Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30768 del 18/06/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30768 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di PAPPALARDO Nino, n. a Catania
il 08.11.1967, rappresentato e assistito dall’avv. Angelo Vallefuoco,
avverso l’ordinanza del Tribunale di Roma, n. 1086/2013 in data
30.01.2014;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Andrea Pellegrino;
udite le conclusioni del Sostituto procuratore generale dott. Mario
Fraticelli che ha chiesto il rigetto del ricorso nonché la discussione
della difesa, avv. Filippo Loria, comparso in sostituzione dell’avv.
Angelo Vallefuoco, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto in data 28.11.2013, la Procura della Repubblica presso il

Ìi

Data Udienza: 18/06/2014

Tribunale di Roma disponeva la perquisizione dell’abitazione e di altri
luoghi nella disponibilità di Pappalardo Nino in relazione al delitto di
cui all’art. 12-quinquies I. 356/1992 avente ad oggetto la fittizia
intestazione di un immobile sito in Roma via Firenze 32 al fine di
eludere la normativa in materia di prevenzione patrimoniale, in
concorso con Alvaro Vincenzo, in riferimento a procedimento nei
confronti di questi, conclusosi con decreto di confisca del Tribunale di

Reggio Calabria del 18.07.2011, da cui tale bene è perciò rimasto
escluso. Perquisizione finalizzata alla ricerca ed al consequenziale
sequestro di “documenti cartacei ed informatici descrittivi dei
rapporti esistenti tra gli indagati ed eventuali intermediari in
relazione all’acquisto dell’immobile … nonché di ogni altra cosa
pertinente al reato per cui si procede”. In esecuzione del predetto
provvedimento, il Pappalardo subiva il sequestro, il 29.11.2013, di
documentazione attinente quanto specificamente indicato.
2.

Con richiesta di riesame presentata in data 09.12.2013, la difesa del
Pappalardo, nel chiedere l’annullamento del decreto di sequestro,
contesta esclusivamente la sussistenza del fumus commissi delicti
adducendo, attraverso la documentazione prodotta, di essere
proprietario del bene, acquistato con propri fondi, al prezzo di euro
1.950.000,00.

3.

Con ordinanza in data 30.01.2014, il Tribunale di Roma respingeva il
gravame, confermando il decreto impugnato.
Avverso il provvedimento del Tribunale di Roma veniva proposto
ricorso per cassazione lamentando violazione di legge in relazione
all’art. 12-quinquies I. n. 356/1992. Sostiene il ricorrente che, se è
pur vero che il reddito del Pappalardo appare sproporzionato rispetto
all’acquisto di un immobile di quasi due milioni di euro, è altrettanto
vero che appare pienamente dimostrata la lecita provenienza dei
capitali utilizzati per l’acquisto in parola, capitali provenienti dalla
vendita di altro immobile effettuata per euro 1.870.000,00: immobile
acquisito dalla Pirelli Re e proveniente dalle c.d. cartolarizzazioni
degli immobili dell’INA per euro 572.000 (ad un prezzo quindi
necessariamente sottostimato rispetto all’effettivo valore di un buon
30% ed acquistato con un mutuo trentennale garantito dallo
stipendio e da fideiussioni rilasciate da parenti).

2

CONSIDERATO IN DIRITTO

4.

Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, inammissibile.

5.

Con riferimento al

thema decidendum,

vanno preliminarmente

rammentate le regole in tema di impugnazione del provvedimento
impositivo di cautela reale. Innanzitutto va considerato che, con il
ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., può

