Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30785 del 05/02/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 30785 Anno 2014
Presidente: FUMO MAURIZIO
Relatore: POSITANO GABRIELE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
REGGIO FILIBERTO N. IL 15/04/1940
avverso la sentenza n. 5347/2005 CORTE APPELLO di MILANO, del
15/12/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/02/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GABRIELE POSITANO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 05/02/2014

t

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dr Oscar Cedrangolo, ha concluso chiedendo
il rigetto del ricorso.
Per il ricorrente Ir p ‘resentg, l’Avvocato Cesare Gai e l’avvocato Edmondo Tomaselli, i quali
chiedono l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Reggio Filiberto propone ricorso per cassazione contro la sentenza emessa dalla Corte

Reggio ad anni tre lmesi p/sei di reclusione, confermava, nel resto, la sentenza di primo
grado emessa dal Tribunale di Monza, in data 23 febbraio 2005, con la quale il
ricorrente era stato dichiarato colpevole del reato previsto dagli articoli 216, 223 e 219
della legge fallimentare poiché, in concorso con altre persone, nella qualità di
amministratore di fatto, dalla data dell’8 settembre 1999, sino a quella del fallimento
della società Orolife SrL, intervenuto il 21 settembre 2000, al fine di recare pregiudizio
dei creditori, aveva tenuto i libri e le altre scritture contabili in modo da rendere
impossibile la ricostruzione del patrimonio, aveva sottratto o occultato valori di cassa,
distratto somme di denaro e occultato beni.
2. Il Tribunale ha ritenuto provato che la società Orolife S.r.l. era stata costituita il 12
gennaio 1996 per svolgere attività di commercio di prodotti cosmetici e di profumeria e
che Bava Riccardo ne era stato amministratore sino all’8 settembre 1999, quando gli
subentrava Olivieri Elmo, successivamente nominato liquidatore sino al fallimento. Era
emerso, anche dai colloqui assunti dal curatore, il nominativo di Reggio, quale persona
che s’ingeriva nell’attività della società. Infatti, Bava Riccardo si riferisce a lui come
persona che si era offerta di ricapitalizzare la società, allorché si era trovata in crisi di
liquidità tanto che, per il tramite di Borrella, aveva acquistato la maggioranza del
capitale. Anche Olivieri fa riferimento alla persona del ricorrente poiché questi gli aveva
chiesto di rivestire il ruolo formale di amministratore e di acquistare una quota della
società; ulteriore riscontro alla concreta attività svolta da Reggio all’interno della società
si rinviene nella documentazione dalla quale risulta, secondo il Tribunale, che questi
incassò alcuni pagamenti effettuati a favore della società e non entrati nella disponibilità
di questa.
3. Avverso la decisione del Tribunale, ha proposto appello il Reggio, eccependo la nullità
della sentenza in conseguenza dell’irritualità del decreto d’irreperibilità, in ragione del
quale è avvenuta la notifica del decreto che dispone il giudizio; ha lamentato il mancato
attento vaglio, ai sensi dell’articolo 192 c.p.p, delle dichiarazioni dei coimputati Bava e
Olivieri che avevano interesse ad allontanare da sé la responsabilità; ha evidenziato di
non avere mai partecipato alla tenuta della contabilità e di non essersi ingerito nella

d’Appello di Milano il 15 dicembre 2011 con la quale la Corte, riducendo la pena del


gestione sociale; con riferimento alla documentazione utilizzata quale riscontro, la
stessa sarebbe costituita dalla lettera inviata dall’avvocato Cristante che evidenziava
che Reggio avrebbe incassato il pagamento della fattura n. 21 del 1999 per l’importo di
lire 31.590.000, ha evidenziato l’insufficienza di tale elemento e l’anomalia della
operazione; ha ritenuto inconsistenti le voci relative ad un ruolo effettivo svolto da
Reggio nella gestione della società, notizie recepite dal curatore e riferite in tali termini
e, con riferimento alla distrazione degli arredi, ha fatto presente di essere proprietario

chiesto la sospensione condizionale della pena.
4.

La Corte d’Appello ha ritenuto infondati i motivi ad eccezione di quello relativo alla
entità della pena e, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Monza,
ha ridotto la pena inflitta confermand9 nel restg la condanna.

5. Avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Reggio Filiberto per i seguenti
motivi:

violazione e falsa applicazione della legge penale ai sensi dell’articolo 606 lett. b) c.p.p.
in relazione agli articoli 159 e seguenti del codice di rito;

nullità del decreto di irreperibilità del 6 aprile 2004, in quanto non preceduto dalle
ricerche nei luoghi indicati all’articolo 159 del codice di rito;

violazione e falsa applicazione di norme giuridiche ai sensi dell’articolo 606 lett. b), in
relazione agli articoli 157 e 161 del codice di rito, poiché il decreto di citazione per il
giudizio di appello non risulta notificato a Reggio nel domicilio eletto;

violazione e falsa applicazione di norme giuridiche, ai sensi dell’articolo 606 b) c.p.p, in
relazione all’articolo 216 e seguenti della legge fallimentare, riguardo alla qualità di
amministratore di fatto della società Orolife;

mancanza e manifesta illogicità della motivazione, ai sensi dell’articolo 606 lettera e)

del relativo mobilio. Ha contestato, infine, l’entità della pena e l nelle conclusioni i ha

del codice di rito, per omessa valutazione dell’effettivo potere gestorio espletato anche
da Bava e Olivieri e delle criticità relative agli altri elementi di prova;

violazione e falsa applicazione della legge penale, ai sensi dell’articolo 606 lett. b) c.p.p,
in relazione all’articolo 533 c.p.p;

violazione e falsa applicazione della legge penale, ai sensi dell’articolo 606 lett. b) c.p.p,
in relazione all’articolo 81 c.p. riguardo ad altra sentenza di patteggiamento relativa a
condotte analoghe;

violazione e falsa applicazione della legge penale, ai sensi dell’articolo 606 lett. b) del
codice di rito, in relazione all’articolo 62 del codice penale;

4i–(

violazione e falsa applicazione della legge penale, sollevando questione di
costituzionalità dell’articolo 10, comma 3, della legge n. 251 del 2005.

Con memorie integrative depositate il 17 gennaio 2014, il nuovo difensore di fiducia di
Reggio, con riferimento alla questione preliminare di nullità, ha ribadito che solo dopo la
notifica del decreto che dispone il giudizio è stato emesso un nuovo decreto di
irreperibilità. Ha ribadito che il decreto di citazione per il giudizio di appello non è stato
notificato a Reggio nel domicilio indicato. Nel merito ha dedotto l’insussistenza dei

amministratore di fatto, rappresentati dalla significatività e continuità dell’attività
gestoria, svolta in modo non episodico o occasionale. Quanto alla disciplina della
continuazione, ha ritenuto insufficienti le motivazioni della Corte d’Appello che ha
escluso la fattispecie sulla base della diversità dei luoghi di commissione del reato e
della distanza temporale tra i reati, mentre entrambi i profili sono compatibili con il
medesimo disegno criminoso a base dell’articolo 81 del codice penale. Quanto alla
questione di costituzionalità, il difensore ha preso atto delle decisioni con cui la Consulta
ha reiteratamente dichiarato infondate tali questioni, insistendo sui motivi di doglianza
ed evidenziando che, con riferimento alla pendenza del giudizio di appello, gli atti sono
pervenuti presso tale organo nell’anno 2005.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Con il primo motivo di ricorso la difesa dell’imputato ha lamentato violazione e falsa
applicazione della legge penale ai sensi dell’articolo 606 lett. b) c.p.p. in relazione agli
articoli 159 e seguenti del codice di rito. In particolare, il Pubblico Ministero ha emesso
decreto di irreperibilità in data 17 settembre 2003, con il quale è stata notificata la
chiusura delle indagini ai sensi dell’articolo 415 bis del codice di rito e l’udienza
preliminare si è celebrata in data 12 gennaio 2004, mentre il decreto che dispone il
giudizio è stato notificato il 28 gennaio 2004 e un nuovo decreto di irreperibilità del GUP
è stato emesso in data 6 aprile 2004. Conseguentemente la notifica del decreto che

presupposti che la giurisprudenza ritiene indispensabili per attribuire la qualità di

