Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30770 del 18/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30770 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 18/06/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di ARENA Salvatore, n. a Crotone il
30.06.1991, attualmente sottoposto alla misura cautelare degli
arresti domiciliari, rappresentato e assistito dall’avv. Mario Prato,
avverso l’ordinanza del Tribunale di Catanzaro, seconda sezione
penale, n. 1473/2013, in data 23.12.2013;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Andrea Pellegrino;
udite le conclusioni del Sostituto procuratore generale dott. Mario
Fraticelli che ha chiesto il rigetto del ricorso, nonché la discussione
della difesa del ricorrente, avv. Luigi Falcone, comparso in
sostituzione dell’avv. Mario Prato, che ha chiesto l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1

1.

Con ordinanza in data 26.11.2013, il Giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Catanzaro, disponeva nei confronti
di Arena Salvatore la misura cautelare della custodia in carcere in
ordine ai reati di cui agli artt. 110, 644, comma primo e quinto n. 3 e
4 cod. pen., 7 d.l. n. 152/1991 (capo 7), 110, 81 cpv., 629, primo e
secondo comma in relazione all’art. 628, primo e terzo comma n. 1 e

2.

3 cod. pen., 7 d.l. n. 152/1991 (capo 8).
Avverso detto provvedimento, veniva proposto ricorso avanti al
Tribunale del Riesame di Catanzaro lamentandosi:
– la nullità dell’ordinanza per difetto di motivazione ai sensi dell’art.
292 cod. proc. pen.;
– la nullità dell’ordinanza per violazione del principio del

ne bis in

idem;
– nel merito, l’insussistenza del quadro indiziario e cautelare, con
conseguente richiesta di revoca della misura in atto ovvero la sua
sostituzione con altra meno afflittiva.
3.

Con ordinanza in data 23.12.2013, il Tribunale di Catanzaro, in
accoglimento del gravame nella sua istanza subordinata, sostituiva la
misura cautelare della custodia in carcere con quella degli arresti
domiciliari.

4.

Avverso detta ordinanza veniva proposto, nell’interesse di Arena
Salvatore, ricorso per cassazione per manifesta illogicità e
contraddittorietà della motivazione in relazione all’art. 192 cod. proc.
pen. con riferimento agli artt. 273 e ss. cod. proc. pen..
In particolare, ci si lamenta del fatto che il Tribunale abbia adottato
una motivazione assolutamente non pertinente, illogica ed
irragionevole dalla quale si desume la fondatezza della censura
difensiva, per la obiettività dei dati che non danno spazio, se non ad
una costruzione motivazionale infondata, che dimostra di ignorare
l’argomentare della difesa e che omette di rispondere alle doglianze
difensive e, aderendo a quanto prospettato acriticamente dal giudice
per le indagini preliminari, rileva il valore indiziario di conversazioni
di indubbia interpretazione omettendo di indicare l’iter logico seguito
e le ragioni del superamento delle obiezioni difensive.

CONSIDERATO IN DIRITTO

2

5.

Il ricorso è manifestamente infondato per totale genericità e, come
tale, inammissibile.
È anzitutto necessario chiarire, sia pur in sintesi, i limiti di
sindacabilità da parte di questa Corte Suprema dei provvedimenti
adottati dal giudice del riesame sulla libertà personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte Suprema, che il Collegio
condivide e reputa attuale anche all’esito delle modifiche normative

6.

che hanno interessato l’art. 606 cod. proc. pen. (cui l’art. 311 cod.
proc. pen. implicitamente rinvia), in tema di misure cautelari
personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di
motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in
ordine alla consistenza dei gravi indizi di. colpevolezza, alla Corte
Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare
natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se
il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che
l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico
dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione
riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni
della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento
delle risultanze probatorie. Si è anche precisato che la richiesta di
riesame, mezzo di impugnazione, sia pure atipico, ha la specifica
funzione di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare
con riguardo ai requisiti formali indicati nell’art. 292 cod. proc. pen.,
ed ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del
provvedimento coercitivo: ciò premesso, si è evidenziato che la
motivazione della decisione del Tribunale del riesame, dal punto di
vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal
citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen.,
con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della
pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente
all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata
probabilità di colpevolezza (Cass., Sez. un., n. 11 del 22/03/2000,
Audino, rv. 215828; conforme, dopo la novella dell’art. 606 cod.
proc. pen., Cass., Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, Terranova, rv.
237012).
Si è successivamente osservato, sempre in tema di impugnazione

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delle misure cautelari personali, che il ricorso per cassazione è
ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di
legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del
provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto,
ma non anche quando propone censure che riguardino la
ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione
delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Cass., Sez. 5, n.

