Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30779 del 02/07/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30779 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: ALMA MARCO MARIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
• BELFIORE Angelo, nato a Taurianova (RC) il giorno 11/12/1982
avverso la ordinanza n. 2359+2376+2377+2379/2013 in data 12/12/2013 del
Tribunale di Torino in funzione di giudice del riesame,
visti gli atti, l’ordinanza e il ricorso
udita la relazione svolta dal consigliere dr. Marco Maria ALMA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.
Giulio ROMANO, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore dell’imputato, Avv. Stefano CAMPANELLO, che ha concluso
richiedendo l’accoglimento del ricorso

RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 12/12/2013, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di
Torino ha confermato, tra l’altro, l’ordinanza impositiva della custodia cautelare
in carcere emessa dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di
Asti in data 26/11/2013 nei confronti di BELFIORE Angelo in relazione al reato di
concorso in rapina aggravata unitamente a LIBRIZZI Angelo, RADEGLIA
GIOVANE Tony, ARTUSIO Alessio e MODICA Alessandro.

Ricorre per Cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell’imputato,
deducendo:

Data Udienza: 02/07/2014

1. Violazione degli artt. 104, 294, 178, lett. c) e 180 cod. proc. pen. in relazione
agli artt. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. per asserita nullità degli
interrogatori 3/12/2013 e 4/12/2013, abnormità dell’interrogatorio 4/12/2013 e
conseguente perdita di efficacia della custodia cautelare in carcere, nullità della
gravata ordinanza anche per difetto di motivazione sul punto.
Lamenta in sintesi la difesa del ricorrente che l’eccepita nullità dell’interrogatorio
ex art. 294 cod. proc. pen. dell’indagato sarebbe ravvisabile sotto due differenti
profili: a) quello dell’imposizione dopo l’esecuzione di misura cautelare del

pen., imposizione che secondo il ricorrente era del tutto inadeguata e priva di
concretezza; b) quello del fatto che il Giudice avrebbe mantenuto in vita tale
decreto nonostante il parere favorevole alla revoca dello stesso da parte del PM.
Ha, ancora, evidenziato la difesa del ricorrente che in un momento successivo
all’interrogatorio del 3/12/2014, ma nella stessa giornata, il Giudice per le
indagini preliminari ha revocato il divieto di colloqui sopra indicato ed ha fissato
un nuovo interrogatorio dell’indagato per il successivo 4/12/2013, interrogatorio
che si è effettivamente svolto senza che fosse dichiarata la nullità di quello
precedente.
Eccepisce, quindi, il difensore l’abnormità di un simile modus procedendi con la
conseguenza della sopravvenuta perdita di efficacia della misura cautelare in
corso di applicazione.
Eccepisce, ancora, parte ricorrente che ha errato il Tribunale del riesame quando
ha ritenuto che le doglianze di cui trattasi sono inammissibili in sede di riesame
in quanto le cause determinanti la perdita di efficacia della misura cautelare non
intaccano la legittimità del provvedimento impositivo della stessa.

2. Violazione degli artt. 291, 299, 649 cod. proc. pen. in relaz. all’art. 606,
comma 1, lett. b) cod. proc. pen.; difetto assoluto di motivazione in ordine
all’effetto preclusivo del giudicato cautelare determinatosi per effetto dell’omessa
impugnazione del PM contro l’ordinanza reiettiva della richiesta di misura
cautelare.
Lamenta la difesa che gli elementi presi in considerazione dal Giudice per le
indagini preliminari in occasione del rigetto di una prima richiesta di
provvedimento cautelare dell’indagato sono gli stessi (fatta eccezione per quanto
riguarda l’acquisizione dei tabulati telefonici dalla valutazione dei quali lo stesso
Tribunale ha ritenuto potersi prescindere) successivamente presi in
considerazione per l’emissione del provvedimento restrittivo. Il Tribunale del

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divieto di colloqui tra l’indagato ed il difensore ex art. 104, comma 3, cod. proc.

riesame non avrebbe risposto a tale doglianza e, quindi, la relativa ordinanza
sarebbe nulla per difetto di motivazione.

3. Violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. in relaz. all’art. 606, comma 1, lett. e)
cod. proc. pen.; manifesta illogicità della motivazione relativamente alla
sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato di concorso in rapina
aggravata.
Lamenta la difesa che vi sarebbe un travisamento di risultanze processuali atteso

l’annotazione dei Carabinieri di Alba del 27.10.2013 e l’ordinanza reiettiva di
applicazione di misure cautelari emessa dal Giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Asti il 21/11/2013.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato e, quindi,
inammissibile.
Il ricorrente insiste al riguardo su di una questione che è già stata sottoposta al
Giudice territoriale e dallo stesso correttamente respinta.
Questa Corte ha, infatti, reiteratamente avuto modo di chiarire, anche in tempi
recenti, con un orientamento al quale l’odierno Collegio ritiene di aderire, che
“nel procedimento di riesame non è deducibile, né rilevabile d’ufficio, la
questione inerente all’inefficacia della misura coercitiva per asserita mancanza,
tardività o comunque invalidità dell’interrogatorio previsto dall’art. 294 cod. proc.
pen., a nulla rilevando che essa sia proposta unitamente ad altre questioni
inerenti a vizi genetici del provvedimento impugnato, sicché la stessa non può
costituire oggetto di ricorso per cassazione ex art. 311 cod. proc. pen.” (Cass.
Sez. 2, sent. n. 4817 del 23/10/2012, dep. 30/01/2013, Rv. 254447; Sez. 6,
sent. n. 32409 del 02/07/2003, dep. 31/07/2003, Rv. 226440; Sez. 5, sent. n.
39410 del 24/10/2002, dep. 22/11/2002, Rv. 222835; Sez. 5, sent. n. 38707 del
22/10/2002, dep. 18/11/2002, Rv. 222832; Sez. 4, sent. n. 33339 del
10/07/2002, dep. 04/10/2002, Rv. 222400; Sez. 3, sent. n. 809 del
17/02/2000, dep. 04/05/2000, Rv. 216065).
Detti principi erano stati a loro volta sanciti in una non recente decisione delle
Sezioni Unite di questa Corte (Sez. U, sent. n. 26 del 05/07/1995, dep.
20/07/1995, Rv. 202015).
L’odierno Collegio è consapevole del contrasto giurisprudenziale ancor oggi
esistente in materia nonostante i vari interventi sul punto anche delle Sezioni
Unite, ma ritiene meritevole di condivisione l’orientamento tradizionale, che – al

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il contrasto tra alcuni passaggi – che parte ricorrente cita testualmente – tra

contrario dell’altro – trova ineludibile conferma nell’art. 309 cod. proc. pen. e
negli artt. 302 e 306 dello stesso codice di rito.
L’odierno Collegio ritiene, infatti, di dover ribadire che nel procedimento
incidentale di riesame disciplinato dall’art. 309 cod. proc. pen. – e nel successivo
giudizio di Cassazione – non sono deducibili, né rilevabili di ufficio, in difetto di
espressa previsione da parte del citato art. 309, questioni relative all’inefficacia
della misura cautelare diverse da quelle concernenti l’inosservanza dei termini
stabiliti dai commi 5 e 9 dello stesso articolo.

