziaria» al
momento in cui era stata posta in essere la condotta di induzione a
rendere falsa testimonianza, cosicchè insussistente era il delitto oggetto
della ipotizzata falsa incolpazione.
2.2. mancanza della motivazione in ordine alla deduzione in appello relativa
al giudizio di attendibilità delle dichiarazioni dei due marocchini fondata
sul timore di questi di essere coinvolti nella vicenda e per evitare la loro
incriminazione;
2.3. illogicità della motivazione laddove è stata affermata la responsabilità
del ricorrente: a) dal fatto che i due marocchini hanno negato quanto
affermato dal ricorrente nella querela, non essendo ragionevole
attribuire valore di prova alle dichiarazioni di persone che avevano tutto
l’interesse a non essere coinvolte nella vicenda; b) nella parte in cui si fa
discendere la falsità dell’accusa da precedenti e presunti comportamenti
tenuti dal ricorrente nei confronti delle parti offese e dalle reciproche
querele, fatti del tutto irrilevanti ai fini di prova; c) nella parte in cui fa
leva sulla irrilevante circostanza del lasso temporale tra i fatti e la
denuncia da parte del ricorrente e l’omesso riferimento ai rapporti suoi e
di suo fratello con i due marocchini.
3.

Il ricorso è fondato.

4.

Incombe alla Corte la qualificazione giuridica dei fatti e, in particolare, di
quello oggetto della falsa incolpazione.
1

colpevole dei reato di calunnia ai danni di FOX Luciano e MOSNA

5. Ai fini della configurabilità del reato di calunnia è necessario che il fatto
oggetto della falsa incolpazione risulti ben individuato tanto in ordine
alla sua rilevanza penale quanto in ordine all’innocenza dell’incolpato
(Cass. Sez. 6, n. 6092 del 27/04/1983, Cacciato, Rv. 159670); cosicchè
non integra il delitto di calunnia l’esposizione di circostanze di fatto
inidonee ad indicare taluno come colpevole di fatti costituenti reato,

anche quando il soggetto attivo,

sulla base dei

dati prospettati

reato, sia pure in forma dubitativa e generica ( Cass. Sez. 6, n. 37795
del 10/06/2010, Lelli, Rv. 248512).
6.

Il delitto di subornazione (art. 377 cod. pen.), oggetto nella specie della
falsa incolpazione, mira a tutelare la genuinità processuale di quanti
sono chiamati a riferire sui fatti di causa davanti all’Autorità giudiziaria,
posizione che potrebbe venire inevitabilmente ed indebitamente
condizionata e compromessa da pressioni esterne, rappresentate
dall’offerta o anche dalla sola promessa di qualsivoglia utilità, anche non
patrimonialmente apprezzabile, per indurre il soggetto subornato a
commettere i reati di falsa testimonianza (art. 372 cod. pen.) e (dopo la
novella del 7.8.1992 n. 356) di false informazioni al P.M. (art. 371 bis
cod. pen.), oltre che di falsa perizia o interpretazione (art. 373 cod.
pen.). Trattasi di reato di pericolo, il cui evento, di natura formale, si
verifica con la semplice offerta o promessa, finalizzata alla falsità
giudiziale e, per la sua configurabilità, richiede che il soggetto subornato
abbia assunto la qualità di “persona chiamata a rendere dichiarazioni
davanti all’autorità giudiziaria” (secondo la più vasta accezione del
termine, come introdotto dalla novella 356/92, rispetto all’originaria,
precedente qualifica di “testimone”) (Cass. Sez. 6, n. 2713 del
11/12/1996 ,Samperi, Rv. 207166) che nella fase del giudizio si assume
nel momento dell’autorizzazione del giudice alla citazione della stessa in
qualità di testimone, ai sensi dell’art. 468, comma 2, cod. proc. pen.
(Sez. U, n. 37503 del 30/10/2002, P.G.in proc.Vanone, Rv. 222347).

7.

Nella specie l’accusa mossa dal ricorrente ed in ipotesi falsa ha
riguardato due soggetti che mai risultano aver rivestito la necessaria
qualità di testimone e che tali non sono stati neanche indicati dal
ricorrente. La prospettazione di fatto nella denuncia e nelle successive
dichiarazioni alla p.g. – come si desume sin dalla imputazione elevata e
non essendovi alcuna diversa indicazione in sentenza – si è limitata a
correlare le dazioni di denaro a precedenti denunzie sporte dal ricorrente

2

all’autorità giudiziaria, manifesti l’erronea convinzione di denunciare un

nei confronti delle parti offese, in relazione alle quali lo stesso ricorrente
ha detto di non conoscere neanche i relativi procedimenti.
8.

Cosicchè la generica prospettazione che i due marocchini fossero stati
pagati per eventuali e future testimonianze a sfavore del ricorrente, non
integra l’incolpazione del delitto di cui all’art. 377 c.p. né sotto il profilo
oggettivo, né quello soggettivo.
Il decisivo rilievo assorbe ogni altra questione sollevata comportando
l’annullamento senza rinvio della sentenza perché il fatto non sussiste.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, 18.6.2014

9.

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