Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30810 del 26/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30810 Anno 2014
Presidente: PALLA STEFANO
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ALESSANDRIA GIOVANNI N. IL 03/08/1977
avverso la sentenza n. 940/2011 CORTE APPELLO di CATANIA, del
19/03/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 26/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, pe a parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 26/06/2014

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giovanni D’Angelo,
ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza
impugnata per prescrizione.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Merlino, il quale chiede
l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Alessandria Giovanni propone ricorso per cassazione contro la

sentenza della Corte d’appello di Catania che ha confermato la sentenza
di condanna emessa dal locale tribunale per il reato di cui all’articolo 483
del codice penale (false notizie sui propri dati personali e patrimoniali al
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2.

A sostegno del ricorso per cassazione propone i seguenti motivi:
a.

Mancanza

e

illogicità

della

motivazione

in

ordine

all’accertamento di responsabilità.
b. Erronea applicazione dell’articolo 483 del codice penale in
relazione all’articolo 14 delle disposizioni sulla legge in
generale.
c.

Motivazione insufficiente in ordine al mancato riconoscimento
delle circostanze attenuanti generiche.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il termine prescrizionale del reato ascritto all’imputato si è
compiuto il 25.07.2013, come indicato dall’ufficio Spoglio.
2. Orbene, i motivi di impugnazione non sono certamente
inammissibili; il primo motivo, anzi, è fondato, avendo la Corte adottato
una motivazione meramente apparente, priva di capacità esplicativa e
senza riferimento alcuno alle prove emerse in dibattimento. Ne consegue
che del maturarsi del termine prescrizionale si deve tenere conto anche
in sede di legittimità. A tal proposito appare opportuno ricordare che la
Suprema Corte (Cass., sez. 4, 5 giugno 1992-15 febbraio 1993, n. 1340,
CED 193033; S.U. 21 ottobre 1992-22 febbraio 1993, n. 1653, Marino,
CED 192465; Cass., Sez. 6, 7-31 marz 2003, n. 15125, CED 225635) ha
stabilito che in presenza di una causa di estinzione del reato non sono
rilevabili in cassazione vizi di motivazione della sentenza, perché
I

1.

l’inevitabile rinvio della causa all’esame del giudice di merito dopo la
pronuncia di annullamento è incompatibile con l’obbligo della immediata
declaratoria di proscioglimento per l’intervenuta estinzione del reato,
stabilito dall’art. 129 c.p.p., comma 1. Ne consegue che è del tutto
superfluo l’esame approfondito di tali motivi di ricorso, essendo ciò
indifferente in caso di annullamento della sentenza per intervenuta
prescrizione.
3. Non ricorrono, comunque, i presupposti per una pronuncia

emerge a carico dell’imputato dalla motivazione delle due sentenze, non
risulta affatto evidente la estraneità del ricorrente ai fatti contestati (Sez.
6, n. 32872 del 04/07/2011 – dep. 25/08/2011, Agulli e altri, Rv.
250907); in presenza della causa estintiva della prescrizione, l’obbligo di
declaratoria di una più favorevole causa di proscioglimento ex art. 129,
comma 2, cod. proc. pen. da parte della Corte di Cassazione richiede il
controllo unicamente della sentenza impugnata, nel senso che gli atti dai
quali può essere desunta la sussistenza della causa più favorevole sono
costituiti unicamente dalla predetta sentenza, in conformità con i limiti di
deducibilità del vizio di mancanza o manifesta illogicità di motivazione,
che, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), deve risultare dal testo del
provvedimento impugnato (Sez. 4, n. 9944 del 27/04/2000 – dep.
22/09/2000, Meloni, Rv. 217255). Ed in ogni caso le circostanze idonee
ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte
dell’imputato e la sua rilevanza penale devono emergere dagli atti in
modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il
giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di
“constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di
“apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di
accertamento o di approfondimento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009 dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244274); la “evidenza” richiesta
dall’art. 129, comma secondo, cod. proc. pen., presuppone, infatti, la
manifestazione di una verità processuale così chiara, manifesta ed
obiettiva da rendere superflua ogni dimostrazione, concretizzandosi in
qualcosa di più di quanto la legge richiede per l’assoluzione ampia. (Sez.
2, n. 9174 del 19/02/2008, Palladini, Rv. 239552).
4. Cosicché è necessario prendere atto della intervenuta causa
estintiva e annullare senza rinvio la sentenza impugnata per essere il
reato estinto per intervenuta prescrizione.

2

assolutoria ex art. 129 c.p.p., comma 2, perché, tenuto conto di quanto

p.q.m.

Annulla • senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato
estinto per prescrizione.

Così deciso il 26/06/2014

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