perdita di efficacia dell’ordinanza impositiva della misura cautelare – può a piena
ragione essere dedotta in sede di riesame (nonché essere eventualmente
rilevata, anche di ufficio, in Cassazione, a seguito del ricorso avverso l’ordinanza
di riesame), poiché il giudice della procedura incidentale di impugnazione è, in
quanto tale, non soltanto giudice della propria competenza, ma anche giudice
della regolare instaurazione del contraddittorio e della validità di ogni suo atto, e
quindi del rispetto dei termini che la procedura incidentale deve osservare.
Per contro la questione inerente all’inefficacia della misura coercitiva per la
omissione o la nullità dell’interrogatorio di garanzia ex art. 294 c.p.p.
(costituente atto successivo all’adozione del provvedimento cautelare) risulta del
tutto estranea all’ambito del riesame, dovendo, invece, formare – per espressa
previsione di legge – oggetto di istanza al giudice del procedimento principale, il
cui provvedimento, pronunciato ai sensi degli artt. 302 e 306 cod. proc. pen.
(che sistematicamente precedono l’art. 309 cod. proc. pen. – dal cui ambito,
pertanto, esulano – ed esplicitamente attribuiscono proprio al giudice del
procedimento principale una specifica competenza ad hoc), è soggetto all’appello
previsto dall’art. 310 cod. proc. pen. con possibilità di successivo ricorso per
Cassazione in forza dell’art. 311 cod. proc. pen..
D’altro canto, l’art. 306 cod. proc. pen. è già stato autorevolmente interpretato
“nel senso che competente a dichiarare la caducazione di una misura cautelare
sia esclusivamente il giudice del procedimento (principale o incidentale)
nell’ambito del quale si è verificato l’evento che l’ha determinata” (così, in
motivazione, Sez. Un., n. 14 del 31 maggio 2000).
Va, inoltre, evidenziato che il procedimento di riesame è preordinato alla verifica
dei presupposti legittimanti l’adozione del provvedimento cautelare, e non anche
di quelli incidenti sul protrarsi dell’applicazione della misura disposta: ciò
conferma ulteriormente che non è consentito dedurre con tale mezzo di
impugnazione la successiva perdita di efficacia della misura derivante dalla
mancanza o invalidità di successivi adempimenti.

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Soltanto quest’ultima – sanzionata dal successivo comma 10 con la automatica

A tali conclusioni, sia pur incidentalmente, sono di recente giunte le Sezioni Unite
di questa Corte Suprema (Sez. Un., n. 45246 del 19/07/2012, dep. 20/11/2012,
Rv. 25354919, in motivazione), a parere delle quali “l’estinzione di una misura
cautelare può (…) verificarsi ope legis, per caducazione automatica conseguente
al verificarsi di determinati eventi che non incidono di regola né sulla validità del
provvedimento applicativo né sui presupposti di applicazione della misura; si
tratta quindi di eventi sopravvenuti che determinano la perdita di efficacia della
misura ma non ne precludono la rinnovazione, salve le limitazioni previste

per decorso dei termini massimi di durata. E per questa ragione la
giurisprudenza ha sempre escluso che le cause di caducazione ope legis delle
misure cautelari personali possano essere dedotte con le impugnazioni
proponibili contro le ordinanze applicative. In particolare deve escludersi che con
la richiesta di riesame possa essere dedotta la caducazione della custodia
cautelare per omissione o invalidità dell’interrogatorio ex art. 294 cod. proc.
pen., che va dedotta con richiesta al giudice per le indagini preliminari, in quanto
non attiene alle condizioni di legittimità e di merito per l’adozione della misura”.

