Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3079 del 12/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3079 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: GRAZIOSI CHIARA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
1) CALASCIBETTA MARCELLO N. IL 29/06/1957
avverso la sentenza n. 2590/2011 CORTE APPELLO di GENOVA, del
10/01/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/12/2012 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
App
t ha
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. CACIA-Ce-H i
che ha concluso per ,tItscukkuS,
\iy\–ei.\13CQW A(.21VP

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 12/12/2012

24323/2012
1.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza del 10 gennaio 2012 la Corte d’appello di Genova, pronunciandosi

sull’appello di Calascibetta Marcello avverso sentenza del gip del Tribunale di Savona del 4
maggio 2011 – che lo aveva ritenuto responsabile dei reati a lui ascritti (capo A: articoli 81
c.p.v. c.p. e 73, comma 1 bis, d.p.r. 309/1990, perché deteneva illecitamente grammi 185,999
di sostanza stupefacente di tipo eroina per uso non esclusivamente personale; capo B: articoli
2 e 7 (.895/1967 perché deteneva illecitamente una pistola) e condannato alla pena di anni sei

La sentenza ha esaminato analiticamente i motivi d’appello. Quanto all’applicazione
dell’ipotesi attenuata di cui all’articolo 73, quinto comma, d.p.r. 309/1990 – primo motivo -, ha
affermato che la percentuale di principio attivo globale vale di per sé ad escludere l’attenuante.
Inoltre l’idoneità del quantitativo globale al confezionamento di 436 dosi ulteriormente esclude
la minima offensività, giustificando l’individuazione della pena base operata dal primo giudice.
Non ha poi ritenuto credibile la destinazione solo all’uso personale, contrastante con il
rinvenimento del tipico armamento dello spacciatore e con acquisti di droga in blocco per
guadagnarsi da vivere. L’imputato infatti ha ammesso di essere inserito nel giro dello spaccio,
quale terminale per le cessioni spicciole, indipendentemente da quantità destinate al proprio
uso.
Il secondo motivo d’appello, riguardante la recidiva, è stato dalla corte respinto poiché la
risalenza del precedente specifico non esclude che si sia verificato non oltre il quinquennio
anteriore, l’imputato ha nel certificato penale un ultratrentennale curriculum criminoso e i reati
commessi indicano una cospicua capacità a delinquere per la loro tipologia.
Quanto al terzo motivo relativo alla determinazione della pena, la corte ha richiamato quanto
già osservato in ordine al primo motivo sulla congruità della pena base, giudicando congruo
anche l’aumento a titolo di continuazione tenuto conto dei precedenti in materia di armi.
2. Contro la sentenza ha presentato ricorso l’imputato, proponendo tre motivi.
Come primo motivo denuncia la violazione dell’articolo 73, quinto comma, d.p.r. 309/1990,
per avere il giudice escluso l’ipotesi attenuata basandosi per

Io più esclusivamente sul

quantitativo globale dello stupefacente sequestrato e sulla non credibilità dell’imputato sull’uso
personale, nulla dicendo sulla contestazione avanzata nell’atto d’appello relativa al principio
attivo della sostanza, pari a grammi 10,902. Sempre nell’atto d’appello si rilevava che almeno
una parte dello stupefacente era destinata all’uso personale dell’imputato, tossicodipendente
da anni, come dimostrato in corso di causa. Accanto alla violazione della norma, vi è quindi
anche un vizio motivazionale.

e mesi quattro di reclusione ed euro 30.000 di multa – confermava la sentenza di primo grado.

Il secondo motivo prospetta violazione dell’articolo 99, comma quarto, c.p. per avere il
giudice applicato la recidiva, mentre gli elementi evidenziati nell’appello (confessione, percorso
al Sert, precedenti risalenti nel tempo) avrebbero dovuto consentire di non applicarla; anche la
motivazione in questo senso è insufficiente.
Il terzo motivo denuncia come praticamente inesistente la motivazione della corte sulla
congruità della pena, peraltro palesemente eccessiva tenuto conto delle motivazioni esposte

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso dell’imputato non merita accoglimento.
Il primo motivo riproduce, in sostanza, quello che era stato il primo motivo d’appello,
censurando la risposta che a questo aveva dato la corte territoriale per non avere considerato
il principio attivo della sostanza; la corte non avrebbe inoltre tenuto conto della condizione
dell’imputato di tossicodipendente da anni. Dal testo della sentenza impugnata, però, non
emergono né violazione dell’articolo 73, comma quinto, d.p.r. 309/1990, né vizio
motivazionale. Non corrisponde al vero che non sia stato considerato il principio attivo, avendo
anzi la corte affermato che “la stessa percentuale di principio attivo globale vale, di per sé, ad
escludere l’attenuante di cui trattasi”; e parimenti non corrisponde al vero che la corte non
abbia tenuto conto della condizione di tossicodipendente, poiché motiva specificamente sulla
insussistenza di un uso esclusivamente personale della droga, in considerazione anche
dell’armamentario per spaccio che è stato rinvenuto all’imputato. Il motivo è dunque
manifestamente infondato.
Il secondo motivo censura la sentenza per violazione dell’articolo 99, comma quarto,
con correlato vizio di insufficienza motivazionale, giacché gli elementi segnalati nell’appello
(confessione, percorso di disintossicazione, precedenti remoti nel tempo) avrebbero consentito
la disapplicazione della recidiva. Si tratta ancora di riproposizione di uno dei motivi d’appello,
questa volta del secondo, in relazione al quale la corte ha fornito una motivazione in cui non si
riscontra alcuna violazione di legge e che è attenta proprio agli elementi addotti nel gravame,
con una illustrazione della sua valutazione priva di illogicità e di insufficienze. Anche questo
motivo è pertanto manifestamente infondato.
Il terzo motivo censura come praticamente inesistente la motivazione sulla congruità della
pena, che sarebbe eccessiva. Pure questo motivo è manifestamente infondato, in quanto la
motivazione, pur sintetica, sussiste, sia dove si considera l’inapplicabilità dell’ipotesi attenuata
ex articolo 73, quinto comma, d.p.r. 309/1990 sia nella parte conclusiva della pronuncia.

nell’atto d’appello.

Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere dichiarato inammissibile
con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese
del presente grado di giudizio.

Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale emessa in data 13 giugno 2000,
n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza
“versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il
ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
e della somma di 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma il 12 dicembre 2012

Il Consigliere este

Il Presidente

delle ammende.

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