dispone il giudizio è stata effettuata sulla base del decreto di irreperibilità del PM, che
aveva ormai cessato efficacia. Neppure sarebbe stato possibile fare riferimento al nuovo
decreto di irreperibilità emesso dal GUP, poiché adottato in data successiva al 28
gennaio 2004, in particolare, il 6 aprile 2004.
2. Con il secondo motivo ha rilevato la nullità del decreto di irreperibilità del 6 aprile 2004
in quanto non preceduto dalle ricerche nei luoghi indicati all’articolo 159 del codice di
rito. In particolare, non vi sarebbe traccia dell’esito delle ricerche presso il Comune di
nascita di Reggio.

44(

3. Con il terzo motivo ha lamentato violazione e falsa applicazione di norme giuridiche ai
sensi dell’articolo 606 lett. b), in relazione agli articoli 157 e 161 del codice di rito. Ha
dedotto che il decreto di citazione per il giudizio di appello non risultava notificato a
Reggio nel domicilio eletto in Viterbo alla via Umberto 93. Le Sezioni Unite della
Cassazione (decisione n. 19602 del 27 marzo 2008) hanno ribadito che nell’ipotesi in
cui l’imputato abbia dichiarato o eletto domicilio per la notificazione, quella eseguita
presso il difensore, ai sensi dell’articolo 157, comma otto bis del codice di rito, è

di citazione non risulterebbe notificato al medesimo Reggio, presso il difensore, ai sensi
della norma citata.
4. Con il quarto motivo ha dedotto la violazione e la falsa applicazione di norme giuridiche,
ai sensi dell’articolo 606 b) c.p.p, in relazione all’articolo 216 e seguenti della legge
fallimentare. Ha lamentato che la Corte d’Appello ha ritenuto il coinvolgimento del
Reggio, quale amministratore di fatto della società Orolife, sulla base di una
motivazione insussistente. In particolare, la Corte avrebbe sovrapposto il ruolo di
Reggio, quale socio occulto, a quello di amministratore di fatto, pur trattandosi di figure
differenti. Ha evidenziato che la figura dell’amministratore di fatto richiede l’ingerenza
nell’attività sociale, fondata su un rapporto continuativo nell’espletamento delle funzioni
proprie degli amministratori. Nel caso di specie, invece, Reggio compare solo in due
episodi:il fatto di avere incassato la somma di lire 31.590.000 e di avere asportato il
mobilio presente nella società. Ha ribadito la mancata dimostrazione dello svolgimento
di reali poteri gestori della società da parte dell’imputato, il quale non si è mai occupato
della contabilità e della amministrazione in senso tecnico, non ha mai avuto rapporti
con i dipendenti, con i fornitori e con i clienti della società.
5. Con il quinto motivo ha lamentato la mancanza e la manifesta illogicità della
motivazione ai sensi dell’articolo 606 lettera e) del codice di rito, avendo la Corte
omesso di considerare l’effettivo potere gestorio espletato, anche, dai reali

insufficiente. Reggio è rimasto contumace nel giudizio di appello. In ogni caso il decreto

amministratori che si sono avvicendati nel tempo e cioè Bava e Olivieri, tanto che il
curatore ha riferito di avere trattato con tali soggetti al fine di ottenere, con notevole
difficoltà, le informazioni e i documenti richiesti. Tali soggetti hanno anche incassato
somme della società distraendo beni materiali. Queste circostanze troverebbero
conferma, secondo la difesa, nelle dichiarazioni rese dal curatore in dibattimento. Sotto
altro profilo la Corte non avrebbe attribuito alcun valore all’accordo intercorso tra
Reggio, Olivieri ed un altro soggetto, che assegnava al primo il ruolo di rappresentante
e, quindi, non di amministratore di fatto. Ha contestato il valore probatorio della lettera
inviata dall’avvocato Araimo all’avvocato Cristante, con la quale quest’ultima, a nome
del cliente Merenda, al quale era stato chiesto il pagamento di quanto dovuto alla
società Orolife, dichiarava che l’importo di lire 31.590.000 era stato versato a mani di

