Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30848 del 09/05/2014


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 30848 Anno 2014
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: BASSI ALESSANDRA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PORRECA ALBERTO N. IL 19/10/1977
avverso la sentenza n. 3994/2012 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
04/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ALESSANDRA BASSI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit2difensoitAvv.

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Data Udienza: 09/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 4 febbraio 2013, la Corte d’Appello di Napoli ha
confermato la sentenza del 10 marzo 2011, con la quale il giudice monocratico
del Tribunale di Napoli dichiarava Porreca Alberto e Pappalardo Veronica
colpevoli del reato di cui agli artt. 110 e 336 cod. pen., per avere usato minaccia
in danno degli operanti della Polfer per far loro omettere un controllo per
l’identificazione, commesso il 26 novembre 2007.

decreto di citazione è infondata atteso che, come si evince dagli atti processuali,
sia l’avviso ex art. 415 bis cod. proc. pen. sia il successivo decreto di citazione
sono stati notificati ai sensi dell’art. 161 comma 4 stesso codice presso lo studio
del difensore non per irreperibilità degli imputati, bensì per rifiuto manifestato da
entrambi di dichiarare un eleggere il domicilio. Nel merito, la Corte ha ritenuto
condivisibili le conclusioni del giudice di prime cure sulla base dei plurimi ed
univoci elementi di prova raccolti durante il dibattimento, avendo i due imputati
rivolto frasi effettivamente minacciose in danno degli agenti in divisa, ed ha
stimato corretta la negatoria delle circostanze attenuanti generiche in ragione
della condotta degli imputati e dei numerosi precedenti penali per reati contro la
persona di Porreca.

2.

Avverso il provvedimento ha presentato ricorso l’Avv. Domenico

Iacovone, difensore di fiducia di Porreca Alberto chiedendone l’annullamento per
i seguenti motivi:
2.1. Mancanza, contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione

nonché erronea applicazione della legge penale, in relazione all’art. 336 cod.
pen., avendo la Corte d’appello confermato la motivazione della sentenza di
primo grado fondata sul travisamento di emergenze fattuali, dovendo le offese
certamente profferite dall’assistito inquadrarsi nella più pertinente ipotesi
delittuosa di ingiurie e di minacce.
2.2.

Inosservanza o erronea applicazione di legge penale e vizio di

motivazione in relazione all’art. 160 cod. proc. pen., nella parte in cui la Corte ha
ritenuto non meritevole di accoglimento l’eccezione relativa alla perdita di
efficacia del decreto di irreperibilità emesso nel corso delle indagini preliminari ed
utilizzato anche nella fase della notifica della citazione in giudizio.
2.3. Inosservanza o erronea applicazione di legge processuale per nullità

della notifica dell’estratto contumaciale della sentenza d’appello dipendente da
erronea interpretazione della legge penale, in particolare dell’art. 157 comma 8
bis del codice di rito, norma che presuppone la nomina del difensore di fiducia.

2

La Corte territoriale ha preliminarmente rilevato che l’eccezione di nullità del

3. In udienza, il Procuratore Generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato
inammissibile, mentre l’Avv. Domenico Iacovone ha insistito per l’accoglimento
del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Con riguardo al primo motivo di doglianza, deve essere rilevato come le
censure – ruotanti intorno alla dedotta insussistenza dei presupposti del reato di
cui all’art. 336 cod. pen. – si connotino per la prospettazione di una ricostruzione
alternativa dei fatti emergenti dall’istruttoria dibattimentale. Il che, secondo il
costante orientamento di questa Corte, rende inammissibile il ricorso per
cassazione, in quanto fondato su argomentazioni che si pongono in confronto
diretto con il materiale probatorio, e non, invece, sulla denuncia di uno dei vizi
logici tassativamente previsti dall’art. 606, comma primo, lett. E), cod. proc.
pen., riguardanti la motivazione del giudice di merito in ordine alla ricostruzione
del fatto (Cass. Sez. 6, n. 43963 del 30/09/2013, P.C., Basile e altri, Rv.
258153). Esula, infatti, dai poteri della Corte di legittimità quello di una rilettura
degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è
riservata, in via esclusiva, al giudice di merito, senza che possa integrare un
vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa – e per il ricorrente più
adeguata – valutazione delle risultanze processuali (ex plurimis Cass. Sez. 6, n.
25255 del 14/02/2012, Rv. 253099; Sez. 2, n. 23419 del 23/05/2007, Rv.
236893).
D’altronde, dalla puntuale ricostruzione dei fatti compiuta dai giudici di
merito di primo e secondo grado sulla base delle dichiarazioni rese dagli operanti
di P.G., si evince che Porreca pose in essere le azioni ingiuriose e soprattutto le
minacce prima che fosse compiuto l’atto d’ufficio, segnatamente l’identificazione.
Il comportamento di aggressione all’incolumità fisica e psichica dei pubblici
ufficiali posto in essere dal ricorrente non costituisce dunque espressione di mera
volgarità ingiuriosa o di un atteggiamento genericamente minaccioso avulso da
alcuna finalizzazione ad incidere sull’attività dell’ufficio o del servizio, ma è stato
orientato e diretto a costringere questi ultimi a porre in essere un atto contrario
ai propri doveri o ad omettere un atto dell’ufficio, il che consente di ritenere
correttamente configurato il delitto di cui all’art. 336 cod. pen.

3

1. Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.

2. Quanto al secondo motivo di doglianza,

il Collegio non può non

richiamare la giurisprudenza espressa da questa Corte anche a Sezioni Unite,
secondo cui il decreto di irreperibilità emesso dal P.M. ai fini della notifica
dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari è efficace anche ai fini della
notifica del decreto di citazione a giudizio, salvo che il P.M. effettui ulteriori
indagini dopo la notifica di detto avviso (Cass. Sez. U, n. 24527 del 24/05/2012,
Napolitano, Rv. 252692). Ulteriori indagini che nella specie non risultano essere
state espletate, di tal che la notifica del decreto di citazione in giudizio deve

3. Quanto al terzo motivo di ricorso, deve essere rilevato che, come si
evince dalla consultazione degli atti del fascicolo, la notifica dell’estratto
contumaciale è stata effettuata a seguito di accurate ricerche e, dopo due
tentativi di notifica presso il domicilio del ricorrente, a mani proprie presso la
Comunità terapeutica ove l’imputato era ospitato.
Non v’è dunque materia per ritenere sussistente nella specie alcuna nullità
della notifica dell’estratto contumaciale, avendo l’interessato avuto piena
conoscenza dell’atto.

4. Dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al pagamento della somma a
favore della Cassa della Ammende, che si ritiene congruo fissare nella misura di
1000 euro.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1000 in favore della Cassa delle
Ammende.

Così deciso in Roma il 9 maggio 2014

Il consigliere estensore

ente

ritenersi ritualmente compiuta.

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