Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30822 del 01/07/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30822 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: FUMO MAURIZIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SANTOLINI FRANCESCA N. IL 05/05/1976
MORANDI GIOVANNI N. IL 23/06/1950
LA POLIGRAFICI EDITORIALE S.P.A.
avverso la sentenza n. 6741/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
11/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 01/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MAURIZIO FUMO
che ha concluso per

Udito, per la part civile, l’Avv

Data Udienza: 01/07/2014

udito il PG in persona del sost.proc.gen.dott. E. Selvaggi, che ha chiesto il rigetto del ricorso,
uditi il difensore della PC, avv. A. Biffi che ha chiesto dichiararsi inammissibile, ovvero
rigettarsi il ricorso e ha depositato conclusioni scritte e nota spese,
udito il difensore degli imputati, avv. A. Biffani, che ha illustrato il ricorso e ne ha chiesto
raccoglimento

1. Con la sentenza di cui in epigrafe, la corte di appello di Milano ha confermato la
pronuncia di primo grado con la quale Santolini Francesca e Morandi Giovanni furono
condannati a pena di giustizia oltre al risarcimento danni in favore della costituita parte civile,
Fregoni Luigi, in quanto riconosciuti colpevoli, la prima, del delitto di diffamazione continuata a
mezzo stampa, il secondo del delitto di cui all’articolo 57 cp, in relazione a due articoli apparsi
nei giorni 2 e 3 marzo 2007 sul quotidiano IL GIORNO, aventi quale titolo rispettivamente:
“Appalti regolari o truccati? La Guardia di Finanza setaccia il Comune” e “Appalti edilizi
sospetti. La Guardia di Finanza batte tutte le piste”.
2. Ricorre per cassazione il comune difensore degli imputati e deduce sei censure.
a) violazione della legge penale -in particolare dell’articolo 595 cp e dell’articolo 13 della legge
numero 47 del 1948- nonché mancanza di motivazione, atteso che la corte d’appello ha
affermato di condividere il dictum del primo giudice, riservandosi ulteriori precisazioni,
precisazioni che solo apparentemente risultano sviluppate. La motivazione sul punto dunque è
inesistente, così come inesistente è la risposta alle precise deduzioni contenute nell’atto
d’appello. In realtà, la sentenza di secondo grado non fa che riportarsi, sic et simpliciter, alla
motivazione esibita dal primo giudice, dando per scontati gli aspetti diffamatori degli articoli in
questione e limitandosi a dire che gli stessi sono stati ampiamente affrontati dal tribunale. Con
particolare riferimento all’articolo del 2 marzo 2007, la sentenza impugnata arbitrariamente
afferma che l’uso di formula dubitativa non scagiona il giornalista e in particolare si sofferma
sull’uso dell’espressione “forse”, che, a suo dire, non sarebbe atta ad evitare che nel lettore si
formi la rappresentazione della responsabilità del Fregoni per i fatti illustrati dal giornale. Tale
assunto contrasta con consolidata giurisprudenza di legittimità e costituisce un’affermazione
che appare affetta da evidente tautologia e, quindi, di nessuna efficacia dimostrativa. Con i
motivi di appello, si era fatto rilevare che la Santolini non ha mai affermato che il Fregoni sia
stato inquisito o iscritto nel registro degli indagati, ma ha semplicemente dato atto del fatto
che lo stesso era stato interrogato e che la sua posizione era al vaglio; sono stati comunque
utilizzati toni dai quali non può essere desunta l’assoluta certezza o l’insuperabile
convincimento della giornalista circa il coinvolgimento della parte civile nella vicenda degli
appalti pilotati, dei quali aveva doverosamente dato notizia IL GIORNO. Parimenti, per quel che
riguarda l’articolo del 3 marzo 2007, il semplice riferimento al numero dei professionisti
oggetto di accertamenti non si vede come possa coinvolgere anche specificamente il Fregoni,
atteso che il suo nome non viene ripetuto e che lo stesso non è individuabile in nessuna
maniera. Ancora una volta, la corte territoriale non si confronta con le censure difensive e
procede come se l’appello non fosse mai stato interposto. Si legge infatti nell’articolo che
nessun avviso di garanzia ha raggiunto i componenti della amministrazione comunale e che le
persone chiamate a rispondere su determinati atti non sono state indagate, ma sono state
sentite. Va poi rilevato che l’articolo del giorno 3, di per sé considerato, non contiene alcuna
frase che -neanche allusivamente- possa essere ritenuta offensiva; di talché sorge il dubbio
che la pubblicazione del predetto articolo sia stata ritenuta diffamatoria “per osmosi”.
b) ancora mancanza di motivazione in relazione alla dedotta insussistenza della responsabilità
del direttore per il reato di omesso controllo, atteso che ciò aveva costituito oggetto di
specifico motivo di appello. È noto che la responsabilità per omesso controllo da parte del
direttore del giornale sorge solo in relazione ad affermazioni palesemente offensive dell’altrui
reputazione, non potendo ritenersi ragionevole che il direttore sia gravato da un obbligo di
controllo di ciascuna affermazione, anche non riconoscibilimete offensiva, obbligo che, al più,
ricade sul singolo giornalista. A tali censure difensive la corte territoriale non ha dato risposta
alcuna.