motivazione. Ma, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ricorre
violazione di legge laddove la motivazione stessa sia del tutto
assente o meramente apparente, non avendo i pur minimi requisiti
per rendere comprensibile la vicenda contestata e l’iter logico seguito
dal giudice del provvedimento impugnato. In tale caso, difatti, atteso
l’obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, viene a
mancare un elemento essenziale dell’atto.
Va anche ricordato che, anche se in materia di sequestro preventivo,
il codice di rito non richiede che sia acquisito un quadro probatorio .4)>RmAW
come per le misure cautelari personali, non è però sufficiente
prospettare un fatto costituente reato, limitandosi alla sua mera
enunciazione e descrizione. È invece necessario valutare le concrete
risultanze istruttorie per ricostruire la vicenda anche al semplice
livello di “fumus” al fine di ritenere che la fattispecie concreta vada
ricondotta alla figura di reato configurata; è inoltre necessario che
appaia possibile uno sviluppo del procedimento in senso favorevole
all’accusa nonché valutare gli elementi di fatto e gli argomenti
prospettati dalle parti. A tale valutazione, poi, dovranno aggiungersi
le valutazioni in tema di periculum in mora che, necessariamente,
devono essere riferite ad un concreto pericolo di prosecuzione
dell’attività delittuosa ovvero ad una concreta possibilità di condanna
e, quindi, di confisca (cfr., Cass., Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013dep. 11/02/2013, Gabriele, rv. 254893).
Peraltro, sebbene il giudice del riesame non possa sindacare la
fondatezza e/o attendibilità degli elementi probatori addotti
dall’accusa a sostegno della misura cautelare, lo stesso è tenuto
comunque ad operare un raffronto tra la fattispecie astratta (legale)
e la fattispecie concreta (reale), così da imporre il suo potere
demolitorio nei soli casi in cui la difformità sia rilevabile ictu ()cui/

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essere dedotta la violazione di legge e non anche il vizio di

ovvero nei casi in cui gli elementi probatori non siano pertinenti o
utilizzabili.
6.

Poste tali premesse, ritiene questo Collegio come le valutazioni e gli
apprezzamenti probatori operati dai giudici di merito, e nella specie
espressi nel provvedimento impugnato, trovino una giustificazione
che risulta completa nonché fondata su argomentazioni
giuridicamente corrette, adeguate e coerenti, il tutto in presenza di

7.

un ragionamento probatorio indenne da vizi logici.
Invero, nell’ordinanza oggetto di gravame, si da atto degli esiti delle
indagini di polizia giudiziaria da cui sono stati tratti elementi
considerati sufficienti ad integrare il fumus commissi delicti e che
depongono, nella motivazione del Tribunale, per la natura fittizia
dell’intestazione al ricorrente dell’immobile sito in Roma via Firenze
32, allo scopo elusivo contestato. Tale conclusione viene tratta:
-in primo luogo, dall’originaria appartenenza del bene a soggetti (la
famiglia Cocullo, da cui Pappalardo l’ha acquistato) sospettati di
essere in rapporti con la cosca di ‘ndrangheta di cui l’Avaro è a capo
(grazie ai repentini passaggi di proprietà da una società all’altra il
bene, già sequestrato il 20.05.2009, è stato escluso dalla confisca);
-in secondo luogo, dal prezzo della compravendita, del tutto
esorbitante rispetto alle verificate capacità reddituali del Pappalardo,
ufficiale dei carabinieri con il grado di capitano.
A fronte di questo il Tribunale ha evidenziato come la difesa non
avesse comunque spiegato con quali garanzie, viste le limitate
risorse reddituali, il ricorrente sia stato in grado di accedere ad un
mutuo bancario di 500.000,00 euro nel 2004, aggiungendovi altri
72.000,00 euro per l’acquisto dell’immobile di via Po; e con quali
mezzi lo stesso abbia potuto versare, un anno dopo, altri 200.000,00
euro a titolo di “caparra” per l’acquisto (poi non concluso) di altro
immobile; assolutamente inverosimile, infine, la circostanza che
l’immobile di via Po sia stato rivenduto, nel 2010, per il corrispettivo
di euro 1.870.000,00 (quasi il quadruplo del prezzo di acquisto),
provvista successivamente utilizzata per l’acquisto del bene in
contestazione.
8.

Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese
processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle

4

ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti
dal ricorso, si determina equitativamente in euro 1.000,00

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa

Così deliberato in Roma, udienza in camera di consiglio del 18.6.2014

delle ammende.

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