Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30802 del 03/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30802 Anno 2014
Presidente: FERRUA GIULIANA
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LANZA COSIMO N. IL 26/03/1969
avverso la sentenza n. 1441/2010 CORTE APPELLO di GENOVA, del
29/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 03/06/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona 91e1 Dott.
che ha concluso per ) 1 ,i,u,b04,(44,, 4,3).,
dift/ scuji4.2

SIA»

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 03/06/2014

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Genova, con sentenza del 29 gennaio 2013, ha,
per quanto d’interesse del presente giudizio, confermato la sentenza del
Tribunale di Chiavari del 22 gennaio 2010 ed ha mantenuto ferma la condanna di
Lanza Cosimo per il delitto di falso ideologico commesso da privato in

falsamente attestato di non aver riportato condanne penali definitive.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a
mezzo del proprio difensore, lamentando formalmente, come unico motivo, una
motivazione meramente apparente circa il trattamento sanzionatorio anche se,
poi, ha contestato anche l’affermazione della propria penale responsabilità.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1.

Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato il

relativo motivo.
2. Invero, la quantificazione della pena può essere sindacata avanti questi
Giudici di legittimità soltanto allorquando sia stata effettuata in limiti superiori a
quelli edittali ovvero in maniera illogica; la determinazione in concreto della
pena, infatti, costituisce il risultato di una valutazione complessiva e non di un
giudizio analitico sui vari elementi offerti dalla legge, sicché l’obbligo della
motivazione da parte del Giudice dell’impugnazione deve ritenersi
compiutamente osservato, anche in relazione alle obiezioni mosse con i motivi
d’appello, quando egli, accertata l’irrogazione della pena tra il minimo e il
massimo edittale, affermi di ritenerla adeguata o non eccessiva; ciò dimostra,
infatti, che egli ha considerato sia pure intuitivamente e globalmente, tutti gli
aspetti indicati nell’articolo 133 cod.pen. ed anche quelli specificamente segnalati
con i motivi d’appello.
Nella specie, questa volta in fatto, la Corte territoriale ha motivato la
conferma della pena irrogata in prime cure, che non risulta neppure oltrepassare
i limiti legali.
3.

Quanto alla contestazione relativa alla affermazione della penale

responsabilità, in punto di diritto, si osserva come il dolo integratore del delitto di
falsità ideologica di cui all’articolo 483 cod.pen. sia costituito dalla volontà
cosciente e non coartata di compiere il fatto e nella consapevolezza di agire
contro il dovere giuridico di dichiarare il vero (v. la citata Cass. Sez. H 28 ottobre
1

dichiarazione sostitutiva di certificazione, di cui all’articolo 483 cod.pen., per aver

2003 n. 47867), indipendentemente dallo scopo che l’agente si sia proposto e
anche se sia incorso nella falsità “per ignoranza o per errore, cagionato da una
prassi o per rimediare ad un precedente errore” ovvero “con la convinzione di
non produrre alcun danno” (v. Cass. Sez. V 17 novembre 1998 n. 2487).
Si esclude, inoltre, il dolo del delitto di falso tutte le volte in cui la falsità
risulti essere semplicemente dovuta ad una leggerezza o ad una negligenza, non

da ultimo, Cass. Sez. VI 24 marzo 2009 n. 15485).
In fatto, questa volta, non può che concordarsi, allora, con la motivazione
espressa dal Giudice a quo allorquando afferma, con riferimento alla contestata
sussistenza dell’elemento soggettivo dell’ascritto reato, come la falsa
dichiarazione sia stata posta in essere proprio nella consapevolezza di non
dichiarare il vero.
La consapevolezza dell’esistenza di più precedenti penali non può, inoltre,
essere messa in discussione dall’asserzione defensionale circa la formale
incensuratezza espressa dal certificato penale, stante le precedenti condanne per
decreto ed il pagamento delle relative multe.
In ogni caso, il motivo, oltre a ripetere le medesime doglianze sollevate
avanti il Giudice a quo si sostanzia in una molto generica contestazione circa la
motivazione dell’impugnata sentenza; trattasi, inoltre, di doglianza che passa del
tutto sotto silenzio la pur esistente motivazione offerta dalla Corte territoriale
che non appare essere inficiata dal lamentato vizio di illogicità o contraddittorietà
manifesta.
4. In definitiva, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e il
ricorrente condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di
denaro in favore della Cassa delle Ammende, che appare equo determinare nella
misura di euro 1.000,00.
P.T.M.
La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 3 giugno 2014.

essendo prevista nel vigente sistema la figura del falso documentale colposo (v.

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