Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30816 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30816 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CINQUE BIAGIO N. IL 09/08/1959
avverso la sentenza n. 463/2011 CORTE APPELLO SEZ.DIST. di
TARANTO, del 12/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la pa e civile, l’Avv

Data Udienza: 26/06/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giovanni D’Angelo,
ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata per prescrizione.

RITENUTO IN FATTO

1.

Cinque Biagio propone ricorso per cassazione contro la sentenza

della Corte d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, che in

della violazione di cui all’articolo 595, comma due, del codice penale
(così riqualificata l’originaria imputazione ex articolo 368 del codice
penale), condannandolo alla pena di mesi due e giorni 10 di reclusione.
2.

A sostegno del ricorso denuncia:
a. violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli
articoli 124 del codice penale, 336 e 337 del codice di
procedura penale; lamenta il ricorrente che la corte d’appello,
una volta riqualificato il fatto, non abbia emesso sentenza di
non luogo a procedere per mancanza della querela.
b. Con un secondo motivo di ricorso denuncia violazione di legge
e vizio di motivazione in relazione all’articolo 442, comma 2,
del codice di procedura penale, per non aver applicato la
riduzione della pena a seguito della scelta del rito abbreviato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il termine prescrizionale del reato ascritto all’imputato si e

compiuto il 20.04.2013, come indicato dall’ufficio Spoglio. Orbene, il
secondo motivo di impugnazione è fondato, avendo il giudice
dimenticato di operare la riduzione della pena per il rito prescelto; ne
consegue che del maturarsi del termine prescrizionale si deve tenere
conto anche in sede di legittimità. A tal proposito appare opportuno
ricordare che la Suprema Corte (Cass., sez. 4, 5 giugno 1992-15
febbraio 1993, n. 1340, CED 193033; S.U. 21 ottobre 1992-22
febbraio 1993, n. 1653, Marino, CED 192465; Cass., Sez. 6, 7-31
marz 2003, n. 15125, CED 225635) ha stabilito che in presenza di
una causa di estinzione del reato non sono rilevabili in cassazione vizi
di motivazione della sentenza, perché l’inevitabile rinvio della causa

1

riforma della pronuncia del gip di Taranto, lo ha ritenuto responsabile

,./

all’esame del giudice di merito dopo la pronuncia di annullamento è
incompatibile con l’obbligo della immediata declaratoria di
proscioglimento per l’intervenuta estinzione del reato, stabilito
dall’art. 129 c.p.p., comma 1. Le predette considerazioni valgono
anche per le nullità processuali (Sez. 6, n. 21459 del 26/03/2008 dep. 28/05/2008, Pedrazzini, Rv. 240066; conf. Sez. 5, n. 39217 del
11/07/2008 – dep. 20/10/2008, Crippa, Rv. 242326) e per le
violazioni di legge che non comportino l’assoluzione con formula piena

21/10/2008, Pannofino e altri, Rv. 241734).
2. Non ricorrono, comunque, i presupposti per una pronuncia
assolutoria ex art. 129 c.p.p., comma 2, perché, tenuto conto di quanto
emerge a carico dell’imputato dalla motivazione delle due sentenze, non
risulta affatto evidente la estraneità del ricorrente ai fatti contestati (Sez.
6, n. 32872 del 04/07/2011 – dep. 25/08/2011, Agulli e altri, Rv.
250907); in presenza della causa estintiva della prescrizione, l’obbligo di
declaratoria di una più favorevole causa di proscioglimento ex art. 129,
comma 2, cod. proc. pen. da parte della Corte di Cassazione richiede il
controllo unicamente della sentenza impugnata, nel senso che gli atti dai
quali può essere desunta la sussistenza della causa più favorevole sono
costituiti unicamente dalla predetta sentenza, in conformità con i limiti di
deducibilità del vizio di mancanza o manifesta illogicità di motivazione,
che, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), deve risultare dal testo del
provvedimento impugnato (Sez. 4, n. 9944 del 27/04/2000 – dep.
22/09/2000, Meloni, Rv. 217255). Ed in ogni caso le circostanze idonee
ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte
dell’imputato e la sua rilevanza penale devono emergere dagli atti in
modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il
giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di
“constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di
“apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di
accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009 dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244274); la “evidenza” richiesta
dall’art. 129, comma secondo, cod. proc. pen., presuppone, infatti, la
manifestazione di una verità processuale così chiara, manifesta ed
obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi in
qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia. (Sez.
2, n. 9174 del 19/02/2008, Palladini, Rv. 239552).

dell’imputato (cfr. Sez. 5, n. 39401 del 18/09/2008 – dep.

3. Cosicché è necessario prendere atto della intervenuta causa
estintiva e annullare senza rinvio la sentenza impugnata per essere il
reato estinto per intervenuta prescrizione.
4. Quanto alla responsabilità civile, il motivo sulla pena non influisce
minimamente sulla condanna al risarcimento, mentre il primo motivo
afferente alla condizione di procedibilità è infondato, essendoci in atti
una denuncia-querela che rende procedibile il reato così come
riqualificato dalla Corte territoriale. Ne consegue il rigetto del ricorso agli

p.q.m.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto
per prescrizione.
Rigetta il ricorso agli effetti civili.
Così deciso il 26/06/2014

effetti civili.

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