46124 dell’08/10/2008, Pagliaro, rv. 241997; Cass., Sez. 6, n.
11194 dell’ 08/03/2012, Lupo, rv. 252178).
L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 cod. proc.
pen.) e delle esigenze cautelari (art. 274 cod. proc. pen.) è, quindi,
rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di
specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della
motivazione secondo la logica ed i principi di diritto, rimanendo
“all’interno” del provvedimento impugnato; il controllo di legittimità
non può, infatti, riguardare la ricostruzione dei fatti e sono
inammissibili le censure che, pur formalmente investendo la
motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito,
dovendosi in sede di legittimità accertare unicamente se gli elementi
di fatto sono corrispondenti alla previsione della norma
incriminatrice.
Il Tribunale del riesame ha valorizzato, ad integrazione del
necessario quadro di gravità indiziaria legittimante l’emissione della
impugnata misura coercitiva, una articolata serie di elementi, dai
quali – con motivazione esauriente, logica, non contraddittoria, come
tale esente da vizi rilevabili in questa sede, oltre che in difetto delle
ipotizzate violazioni di legge – è stata nel complesso desunta la
sussistenza del necessario quadro di gravità indiziaria in relazione al
reato ipotizzato, nella specie senz’altro configurabile nei suoi
elementi costitutivi essenziali.
Le doglianze del ricorrente inerenti all’adeguatezza del quadro
indiziario valorizzato dal Tribunale del riesame si risolvono, al
contrario, nella generica – e non consentita – prospettazione di una
diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito,
laddove in sede di legittimità occorre unicamente accertare se gli
elementi di fatto valorizzati dai giudici del merito siano

4

corrispondenti alla previsione della norma incriminatrice che si
assume violata.
Riconosce, in sintesi, il Tribunale come alla stregua delle risultanze
raccolte, l’Arena Salvatore “… debba senz’altro ritenersi gravemente
indiziato di concorso nei delitti di usura ed estorsione
provvisoriamente ascrittigli, in quanto contitolare del rapporto
usurario instaurato da Ponissa Franco nei confronti di De Luca

Michele, e proprio per tale ragione:
– più volte indicato nelle conversazioni … come destinatario (di parte)
del denaro dovuto dalla persona offesa;
-costantemente informato delle pressioni intimidatorie esercitate dal
Ponissa nei confronti del De Luca;
– in diverse occasioni direttamente intervenuto nella gestione di tale
rapporto e nella correlata condotta estorsiva o, comunque, a
supportare, quanto meno moralmente, il concorrente Ponissa Franco
nella sua reiterata opera di persuasione della vittima, attuata
mediante la rappresentazione di svariati ingiusti danni in caso di
mancata ottemperanza alle proprie pretese creditorie …
Il costante interessamento mostrato da Arena Salvatore allo sviluppo
dell’intera vicenda delittuosa ed il suo legame con Ponissa Franco
inducono logicamente a ritenere che egli senz’altro sapesse o,
quanto meno, non potesse inconsapevolmente ignorare che il
coindagato aveva instaurato il rapporto usurario ed avanzato la
correlata richiesta estorsiva utilizzando espressioni tali da evocare
esplicitamente la presenza alle proprie spalle di un’organizzazione
malavitosa di stampo mafioso al fine di dissuadere la vittima da ogni
forma di denuncia o collaborazione con le istituzioni (come
puntualmente avvenuto) …”.
7. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle
ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativarnente in euro 1.000,00

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento

5

delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla
Cassa delle ammende.

Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 18.6.2014

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