Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30818 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30818 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
OCCHINO ANTONINO N. IL 26/03/1963
avverso la sentenza n. 648/2010 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 19/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la part wile, l’Avv
Udit i dife

Avv.

Data Udienza: 26/06/2014

Mr.

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giovanni D’Angelo,
ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Valentino, il quale chiede
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Occhino Antonino è imputato del reato di cui all’articolo 347 del

codice penale perché in concorso con Sturiale Domenico, spacciandosi
quali agenti della Guardia di Finanza e mostrando in maniera fugace un
presunto tesserino del corpo, ne usurpavano la relativa funzione, nonché
del reato di cui all’articolo 614 del medesimo codice perché con inganno,
consistente nel porre in essere la predetta condotta, si introducevano
nella abitazione di Cribari Walter.
2.

Il tribunale di Cosenza ha ritenuto l’imputato responsabile dei reati

ascritti, unificati sotto il vincolo della continuazione, e riconosciute le
attenuanti generiche lo ha condannato alla pena di un anno di
reclusione, nonché al risarcimento dei danni da liquidarsi in separata
sede. La corte d’appello di Catanzaro ha riformato la sentenza
esclusivamente in punto pena, diminuendola a mesi sei di reclusione.
3.

Contro la predetta sentenza propone ricorso per cassazione

l’imputato per i seguenti motivi:
a.

inosservanza od erronea applicazione della legge penale in
relazione all’articolo 347 del codice penale; sostiene il
ricorrente che il capo di imputazione non fa cenno alcuno
all’usurpazione di funzione, ma si riferisce alla sola
attribuzione delle stesse, comportamento giuridicamente
diverso e configurante l’ipotesi depenalizzata di cui all’articolo
498 del codice penale.

b. inosservanza od erronea applicazione della legge penale in
relazione all’articolo 614 del codice penale; sotto un primo
profilo si lamenta che la condotta di introduzione nella casa
del Cribari non possa configurare sia il reato di cui all’articolo
347, sia la violazione di domicilio. In secondo luogo, si
osserva che manca l’elemento della contraria volontà del
proprietario, avendo il Cribari dichiarato che anche se non si
fossero qualificati quali agenti della guardia di finanza, egli li
avrebbe fatti entrare lo stesso.
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I

c. manifesta illogicità della motivazione; sotto tale profilo si
lamenta l’inesistenza di un apparato motivazionale tale da
giustificare razionalmente e con coerenza logica le scelte
compiute dai giudici e di rendere trasparenti le linee seguite
nel ragionamento probatorio.

CONSIDERATO IN DIRITTO

l’imputato non si è limitato a qualificarsi come finanziere, ma lo ha fatto
al fine di procedere all’accertamento e quindi ingenerando nella persona
offesa la convinzione che egli stesse svolgendo le funzioni proprie di tale
Corpo dello stato. Occorre ricordare, a tal proposito, che la Guardia di
Finanza non svolge esclusivamente accertamenti in materia fiscale, ma
ha anche compiti di polizia giudiziaria. D’altronde, un conto è portare
una divisa o mostrare un tesserino per vanità, altro – come nel caso di
specie – esibire un tesserino falso per farsi aprire una porta al fine di
compiere un controllo. Il reato di usurpazione di funzioni pubbliche di cui
all’art. 347 cod. pen., infatti, è finalizzato a proteggere l’interesse volto a
riservare l’esercizio di pubbliche funzioni a soggetti che ne abbiano
effettiva e concreta investitura (Sez. 6, n. 31427 del 24/04/2012,
Borrelli, Rv. 253235), per cui deve ritenersi perfettamente integrato nel
caso di specie.
2. Il secondo motivo di censura non tiene conto del fatto che l’articolo
614 del codice penale punisce non solo chi entra nell’abitazione contro la
volontà del proprietario, ma anche chi vi si introduce con l’inganno e nel
caso di specie l’inganno c’era indubbiamente e si è manifestato
attraverso la esibizione del falso tesserino della guardia di finanza. Anche
questo motivo, pertanto, è manifestamente infondato.
3. Il terzo motivo di ricorso è generico e comunque manifestamente
infondato, posto che la sentenza risulta adeguatamente motivata e
perfettamente chiara nei suoi ragionamenti, assolutamente privi di
manifesti vizi logici.
4.

Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato in quanto

emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 – dep.
24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della
cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 1.000,00.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al

favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 26/06/2014

pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a

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