Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30833 del 01/07/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30833 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VADACCA ANTONIO N. IL 23/12/1972
avverso la sentenza n. 6488/2013 GIP TRIBUNALE di LECCE, del
04/12/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO;

Data Udienza: 01/07/2014

Letta la requisitoria del PG che ha chiesto annullamento senza rinvio.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe, il GUP presso il tribunale di Lecce ha applicato, ai sensi
dell’articolo 444 cpp, a Vadacca Antonio la pena concordata di anni uno mesi quattro di
reclusione ed euro 450 di multa con riferimento al delitto di cui agli articoli 624 bis e 625 n. 2
cp.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La prima censura è inammissibile. Secondo la giurisprudenza di questa corte, non
sussiste nullità per mancanza dei requisiti della richiesta di rinvio a giudizio, laddove nullità
sussiste per carenza e genericità dell’enunciazione del fatto nel decreto di citazione a giudizio.
Si tratta tuttavia di nullità relativa (ASN 201020739-RV 247590), che non è deducibile per la
prima volta in sede di ricorso per cassazione. Peraltro, è di tutta evidenza che, avendo
l’imputato, tramite il suo procuratore speciale, formulato richiesta di applicazione di pena ai
sensi dell’articolo 444 del codice di rito, lo stesso ha accettato il capo d’imputazione così come
formulato e, a maggior ragione, ha rinunciato a proporre l’eccezione che avrebbe reso evidente
l’eventuale nullità relativa.
2. Quanto alla discrasia tra la pena (pecuniaria) indicata in motivazione e quella
riportata in dispositivo, si tratta, evidentemente, di un mero errore materiale, cui si può e si
deve rimediare con la procedura di cui all’art. 130 cpp. Al proposito, si deve osservare che è
certamente vero (es., ASN 201122736-RV 250400) che il contrasto tra dispositivo e
motivazione non determina nullità della sentenza, ma si risolve con la logica prevalenza
dell’elemento decisionale su quello giustificativo. E tuttavia si è chiarito che, nell’ipotesi in cui
la discrasia tra dispositivo e motivazione della sentenza dipenda da un errore materiale relativo
all’indicazione della pena nel dispositivo, e dall’esame della motivazione sia chiaramente
ricostruibile il procedimento seguito dal giudice per determinare la pena, la motivazione
prevale sul dispositivo, con la conseguente possibilità di rettifica dell’errore (ASN 201108916RV 249654 + ASN 200738629-RV 237828 + ASN 200407643-RV 230841). Tale è il caso di
specie, alla luce di quanto si legge nella parte motiva della sentenza e nel verbale di udienza.
2.1. Avrebbe dunque dovuto essere attivata la procedura ex art. 130 del codice di rito,
ma, in mancanza di un ammissibile motivo di ricorso (cfr. sub 1), la richiesta avrebbe dovuto
essere formulata al giudice a quo e non a questa corte di legittimità.
3. Consegue la inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente alle spese del
grado e al versamento di somma (che si stima equo determinare in euro 500) alla cassa
ammende.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e al versamento della somma di 500 euro alla cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, camera di consiglio, in data 1 luglio 2014.-

2. Con il ricorso si deduce violazione di legge per essere stata contestata l’aggravante
del mezzo fraudolento in modo generico, nonché vizio di motivazione in relazione al calcolo
della pena, in quanto, a fronte di un accordo che prevedeva la pena pecuniaria di euro 300, il
giudice ha applicato la pena, come premesso, di euro 450.

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