RITENUTO IN FATTO

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3. È stata depositata memoria in data 25 giugno 2014 nell’interesse degli imputati.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La memoria di cui al punto sub 3 sopra riportato è tardiva, atteso che, non
trattandosi di replica, essa è stata depositata sei giorni prima dell’odierna udienza.
2. Il capo di imputazione riporta alla lettera alcuni passaggi degli articoli sopra indicati e
precisamente: “ma, se non ci sono certezze circa le commesse incriminate, sono ormai noti i

c) violazione di legge in relazione agli articoli 62 bis e 69 cp, nonché mancanza e illogicità della
motivazione, atteso che, in merito, la corte d’appello ha fornito una risposta del tutto sganciata
dai motivi di gravame, riducendosi ad affermare che, poiché gli imputati sono stati condannati
alla sola pena pecuniaria, evidentemente il giudice di primo grado aveva tenuto presente i
criteri di cui all’articolo 133 cp. Ben altro era stato il contenuto, in merito, dell’atto d’appello,
con il quale ci si doleva del mancato riconoscimento di prevalenza delle attenuanti generiche,
in considerazione della levità del danno e dell’atteggiamento psicologico della giornalista.
d) mancanza della motivazione in relazione alla dedotta illegittima valutazione della circostanza
contestata ai sensi dell’articolo 13 della legge sulla stampa al direttore responsabile, atteso
che, come è stato recentemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, detta aggravante
attiene alla condotta del giornalista e non si estende evidentemente quella del direttore. In
merito, la sentenza di secondo grado non prendere alcuna posizione.
e) inosservanza di legge penale processuale, in particolare dell’articolo 538 cpp, atteso che,
benché il danno morale debba essere liquidato in via equitativa, non è consentito ricorrere a
mere formule di stile, specie quando la quantificazione del danno sia stata, come nel caso in
esame, effettuata con riferimento ad una somma ragguardevole. Trattandosi di esercizio di
azione civile, benché incardinata nel processo penale, non vi è ragione per cui non debbano
trovare applicazione i principi civilistici in materia di risarcimento del danno e in particolare il
contenuto dell’articolo 1226 cc. Con riferimento all’articolata censura sviluppata in merito, la
corte milanese non fornisce assolutamente adeguata risposta, arroccandosi dietro una formula,
adattabile a qualsiasi circostanza. Il danno effettivamente subito dal Fregoni deve, viceversa,
ritenersi assai limitato, se è vero com’è vero che, immediatamente, le amministrazioni dalle
quali dipendeva ebbero a produrre attestati di stima nei suoi confronti. In merito, la
motivazione offerta dalla corte territoriale si risolve in uno stilema e in un totale travisamento
del contenuto della sentenza di primo grado. Il tribunale infatti aveva ritenuto la diffusione
locale del giornale quale elemento idoneo a limitare l’entità del danno; la corte d’appello ha
ritenuto lo stesso dato fattuale in senso esattamente opposto.
f) mancanza di motivazione in ordine ai criteri di determinazione del quantum liquidato a titolo
di riparazione pecuniaria ai sensi dell’articolo 12 legge sulla stampa, atteso che, anche con
riferimento a tale doglianza, l’impugnata sentenza omette qualsiasi valutazione e quindi
motivazione.

professionisti sentiti dai Finanzieri: per ben due volte è stato chiamato a colloquio l’ex dirigente
dell’ufficio tecnico, l’architetto Luigi Fregoni. Forse proprio a queste indagini è da ricondurre la
sospensione del suo incarico e il suo trasferimento in un altro Comune della provincia
milanese” ed inoltre: “nuovi colloqui presso la sede milanese della Guardia di Finanza: questa
volta, a rispondere alle domande degli inquirenti, è stato chiamato il segretario generale del
Comune….. ammonta quindi a quota sei il numero dei professionisti che rientrano in questa
prima parte della indagine aperta dalle Fiamme Gialle per fare chiarezza circa le presunte
irregolarità nell’assegnazione di appalti e incarichi. Atti forzati e presunte mazzette che
avrebbero fatto scomodare nelle indagini i vertici più alti del corpo militare della Guardia di
Finanza. Partiti dai dipendenti, poi passati ai funzionari: la scalata verso i ruoli di responsabilità
è ormai iniziata e, dopo avere sentito la base della piramide, gli inquirenti stanno risalendo la
china fino ad arrivare ai vertici”.
2.1. Orbene, è nota (ed è stata citata dai giudici del merito) la giurisprudenza di questa
corte che afferma che l’uso di formule dubitative, quando si sostanziano in un messaggio

