Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30771 del 18/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30771 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 18/06/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di TARASI Luigi, n. a Isola di Capo
Rizzuto (KR) il 17.06.1963, attualmente sottoposto alla misura
cautelare degli arresti domiciliari, rappresentato e assistito dall’avv.
Mario Prato e dall’avv. Luigi Colacino, avverso l’ordinanza del
Tribunale di Catanzaro, seconda sezione penale, n. 1472/2013, in
data 23.12.2013;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Andrea Pellegrino;
udite le conclusioni del Sostituto procuratore generale dott. Mario
Fraticelli che ha chiesto il rigetto del ricorso nonché la discussione
della difesa, avv. Luigi Falcone in sostituzione dell’avv. Mario Prato,
che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1

1. Con ordinanza in data 26.11.2013, il Giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Catanzaro, disponeva nei confronti
di Tarasi Luigi la misura cautelare della custodia in carcere in ordine
ai reati di cui agli artt. 110, 644, comma primo e quinto n. 3 e 4 cod.
pen., 7 d.l. n. 152/1991 (capo 7), 110, 81 cpv., 629, primo e
secondo comma in relazione all’art. 628, primo e terzo comma n. 1 e

2.

3 cod. pen., 7 d.l. n. 152/1991 (capo 8).
Avverso detto provvedimento veniva proposto ricorso avanti al
Tribunale del Riesame di Catanzaro lamentandosi:
– la nullità dell’ordinanza per difetto di motivazione ai sensi dell’art.
292 cod. proc. pen.;
– nel merito, l’insussistenza del quadro indiziario e cautelare, con
conseguente richiesta di revoca della misura in atto ovvero la sua
sostituzione con altra meno afflittiva.
3.

Con ordinanza in data 23.12.2013, il Tribunale di Catanzaro, in
accoglimento del gravame, sostituiva la misura cautelare della
custodia in carcere con quella degli arresti domiciliari.

4.

Avverso detta ordinanza veniva proposto, nell’interesse di Tarasi
Luigi,

ricorso

per cassazione

per manifesta

illogicità e

contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc.
pen. con riferimento agli artt. 273 e ss. cod. proc. pen..
In particolare, ci si lamenta del fatto che il Tribunale abbia violato
elementari principi di logica giuridica ritenendo la sussistenza dei
gravi indizi di colpevolezza sulla base di una ricostruzione della
vicenda, che attiene alla posizione del Tarasi, non confortata da
emergenze processuali in grado di assurgere ad una gravità
indiziaria idonea a dimostrare l’attribuzione al medesimo di un
comportamento criminoso attraverso l’utilizzazione del metodo
mafioso. Il provvedimento impugnato risulta carente, innanzitutto,
nella parte in cui si limita a recepire l’impianto accusatorio senza
verificare la sussistenza degli elementi contrastanti tali da
comprovare l’estraneità ai fatti da parte del Tarasi e senza verificare
se la condotta posta in essere da quest’ultimo potesse ritenere
integrata una semplice ipotesi di connivenza. Inoltre, l’ordinanza
impugnata si fonda sull’estrema, quanto generica, valorizzazione di
un altrettanto generico dialogo contenuto in una conversazione

2

telefonica, sfociando in un giudizio del tutto parziale ed immotivato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5.

Il ricorso è manifestamente infondato per totale genericità e, come
tale, inammissibile.
È anzitutto necessario chiarire, sia pur in sintesi, i limiti di
sindacabilità da parte di questa Corte Suprema dei provvedimenti

6.

adottati dal giudice del riesame sulla libertà personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte Suprema, che il Collegio
condivide e reputa attuale anche all’esito delle modifiche normative
che hanno interessato l’art. 606 cod. proc. pen. (cui l’art. 311 cod.
proc. pen. implicitamente rinvia), in tema di misure cautelari
personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di
motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in
ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte
Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare
natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se
il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che
l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico
dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione
riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni
della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento
delle risultanze probatorie. Si è anche precisato che la richiesta di
riesame, mezzo di impugnazione, sia pure atipico, ha la specifica
funzione di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare
con riguardo ai requisiti formali indicati nell’art. 292 cod. proc. pen.,
ed ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del
provvedimento coercitivo: ciò premesso, si è evidenziato che la
motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal punto di
vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal
citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen.,
con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della
pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente
all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata
probabilità di colpevolezza (Cass., Sez. un., n. 11 del 22/03/2000,
Audino, rv. 215828; conforme, dopo la novella dell’art. 606 cod.