2. Anche il secondo motivo di ricorso non è fondato.
La difesa del ricorrente trattando della problematica del c.d. “giudicato cautelare”
tende a confondere due momenti giuridicamente e cronologicamente distinti
della vicenda cautelare che riguarda il BELFIORE.
Uno è costituito dalla fase innanzi al Giudice per le indagini preliminari che
dapprima ha respinto in data 21.11.2013 e, successivamente, ha accolto in data
26.11.2013 la richiesta di applicazione della misura cautelare personale della
custodia in carcere nei confronti del BELFIORE, il secondo quello della fase del
procedimento di riesame innanzi al Tribunale di Torino.
Quanto al primo momento basti rilevare che dall’ordinanza del Tribunale di
Torino si evince che il Giudice per le indagini preliminari ha proceduto ad una
prima (negativa) valutazione della gravità degli indizi di colpevolezza nei
confronti del BELFIORE sulla base di una richiesta avanzata dal PM in data
14.11.2013 (quindi ragionevolmente sulla base degli atti prodotti in tale data)
indi in data 16.11.2013 venivano rinvenuti in un cespuglio presso l’abitazione del
BELFIORE in Alba alcuni capi di vestiario riconducibili alla rapina e le “ulteriori”
analisi dei tabulati telefonici delle varie utenze in uso agli indagati consentivano
di acclarare l’esistenza di numerosi contatti tra tutti gli indagati (tra i quali
l’odierno ricorrente) la sera della rapina. Inoltre tutte le utenze risultavano
localizzate in zona compatibile con la commissione del fatto.

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dall’art. 307 cod. proc. pen. per la sostituzione della custodia cautelare caducata

Come si vede e come ha dato correttamente atto il Tribunale del riesame la
sopravvenienza di elementi nuovi quali certamente sono quelli appena indicati
non impedisce al giudice di rivalutare anche alla luce degli stessi l’intero
compendio probatorio. Parlare di violazione del “giudicato cautelare” in un simile
contesto è, quindi, fuor di luogo così come è fuor di luogo citare l’espressione
“pur prescindendo dai dati risultanti dall’analisi dei tabulati telefonici e dunque
della localizzazione dell’utenza a lui (BELFIORE – ndr.) attribuita” – espressione
utilizzata in un momento diverso dal Tribunale del riesame ma non dal Giudice

preliminari avrebbe violato il principio del giudicato cautelare non avendo tenuto
conto delle nuove emergenze indiziarie a carico dell’indagato.
Ancor più infondata è la questione della c.d. violazione del “giudicato cautelare”
se rapportata all’agire del tribunale del riesame.
Come è noto in sede di giudizio di riesame è possibile effettuare produzioni che
possano integrare il materiale probatorio già esaminato dal Giudice di prime cure
ed il Tribunale è chiamato a valutare il compendio probatorio nel suo complesso.
Orbene, basta leggere la stessa ordinanza impugnata per rendersi conto che
nella stessa sono indicati elementi probatori (esiti di intercettazioni telefoniche)
addirittura raccolti in epoca successiva all’emissione dell’originario
provvedimento cautelare.
Anche in questo caso ci troviamo quindi di fronte ad un novum esaminato e
valutato dal Giudice del riesame unitamente agli atti originari che consente di
ritenere legittimamente superato il vincolo del giudicato cautelare.

3. Il terzo motivo di ricorso è pacificamente inammissibile.
A prescindere dalla sua assoluta genericità nel momento in cui il ricorrente
lamenta che il Tribunale avrebbe omesso di confutare le deduzioni difensive
dedotte in sede di riesame senza che sia precisato quali siano state nello
specifico tali deduzioni, deve essere evidenziato che in tale motivo il ricorrente si
limita ad estrapolare frasi (peraltro non riferite a dati oggettivi ma ad elementi di
natura valutativa provenienti da soggetti diversi) da documenti che non ha
prodotto integralmente. Questa Corte ha, al riguardo, già avuto modo di chiarire
che “è inammissibile il ricorso per cassazione che deduca il vizio di manifesta
illogicità della motivazione e, pur richiamando atti specificamente indicati, non
contenga la loro integrale trascrizione o allegazione e non ne illustri
adeguatamente il contenuto, così da rendere lo stesso autosufficiente con
riferimento alle relative doglianze. (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 11910 del
22.1.2010 dep. 26.3.2010 rv 246552).

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per le indagini preliminari – per sostenere che il Giudice per le indagini

Da quanto sopra consegue il rigetto del ricorso in esame, con condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p.

Così deciso in Roma il giorno 2 luglio 2014.

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