Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30815 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30815 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
FUZIO STEFANO N. IL 26/09/1977
avverso la sentenza n. 2156/2007 CORTE APPELLO di BARI, del
16/11/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 26/06/2014

Ì ,
I

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giovanni D’Angelo,
ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata per prescrizione.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Pignatelli, il quale chiede
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Fuzio Stefano è imputato dei reati di bancarotta fraudolenta

documentale e patrimoniale con riferimento alla società di fatto DUE
EFFE, condotta insieme a Fuzio Vincenzo e Fuzio Donato.
2.

Il tribunale di Trani lo ha dichiarato responsabile dei reati ascritti e

concesse le generiche prevalenti sulla contestata aggravante, lo ha
condannato alla pena di anni due di reclusione, oltre alle pene
accessorie.
3.

La corte d’appello di Bari ha confermato integralmente la sentenza

di primo grado.
4.

Contro la predetta sentenza propone ricorso per cassazione il Fuzio

per i seguenti motivi:
a. mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della
motivazione in ordine: -alla questione, sollevata
dall’appellante, che il tribunale aveva fondato il
riconoscimento della penale responsabilità nella sentenza di
patteggiamento dei coimputati Fuzio Vincenzo e Fuzio Donato;
-al fatto che il giudice di appello erroneamente aveva
affermato che la società del ricorrente (Marallecce srl) pur
avendo la sede in Squinzano, di fatto operava nella città di
Terlizzi; -al coinvolgimento del Fuzio nell’attività produttiva
della società di fatto; -alla intestazione del contratto di
locazione dell’immobile dove si svolgeva l’attività societaria; alla causale della redazione degli assegni da parte del Fuzio; al breve lasso temporale tra il rilevamento della Marallecce srl
da parte di Fuzio Stefano e la dichiarazione di fallimento della
ditta Moda Europa e della ditta Due Effe.
b. Con un secondo motivo si eccepisce la intervenuta
prescrizione dei reati.

1.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile in quanto costituisce, con tutta evidenza,
reiterazione delle difese di merito già disattese dai Giudici di appello,
oltre che censura in punto di fatto della sentenza impugnata,
inerendo esclusivamente alla valutazione degli elementi di prova ed
alla scelta delle ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, cioè
ad attività che rientrano nel potere discrezionale del giudice di

sorretto, come nel caso in esame, da adeguata e congrua
motivazione esente da vizi logico-giuridici, tanto più se si considera
che il giudice di legittimità, ai fini della valutazione della congruità
della motivazione del provvedimento impugnato, deve fare
riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si
integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile
(Sez. 2, n. 11220 del 13/11/1997, Ambrosino; conff. Sez. 6, n.
23248 del 07/02/2003, Zanotti; Sez. 6, n. 11878 del 20/01/2003,
Vigevano; sez. 2, n. 19947 del 15 maggio 2008).
2. L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta
infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc.
pen. (Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente
alla sentenza impugnata con il ricorso; Sez. U, n. 32 del 22/11/2000,
De Luca, Rv. 217266).
3. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 – dep.
24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della
cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 1.000,00.

p.q.m.

2

merito, il cui apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.

Così deciso il 26/06/2014

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