Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30828 del 29/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30828 Anno 2014
Presidente: LOMBARDI ALFREDO MARIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VALENTI GIUSEPPE N. IL 05/08/1987
avverso l’ordinanza n. 4/2014 TRIB. LIBERTA’ di CALTANISSETTA,
del 30/01/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO
SETTEMBRE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 29/05/2014

- Udito il Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, dr.
Giovanni D’Angelo, che ha concluso per il rigetto il ricorso.
– Udito, per il ricorrente, l’avv. Giuseppe Fiorenza, che si è riportato al ricorso e
ne ha chiesto l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza del 30/1/2014 il Tribunale del riesame di Caltanissetta ha

Gela, che aveva negato a Valenti Giuseppe l’autorizzazione a lasciare il luogo
degli arresti domiciliari per svolgere attività lavorativa.
Rileva il Tribunale che l’accoglimento della richiesta, per come formulata,
vanificherebbe le ragioni a base della cautela, perché non consentirebbe
l’espletamento di un efficace controllo (il prevenuto ha chiesto di essere
autorizzato a recarsi, per lavoro, in due luoghi diversi di Gela).

2. Ricorre per Cassazione Valenti Giuseppe, a mezzo del difensore, per violazione
di legge e vizio di motivazione.
Lamenta, in primo luogo, la violazione del principio devolutivo, in quanto
l’appello era stato proposto per contestare la decisione del Giudice delle indagini
preliminari, che aveva rigettato l’istanza per mancanza di prova dello stato di
indigenza. Il giudice d’appello, pertanto, non poteva confermare il
provvedimento di rigetto per una diversa ragione (l’impossibilità di esercitare un
efficace controllo).
Si duole, inoltre, dell’assenza di motivazione in ordine alla ritenuta
preminenza delle esigenze cautelari su quella di assicurare il mantenimento
proprio e della moglie in stato di gravidanza e della motivazione, apparente, con
cui è stata spiegata l’impossibilità di controllare i movimenti del prevenuto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è fondato limitatamente al secondo punto di doglianza.
1. Non è condivisibile, innanzitutto, la lamentala relativa alla violazione del
principio devolutivo. Pur non essendo in discussione, nell’appello cautelare, il
principio tantum devolutum quantum appellatum, con la conseguenza che i
motivi posti dalla parte a sostegno dell’impugnazione determinano l’oggetto del
giudizio, circoscrivendo la cognizione del Tribunale della libertà ai punti della
decisione che hanno formato oggetto di censura, va tuttavia precisato che il
suddetto principio ha, nel procedimento ex art. 310 cod. proc. pen., un rilievo
assai minore rispetto a quello che gli viene riconosciuto in sede di impugnazione
2

confermato la decisione del Giudice delle indagini preliminari del Tribunale di

avverso decisioni sul merito dell’accusa, giacché, essendo le decisione in materia
de libertate emessa rebus sic stantibus ed essendo funzionale alla tutela degli
specifici interessi tutelati dall’art. 274 cod. proc. pen., la cognizione del giudice
d’appello – che sia investito dall’impugnazione dell’indagato o del Pubblico
Ministero – deve, per assolvere alla sua funzione, esplicarsi con la completezza
richiesta dalla natura della decisione invocata, e quindi riguardare tutti gli
elementi richiesti per l’applicazione, il mantenimento o la sostituzione della
misura (è stato ripetutamente affermato, in applicazione di tale principio, che nel

rigettato la richiesta di emissione di provvedimento coercitivo per carenza di
esigenze cautelari, il tribunale, investito dell’appello proposto dal p.m., deve – al
fine di disporre la richiesta misura in accoglimento del gravame – motivare
adeguatamente, non solo in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari oggetto della impugnazione del p.m. -, ma anche in ordine alla già ritenuta
configurabilità dei gravi indizi: Cass., 11872 del 31/1/2002; N. 27792 del
9/4/2006. In un caso in cui era stata appellato – dal PM – il diniego di
applicazione di misura cautelare personale, questa Corte ha ritenuto che l’effetto
devolutivo non implica che il tribunale della libertà possa decidere o nel senso
dell’applicazione del provvedimento richiesto o di diniego dello stesso, potendosi
procedere all’adozione di altre misure coercitive meno gravi di quella richiesta:
C., Sez. VI, 2.2.1996, Bulfaro, Rv 204258).
In ogni caso va considerato, con riferimento al principio devolutivo dell’appello
(ordinario o cautelare), che la cognizione del giudice è limitata ai punti della
sentenza impugnata ma non all’ambito dei motivi dedotti, in particolare quando i
punti investiti dal gravame si trovino in rapporto di pregiudizialità, dipendenza,
inscindibilità o connessione con altri non oggetto di gravame, così da rendere
necessaria, per il giudice del gravame, una completa “cognitio causae”
nell’ambito del “devolutum” (Cass., n. 2559 del 26/6/1995). Nella specie, il
“punto” impugnato era relativo alla sussistenza delle condizioni per la
concessione dell’autorizzazione al lavoro. In quest’ambito il giudizio d’appello
doveva svolgersi con la massima latitudine, dovendo investire tutti gli aspetti
rilevanti per la decisione, senza rimanere legato alla motivazione spesa dal
giudice del provvedimento impugnato, e quindi, valutare – come è stato
correttamente fatto – sia lo stato indigenza, invocato dal prevenuto, sia le
ulteriori condizioni necessarie per l’emissione del provvedimento richiesto, tra
cui, senza dubbio, la praticabilità dei controlli necessari ad assicurare il rispetto
delle prescrizioni imposte, nonché la tutela delle residue esigenze cautelari.

2. E’ carente, invece, oltre che incongrua, la motivazione con cui è stata negata
la possibilità di controllare i movimenti del prevenuto, ove autorizzato al lavoro.

3

caso in cui il g.i.p. abbia, pur ritenendo sussistendo gravi indizi di colpevolezza,

Tale impossibilità deriverebbe, a giudizio del Tribunale, dal fatto che la ditta
Licata Carmelo – con cui il Valenti dovrebbe lavorare – ha in corso due cantieri,
siti nel comune di Gela; il che consentirebbe al prevenuto di spostarsi
liberamente tra un cantiere e l’altro, vanificando le ragioni poste a base della
cautela. Tale ragionamento non tiene conto, però, del fatto che l’autorizzazione
può essere limitata ad uno dei due cantieri, modulata nel tempo o sottoposta a
condizioni: il che consentirebbe di soddisfare le esigenze di lavoro del prevenuto
con quelle di tutela sociale sottostanti alla cautela.

nuovo esame.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale di Caltanissetta per nuovo
esame.
Così deciso il 29/5/2014

L’ordinanza va pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Caltanissetta per

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