3

proc. pen., Cass., Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, rv.
237012).
Si è successivamente osservato, sempre in tema di impugnazione
delle misure cautelari personali, che il ricorso per cassazione è
ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di
legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del
provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto,

ma non anche quando propone censure che riguardino la
ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione
delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass., Sez. 5, n.
46124 dell’08/10/2008, Pagliaro, rv. 241997; Cass., Sez. 6, n.
11194 dell’ 08/03/2012, Lupo, rv. 252178).
L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 cod. proc.
pen.) e delle esigenze cautelari (art. 274 cod. proc. pen.) è, quindi,
rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di
specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della
motivazione secondo la logica ed i principi di diritto, rimanendo
“all’interno” del provvedimento impugnato; il controllo di legittimità
non può, infatti, riguardare la ricostruzione dei fatti e sono
inammissibili le censure che, pur formalmente investendo la
motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito,
dovendosi in sede di legittimità accertare unicamente se gli elementi
di fatto sono corrispondenti alla previsione della norma
incriminatrice.
Il Tribunale del riesame ha valorizzato, ad integrazione del
necessario quadro di gravità indiziaria legittimante l’emissione della
impugnata misura coercitiva, una articolata serie di elementi, dai
quali – con motivazione esauriente, logica, non contraddittoria, come
tale esente da vizi rilevabili in questa sede, oltre che in difetto delle
ipotizzate violazioni di legge – è stata nel complesso desunta la
sussistenza del necessario quadro di gravità indiziaria in relazione al
reato ipotizzato, nella specie senz’altro configurabile nei suoi
elementi costitutivi essenziali.
Le doglianze del ricorrente inerenti all’adeguatezza del quadro
indiziario valorizzato dal Tribunale del riesame si risolvono, al
contrario, nella generica – e non consentita – prospettazione di una

4

diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito,
laddove in sede di legittimità occorre unicamente accertare se gli
elementi di fatto valorizzati dai giudici del merito siano
corrispondenti alla previsione della norma incriminatrice che si
assume violata.
Riconosce, in sintesi, il Tribunale come alla stregua delle risultanze
raccolte, Tarasi Luigi debba ritenersi gravemente indiziato di

in quanto “… nella piena consapevolezza della natura usuraria del
rapporto instaurato dal coindagato Ponissa Franco, col quale agiva di
concerto, si prestava a recarsi personalmente dal debitore usurato e
formulava nei suoi confronti – specialmente nella … conversazione n.
progr. 2712 del 20.11.2010 – minacce addirittura qualificate dal
ricorso al cd. metodo mafioso … al fine di indurre la vittima ad
onorare il proprio debito … in tal modo ingenerando un particolare
metus

in capo al soggetto passivo, messo dinanzi alla

consapevolezza di dover fronteggiare, in caso di inadempimento, non
solo i suoi usurai/estorsori ma più ampi e pericolosi contesti criminali
… (circostanza, quest’ultima, plasticamente confermata dalle parole
del De Luca nella medesima conversazione: “… ho capito che è che
siete. Ho capito, ho capito. Vi ho conosciuto chi è che siete” ed ancor
di più dalle sue reticenti ed elusive sommarie informazioni
testimoniali) …”.
7. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativamente in euro 1.000,00
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla
Cassa delle ammende.
Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 18.6.2014

Il Consigliere estensore

Il Presidente

concorso nei delitti di usura ed estorsione provvisoriamente ascrittigli

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