Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30769 del 18/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30769 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 18/06/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di CADDEO Sergio, n. ad Aprilia il
19.11.1971, attualmente sottoposto alla misura cautelare della
custodia in carcere, rappresentato e assistito dall’avv. Fabrizio
D’Amico, avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma, n. 3694/2013, in
data 04.02.2014;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Andrea Pellegrino;
udite le conclusioni del Sostituto procuratore generale dott. Mario
Fraticelli che ha chiesto il rigetto del ricorso nonché la discussione del
difensore avv. Anna Maria Novelli, comparso in sostituzione dell’avv.
Fabrizio D’Amico, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1

1. Con ordinanza in data 19.02.2013, il Giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale di Latina disponeva nei confronti di
Caddeo Sergio la misura cautelare della custodia in carcere in
relazione al delitto di cui agli artt. 56, 629 cod. pen. ai danni di Goro
Emanuele. Con ordinanza in data 04.10.2013, il Tribunale del
Riesame di Roma, rigettava il ricorso proposto e confermava il
provvedimento impugnato. Avverso detto provvedimento veniva

proposto ricorso per cassazione; con sentenza della Suprema Corte
(2^ sezione penale, n. 21812/2014 emessa in data 18.02.14), il
ricorso proposto dal Caddeo veniva dichiarato inammissibile.
2.

Con istanza in data 05.12.2013, la difesa del Caddeo chiedeva al
giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Latina la
sostituzione della misura cautelare della custodia in carcere con
quella degli arresti domiciliari; con ordinanza in data 10.12.2013, il
giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Latina
respingeva l’istanza.

3.

Avverso l’ordinanza de qua, la difesa del Caddeo proponeva appello
al Tribunale di Roma istanza di sostituzione della misura in atto; con
ordinanza in data 04.02.2014, il Tribunale di Roma, rigettando il
gravame, confermava il provvedimento impugnato.

4.

Avverso detta ultima ordinanza, veniva proposto nuovo ricorso per
cassazione lamentando l’insufficienza, la contraddittorietà e
l’illogicità della motivazione chiedendone l’annullamento alla luce
dell’omessa valutazione e della mancata risposta alle proposte
doglianze difensive e segnatamente del contenuto della disposta
intercettazione telefonica intervenuta tra il Caddeo ed il Goro, nel
corso della quale quest’ultimo specificava di essere caduto dalla
bicicletta, procurandosi in tal modo le lesioni al medesimo refertate.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5.

Il ricorso è infondato e, come tale, va rigettato.

6.

È anzitutto necessario chiarire, sia pur in sintesi, i limiti di
sindacabilità da parte di questa Corte Suprema dei provvedimenti
adottati dal giudice della cautela sulla libertà personale.
Secondo l’orientamento di questa Corte Suprema, in tema di misure
cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per

2

cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal
giudice della cautela in ordine alla consistenza dei gravi indizi di
colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in
relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che
ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente
conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del
quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza

della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti
rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano
l’apprezzamento delle risultanze probatorie (cfr., Cass., Sez. 1, n.
4844 del 26/11/1992-dep. 11/01/1993, Granillo, rv. 192926,
secondo la quale è preclusa, nel giudizio rescindente, la possibilità di
controllo delle risultanze processuali per verificare l’esattezza e la
completezza della valutazione compiuta dal giudice di merito degli
elementi di prova disponibili ai fini della decisione sulla necessità di
adottare la misura cautelare e sulla scelta della medesima).
Si è inoltre osservato, sempre in tema di impugnazione delle misure
cautelari personali, che il ricorso per cassazione è ammissibile
soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge,
ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento
secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche
quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti
ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze
esaminate dal giudice di merito (Cass., Sez. 5, n. 46124
dell’08/10/2008, Pagliaro, rv. 241997; Cass., Sez. 6, n. 11194 dell’
08/03/2012, Lupo, rv. 252178).
L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (art. 273 cod. proc.
pen.) e delle esigenze cautelari (art. 274 cod. proc. pen.) è, quindi,
rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di
specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della
motivazione secondo la logica ed i principi di diritto, rimanendo
“all’interno” del provvedimento impugnato; il controllo di legittimità
non può, infatti, riguardare la ricostruzione dei fatti e sono
inammissibili le censure che, pur formalmente investendo la
motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa
valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito,
dovendosi in sede di legittimità accertare unicamente se gli elementi

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di fatto siano corrispondenti alla previsione della norma
incriminatrice.
Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice dell’appello, ha
valorizzato, ad integrazione del necessario quadro di gravità
indiziaria legittimante l’emissione della impugnata misura coercitiva,
una articolata serie di elementi (non tralasciandone alcuno), dai quali
– con motivazione esauriente, logica, non contraddittoria, come tale

esente da vizi rilevabili in questa sede – è stata nel complesso
desunta la sussistenza del necessario quadro di gravità indiziaria in
relazione al reato ipotizzato, nella specie senz’altro configurabile a
carico del Caddeo nei suoi elementi costitutivi essenziali.
7.

Su queste premesse, osserva il Collegio come il provvedimento
impugnato, “superando” le odierne censure difensive, dia conto del
fatto che le sommarie – ed inverosimili – informazioni rese da Goro
Manuele e da Ruotolo Natascia al pubblico ministero in data
23.10.2013 (successive all’emissione della misura cautelare in atto)
non avessero modificato il quadro indiziario: inverosimiglianza
derivante – afferma il Tribunale – “… dalla circostanza che queste
dichiarazioni risultano smentite dalle intercettazioni telefoniche, dalle
quali emergono le ragioni della richiesta di denaro da parte del
Caddeo al Goro ed il pestaggio che quest’ultimo subisce da parte del
Caddeo (apparendo allora del tutto non credibile … l’assunta caduta
dalla bicicletta quale causa delle fratture subite), ed anche da
quanto, poi, è risultato dalle cartelle cliniche della struttura sanitaria
ove il Goro si è recato dopo l’aggressione”. In questo quadro conclude il Tribunale – “… i fatti evidenziati dall’appellante non hanno
un effettivo contenuto di novità … idoneo a far venir meno i gravi
indizi di colpevolezza od ad attenuare le esigenze cautelari a suo
tempo rappresentate …”: da qui il rigetto del gravame.

8.

Alla pronuncia consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si provveda a
norma dell’art. 94 comma 1 ter disp. att. cod. proc. pen.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

4

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94 comma 1

ter disp. att. cod. proc. pen..

Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 18.6.2014

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