6/4

Reggio, qualificato “vostro rappresentante”. Il documento avrebbe dovuto essere
valutato con cautela, potendo essere stato creato ad arte per attribuire crediti alla
società Orolife al fine di diminuirne la esposizione debitoria; in secondo luogo appare
inverosimile il versamento di una somma così rilevante senza ricevute o quietanze; in
terzo luogo è fisiologico che il difensore tecnico di un possibile debitore faccia l’interesse
del cliente contestando ogni addebito.
6. Anche con riferimento alla distrazione dei mobili della società, la decisione della Corte è

socia Borella, la quale, avendo necessità di ritornare in possesso dell’immobile, libero da
persone o cose, aveva diffidato il Reggio a riprendersi i mobili presenti, che la stessa
sapeva appartenere al medesimo, con ciò superando ogni profilo di distrazione. Ha
criticato la circostanza relativa alla liquidità fornita dal Reggio alla predetta Borella,
poiché la stessa aveva grandi disponibilità di denaro e non avrebbe avuto bisogno di
tale prestito.
7. Con il sesto motivo ha dedotto violazione e falsa applicazione della legge penale, ai
sensi dell’articolo 606 lett. b) c.p.p, in relazione all’articolo 533 del codice di procedura
penale, attesa la presenza di elementi di prova unicamente indiziari che avrebbero
dovuto imporre una sentenza di assoluzione.
8.

Con il settimo motivo ha lamentato violazione e falsa applicazione della legge penale, ai
sensi dell’articolo 606 lett. b) c.p.p, in relazione all’articolo 81 c.p. In particolare, ha
dedotto Itsussistenza del vincolo di continuazione tra tale condotta e quella oggettol
uptrsen)inza di una sentenza di patteggiamento relativa a condotte analoghe poste in
essere da Reggio per fatti accaduti nell’ottobre 1997. Ha evidenziato l’identità delle
fattispecie criminose e l’esiguo lasso di tempo intercorso tra gli episodi contestati
all’imputato.

9. Con l’ottavo motivo ha dedotto violazione e falsa applicazione della legge penale, ai

stata censurata non avendo questa considerato che la sede sociale era di proprietà della

sensi dell’articolo 606 lett. b) del codice di rito, in relazione all’articolo 62 del codice
penale. Ha esposto che la condotta ascrivibile al Reggio risulta del tutto marginale, con
conseguente rideterminazione della pena ed applicazione delle attenuanti generiche.
Ha, poi, ribadito l’insussistenza dei presupposti dell’articolo 219 della legge fallimentare,
atteso il danno lieve e la commissione di uno soltanto dei fatti previsti dal precedente
articolo 216 LF.
10.Con l’ultimo motivo ha eccepito la violazione e falsa applicazione della legge penale,
sollevando questione di costituzionalità dell’articolo 10, comma 3, della legge n. 251 del
2005. Ha censurato la mancata dichiarazione di prescrizione che deriverebbe
dall’applicazione della disciplina più risalente, precedente all’entrata in vigore della

4fÌ–/

legge numero 251 del 2005. Sotto tale profilo ha dedotto una questione di
costituzionalità dell’articolo 10 di tale legge per disparità di trattamento poiché la norma
limita l’efficacia delle disposizioni sopravvenute più favorevoli. La circostanza di far
dipendere dallo stato di avanzamento del processo l’applicazione della normativa, più
risalente o più recente, appare contraria al criterio di eguaglianza. La difesa ha
sostenuto che l’applicazione della disciplina vigente avrebbe comportato un termine di
prescrizione di anni sette e mesi sei, in luogo di quello di anni 15 dalla commissione del

11.Preliminarmente vanno esaminate le doglianze relative al nono motivo, con le quali la
difesa del ricorrente lamenta la mancata dichiarazione di prescrizione che deriverebbe
dall’applicazione della disciplina più risalente, deducendo disparità di trattamento e
contrasto con il criterio di eguaglianza ex art. 3 della Costituzione.
12. Questa Corte e la Consulta (Corte Cost n. 314 del 21-11-2011) hanno, in più occasioni,
affermato la non fondatezza della questione di legittimità costituzionale – sollevata in
riferimento all’art. 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’art. 15, primo
comma, del Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici adottato a New York il
16 dicembre 1966 e all’art. 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo e delle libertà fondamentali, secondo cui <

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