Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30814 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30814 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CHIAPPARINO MICHELE N. IL 29/06/1952
avverso la sentenza n. 3001/2011 CORTE APPELLO di BARI, del
11/10/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per l arte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 26/06/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giovanni D’angelo,
ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Chiapparino Michele propone ricorso per cassazione contro la

sentenza della Corte d’appello di Bari che ha confermato la sentenza del
tribunale di Trani che l’aveva condannato alla pena di mesi due di

prevalenza, per il reato di cui agli articoli 582-585 cod. pen..
2.

A sostegno del ricorso per cassazione deduce i seguenti motivi:
a.

inosservanza e/o erronea applicazione della legge penale o di
altre norme giuridiche di cui si deve tener conto
nell’applicazione della legge penale.

b. Erroneità di giudizio e di valutazione in ordine alla
qualificazione della condotta delittuosa, in particolare con
riferimento all’aggravante dell’articolo 535 del codice penale.
Secondo il ricorrente non sono chiari i motivi e la dinamica della lite e
non vi sarebbe prova della sussistenza dell’aggravante di cui all’articolo
585 del codice penale; mancherebbe poi l’elemento psicologico del reato
aggravato. Con la conseguenza che la remissione delle querele
comporterebbe la improcedibilità per il reato contestato. La
contraddittorietà della motivazione, poi, emergerebbe laddove la Corte
afferma l’esistenza di elementi di incertezza circa la qualificazione della
condotta come aggravata e dall’altro esprime il giudizio di antigiuridicità
del comportamento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato; innanzitutto il motivo è
rubricato come violazione di legge, ma in realtà censura la valutazione
delle prove ed opera una nuova valutazione in fatto che non è
ammissibile in sede di legittimità, a fronte di una motivazione che contrariamente a quanto affermato nel ricorso – non evidenzia alcun
elemento di incertezza, né manifesta evidenti vizi di illogicità o di
contraddittorietà.

1

reclusione, previa concessione delle attenuanti generiche in regime di

2. I motivi, dunque, pur denunciando formalmente violazione di
legge, costituiscono censura in punto di fatto della sentenza impugnata,
inerendo esclusivamente alla valutazione degli elementi di prova ed alla
scelta delle ragioni ritenute idonee a giustificare la decisione, cioè ad
attività che rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui
apprezzamento è insindacabile in sede di legittimità se sorretto, come
nel caso in esame, da adeguata e congrua motivazione esente da vizi
logico-giuridici (cfr. Sez. 2, n. 42595 del 27/10/2009, Errico).

infondatezza dei motivi non consente il formarsi di un valido rapporto
di impugnazione e preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e
dichiarare le cause di non punibilità a norma dell’art. 129 cod. proc.
pen. (Nella specie la prescrizione del reato maturata successivamente
alla sentenza impugnata con il ricorso; Sez. U, n. 32 del 22/11/2000,
De Luca, Rv. 217266).

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 26/06/2014

3. L’inammissibilità del ricorso per cassazione dovuta alla manifesta

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