Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30781 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30781 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• CORTES Mario, nato a Napoli il 11/5/1973
avverso la ordinanza n. 1669/2013 in data 27/11/2013 del Tribunale di Firenze
in funzione di giudice del riesame,
visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Giulio ROMANO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 27/11/2013, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di
Firenze confermava l’ordinanza applicativa della misura cautelare personale della
custodia in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Siena in data 4/11/2013 a carico di CORTES Mario all’esito della
convalida del fermo alla quale lo stesso era stato sottoposto per il delitto di
rapina aggravata commessa ai danni di NOCCHI Gabriele.

Ricorre per Cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell’indagato,
deducendo:
1. Vizio di inefficacia dell’ordinanza del Tribunale del riesame. Lamenta, in
particolare il ricorrente il mancato rispetto dei termini di cui ai commi 5 e 9
dell’art. 309 cod. proc. pen. e, più in generale, dell’intera durata del

Data Udienza: 02/07/2014

procedimento di riesame avendo presentato la relativa richiesta il 14/11/2013 ed
essendo stata depositata da decisione del Tribunale territoriale solo 2/12/2013.

2. Erronea valutazione delle esigenze cautelari si sotto il profilo della pericolo di
reiterazione del reato che sotto quello del pericolo di fuga.

3. Errata qualificazione giuridica dei fatti sia nell’ottica della ritenuta sussistenza
dell’aggravante prevista dall’art. 628, comma 3, cod. pen. (l’aver agito travisato)

furto con strappo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è infondato.
E’ lo stesso ricorrente che ricostruisce cronologicamente i fatti: a) il 14/11/2013
ha depositato l’istanza di riesame presso la Cancelleria del Tribunale di Siena; b)
in data 15/11/2013 l’istanza è stata spedita a cura della cancelleria al Tribunale
di Firenze dove risulta pervenuta il 19/11/2013; c) il 22/11/2013 gli atti del PM
sono pervenuti al Tribunale del riesame di Firenze (il ricorrente parla
dell’esistenza di una E-mail di conferma della ricezione che non produce ma, per
quel che conta in questa sede, non vi è alcun elemento per ritenere che gli atti
siano pervenuti prima di tale data); d) sempre il 22/11/2013 è stato spedito
l’avviso di fissazione dell’udienza che è stata celebrata innanzi al Tribunale del
riesame il 27/11/2013; e) il 2/12/2013, infine, è stata depositata in cancellerie
l’ordinanza che in questa sede ci occupa.
Da tale scansione temporale, come detto ricostruita dallo stesso ricorrente,
risultano perfettamente rispettati tutti i termini indicati dall’art. 309 cod. proc.
pen. e, quindi, non è dato comprendere di cosa abbia a dolersi il ricorrente
stesso.
Al riguardo deve solo essere ricordato che le Sezioni Unite di questa Suprema
Corte hanno avuto modo di precisare che “qualora la richiesta di riesame sia
presentata nella cancelleria del tribunale o del giudice di pace del luogo in cui si
trovano le parti o davanti a un agente consolare all’estero, a norma dell’art. 582,
comma secondo, cod. proc. pen., ovvero sia proposta con telegramma o
mediante raccomandata, il termine perentorio di cinque giorni per la
trasmissione degli atti al tribunale del riesame, a norma dell’art. 309, comma
quinto, stesso codice decorre dal giorno in cui la richiesta stessa perviene alla
cancelleria del tribunale del riesame, e non già dal giorno della sua
presentazione o proposizione, non potendo ipotizzarsi, a carico del presidente del
tribunale, l’adempimento dell’obbligo di immediato avviso prima della ricezione

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sia in relazione al fatto che il reato correttamente ravvisabile sarebbe quello del

della richiesta (Cass. Sez. U, sent. n. 10 del 22/03/2000, dep. 02/05/2000, Rv.
215827). Detto principio è stato riaffermato anche in tempi recenti allorquando
questa Corte ha ribadito che “la presentazione della richiesta di riesame nella
cancelleria di un tribunale diverso da quello competente comporta che i termini
per la trasmissione degli atti e per la decisione decorrano dal giorno in cui la
richiesta perviene alla cancelleria del tribunale competente e non da quello
dell’originaria presentazione, restando a carico delle parti richiedenti il lasso di
tempo intercorrente tra la presentazione o spedizione e la ricezione della

08/07/2011, dep. 01/08/2011, Rv. 250911).
Nel caso in esame l’istanza è pervenuta al Tribunale del riesame il 19/11/2013
ed il 22/11/2013 gli atti sui quali fondare la decisione sono pervenuti al Tribunale
stesso e, quindi, con anticipo rispetto al termine massimo di 5 giorni indicato dal
comma 5 dell’art. 309 cod. proc. pen.

2. Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
Al riguardo basterebbe evidenziare che il ricorrente non ha neppure
specificamente indicato sotto quale profilo dell’art. 606 cod. proc. pen. la
doglianza è rivolta. La genericità dei motivi di ricorso deriva quindi dalla mancata
indicazione nel ricorso dei casi tipici di ricorribilità ai quali intende rifarsi.
Ha infatti affermato questa Corte ed il Collegio condivide l’assunto, che «il ricorso
per Cassazione è inammissibile quando l’interessato omette di indicare a quale
dei casi tipici disciplinati dall’art. 606 cod. proc. pen. intende ricondursi. Tale
mancanza, qualora la specificazione delle ragioni di diritto non sia puntuale e
chiara, si traduce in genericità dei motivi». (Cass. Sez. 3^ sent. n. 1878 del
4.4.1991 dep. 29.4.1991 rv 187010).
Peraltro l’ordinanza impugnata risulta congruamente motivata in ordine a tutti gli
elementi che il ricorrente contesta nel relativo motivo di ricorso dato che il
Tribunale ha evidenziato in modo logico e non contraddittorio le ricorrenti
esigenze cautelari a partire dal pericolo di fuga ritenuto dal Tribunale attraverso
il richiamo all’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari impositiva della
misura cautelare, evidenziando che il CORTES dopo i fatti si era nascosto a casa
della zia nascondendo l’arma e la refurtiva (anche se poi le aveva fatte ritrovare)
financo al pericolo di reiterazione della condotta delittuosa che il Tribunale
territoriale ha ritenuto di ravvisare nelle gravi ed allarmanti modalità esecutive
del fatto in considerazione del porto di una pistola carica nonché nei numerosi e
specifici precedenti penali del ricorrente legati anche a fatti di elevato allarme
sociale, così da giungere a ritenere inadeguata ogni misura cautelare diversa
dalla custodia carceraria anche alla luce del fatto che l’odierno ricorrente risulta

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richiesta da parte di quest’ultimo ufficio” (Cass. Sez. 1, sent. n. 30526 del

avere riportato due condanne per violazione delle misure di prevenzione ed una
per evasione.
Tali valutazioni, peraltro di puro merito, risultano sorrette da una motivazione
congrua, logica e non contraddittoria che, per l’effetto, non è censurabile in
questa sede.
Ricondotte perciò le doglianze della parte ricorrente al vizio di motivazione, è
solo necessario ricordare che, secondo le Sezioni Unite di questa Corte (Sent. 24
del 24.11.1999 dep. 16.12.1999 rv 214794) «l’indagine di legittimità sul discorso

demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del
legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui
vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza
delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo
convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali. L’illogicità della
motivazione, come vizio denunciabile, deve essere evidente, cioè di spessore tale
da risultare percepibile “ictu oculi”, dovendo il sindacato di legittimità al riguardo
essere limitato a rilievi di macroscopica evidenza, restando ininfluenti le minime
incongruenze e considerandosi disattese le deduzioni difensive che, anche se non
espressamente confutate, siano logicamente incompatibili con la decisione
adottata, purché siano spiegate in modo logico e adeguato le ragioni del
convincimento».

3. Da ultimo, anche il terzo motivo di ricorso è infondato, presentando anch’esso
i vizi di carenza di specifica indicazione del profilo dell’art. 606 cod. proc. pen. cui
la doglianza sarebbe rivolta.
Il ricorrente sotto un primo profilo contesta la ricorrenza della circostanza
aggravante del travisamento mettendo in dubbio le dichiarazioni della persona
offesa e, dall’altro, propone una diversa ricostruzione dei fatti ritenendo
ravvisabile nella condotta il reato di cui all’art. 624 bis, comma 2, cod. pen.
Giova immediatamente evidenziare che la Corte territoriale ha congruamente
motivato sul punto affermando che non vi sono ragioni per non ritenere
attendibili le dichiarazioni rese dalla persona offesa NOCCHI, di professione
guardia giurata, che ha denunciato che, dopo essersi recato presso il distributore
di carburante Tamoil a ritirare l’incasso, era stato avvicinato da un uomo – poi
identificato nel CORTES – con il “volto coperto da un turbante chiaro” il quale,
dopo avergli intimato la consegna del denaro, aveva iniziato con lui una
colluttazione. Indi il malfattore era riuscito ad appropriarsi della pistola del
NOCCHI puntandogliela contro, aveva quindi raccolto la borsa contenente il
denaro e si era allontanato.

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giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato

Orbene da un punto di vista giuridico è di tutta evidenza che una simile azione
configura il reato di rapina e non quello di furto con strappo.
Il ricorrente, come detto, propone una diversa lettura dei fatti aggiungendovi
personali considerazioni, ma ciò non è possibile in questa sede di legittimità.
Infatti, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte,

«in conformità al

disposto dell’articolo 606, comma 1, lettera e), cod. proc. pen., il difetto di
motivazione valutabile in cassazione può consistere solo in una mancanza (o in
una manifesta illogicità della motivazione stessa), ma esclusivamente se il vizio

del tutto la presa in considerazione del punto sottoposto all’analisi del giudice e
che non può costituire vizio che comporti controllo di legittimità la mera
prospettazione di una diversa e, per il ricorrente più adeguata, valutazione delle
risultanze processuali. Esula, infatti, dai poteri della corte di legittimità quello di
una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui
valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, potendo e dovendo,
invece, la Corte accertare se quest’ultimo abbia dato adeguatamente conto,
attraverso l’iter argomentativo seguito, delle ragioni che l’hanno indotto ad
emettere il provvedimento» (Cass. Sez. 2^, sent. 3438 del 11.6.1998, dep.
27.6.1998 rv 210938).

Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere rigettato.

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p.

Così deciso in Roma il giorno 2 luglio 2014.

risulta dal testo del provvedimento impugnato; il che significa che deve mancare

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