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3. La censura sub b) è manifestamente infondata ai sensi della (elementare)
interpretazione dell’art. 57 cp, che fa obbligo al direttore di esercitare il suo controllo per
evitare che, col mezzo della stampa (e quindi tramite il giornale da lui diretto), si commettano
reati.
4. La censura sub c) è infondata atteso che la motivazione del giudice di secondo grado,
in tema di giudizio di bilanciamento di circostanze, per quanto sintetica, non è né
incomprensibile, né illogica. La corte milanese ha posto in evidenza come il predetto giudizio
sia stato effettuato dal primo giudice, il quale ha inteso applicare la pena pecuniaria. Tale
giudizio il giudice di appello ha ritenuto, nell’ambito del suo discrezionale potere di valutazione,
di dover condividere.
5. La censura sub d) è fondata atteso che l’art. 57 cp, nel prevedere che l’omesso
controllo da parte del direttore responsabile di un periodico a stampa sia punito con la pena
“stabilita” per il reato eventualmente commesso con la pubblicazione, istituisce un criterio
autonomo di determinazione di tale pena, ancorata unicamente per relationem a quella
astrattamente prevista per il suddetto reato (ASN 200823039-RV 240494). Si tratta dunque di
reati autonomi e strutturalmente diversi (uno colposo, l’altro doloso), di talché, in base al
principio di stretta legalità, un’aggravante quale quella prevista per il giornalista dall’art. 13
legge stampa, non può estendersi ad altra figura professionale.
6. La censure sub e) ed f) sono inammissibili, non potendo il giudice di legittimità (per
le ovvie valutazioni di merito in cui si sostanzia il giudizio sul quantum risarcitorio) essere
chiamato a pronunziarsi sulla adeguatezza della cifra liquidata alla parte civile, quando ci si
limiti a denunziarne l’eccessivo ammontare. Con specifico riferimento a tale ultima censura
(sub f), è appena il caso di ricordare che la recente giurisprudenza (ASN 201013198-RV
246904) ha avuto modo di chiarire che la persona offesa può richiedere anche al direttore del
giornale, ritenuto responsabile del delitto di omesso controllo, ai sensi dell’art. 57 cp, la
riparazione pecuniaria di cui all’art. 12 della legge n. 47 del 1948 -la quale, come è noto
prevede il versamento di una somma, determinata in relazione alla gravità dell’offesa e alla
diffusione dello stampato- in quanto a detta riparazione è tenuto, non solo l’autore dello scritto
diffamatorio, ma chiunque abbia contribuito a cagionare l’evento tipico del reato, sia in
concorso, sia per aver omesso di impedire l’evento.

allusivo e si servano di un tono insinuante, non comporta la “neutralità” della notizia, né fa
venir meno la sua carica denigratoria (ASN 200837124-RV 242019).
2.2. Nel caso in esame, come chiarito ampiamente nei gradi precedenti, la notizia non
vera consiste nel fatto che il Fregoni sarebbe stato sospeso dal suo incarico e che, per di più,
sarebbe stato sospeso e trasferito a seguito delle indagini a suo carico. Si tratta di notizia che,
con tutta evidenza, getta una luce sfavorevole sull’operato professionale e sulla figura morale
della parte civile.
2.3. Gli articoli che lo riguardano, poi, non possono ovviamente essere letti
isolatamente, ma nell’ambito di quella che la giurisprudenza di questa sezione (cfr. ASN
200605944-RV 233846) ha definito -mutuando il termine proprio dal linguaggio giornalisticocome “campagna stampa”. Gli articoli vanno dunque letti in sequenza e le “puntate” successive
non possono essere considerate separatamente da quelle che le hanno precedute. Non di
osmosi, dunque, si deve parlare, ma di consequenzialità cronologica e logica, nell’ambito di un
discorso informativo che si snoda attraverso varie, successive (e concatenate) tappe.
La censura sub a), pertanto, è infondata.

7. Conclusivamente, il ricorso della Santolini merita rigetto, il ricorso del Morandi va
accolto con riferimento alla censura sub d). Pertanto, la sentenza impugnata va annullata
senza rinvio, limitatamente alla aggravante ex art. 13 legge 47/48 e la pena va rideterminata
in melius nella misura della multa di euro 466. Nel resto, il ricorso del Morandi va rigettato.
La sola Santolini va condannata alle spese del grado; entrambi gli imputati vanno condannati a
rimborsare, solidalmente, le spese sostenute dalla parte civile in questo grado di giudizio, che
si liquidano come da dispositivo.

21

PQM
rigetta il ricorso di Santolini Francesca, che condanna al pagamento delle spese del
procedimento; annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Morandi Giovanni,
limitatamente alla ritenuta sussistenza della aggravante, che elimina e ridetermina la pena per
il predetto nella misura di euro 466 di multa; rigetta nel resto il ricorso del Morandi; condanna
i ricorrenti in solido al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile, che liquida in
complessivi euro 2.200, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, in data 1 luglio 2014.-

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