Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30762 del 10/04/2014
Penale Sent. Sez. 2 Num. 30762 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: IASILLO ADRIANO
SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avvocato Nicola Cornacchia, quale difensore di
Monterisi Riccardo (n. il 15/06/1978), avverso l’ordinanza del Tribunale di
Bari, in data 07/11/2013.
Sentita la relazione della causa fatta dal Consigliere Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottoressa Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del
ricorso.
Data Udienza: 10/04/2014
Osserva:
Con ordinanza del 21.10.2013, il G.I.P. del Tribunale di Bari emise la
misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla P.G. nei confronti di
Monterisi Riccardo, indagato per il reato di tentata estorsione continuata; con
l’aggravante della recidiva specifica reiterata.
riesame ma il Tribunale di Bari, con ordinanza del 07.11.2013, la respinse.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo: la
mancanza e la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta
sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza (che i giudici di merito desumono
solo dalle dichiarazioni della P.O. non riscontrate) e delle esigenze cautelari.
Il difensore del ricorrente conclude, quindi, per l’annullamento
dell’impugnata ordinanza.
motivi della decisione
Il ricorso è inammissibile per violazione dell’art. 591 lettera c) in
relazione all’art. 581 lettera c) cod. proc. pen., perché le doglianze (sono le
stesse affrontate dal Tribunale) sono prive del necessario contenuto di critica
specifica al provvedimento impugnato, le cui valutazioni, ancorate a precisi
dati fattuali trascurati nell’atto di impugnazione, si palesano peraltro immuni
da vizi logici o giuridici. Infatti il Tribunale ha con esaustiva, logica e non
contraddittoria motivazione, evidenziato tutte le ragioni dalle quali desume i
gravi indizi di colpevolezza a carico dell’indagato per i reati di cui sopra
(quanto accertato dalla P.G. e riportato nel verbale di arresto; dichiarazioni
delle P.O. De Carolis; dichiarazioni del teste Marchione, guardia giurata, e di
Zappimbulso, cliente dell’esercizio commerciale della P.O.; dichiarazioni
dello stesso indagato). Come già rilevato, il ricorrente non tiene
assolutamente conto di quanto evidenziato nell’impugnato provvedimento
contro il quale muove generiche contestazioni in fatto.
Manifestamente infondata è anche la doglianza relativa alla ritenuta
sussistenza dell’esigenze cautelari. Infatti, il Giudice di merito espone, in
modo chiaro ed esaustivo, perché ritenga sussistente l’esigenza cautelare
o
Avverso il prowedimento di cui sopra l’indagato propose istanza di
del pericolo di reiterazione del reato di cui all’articolo 274, lettera C, del
c.p.p., valutando correttamente gli elementi acquisiti (gravità del fatto e
personalità dell’indagato con precedenti penali specifici).
Sul punto questa Suprema Code ha più volte affermato il principio condiviso dal Collegio – che in tema di esigenze cautelari, il pericolo di
reiterazione del reato può essere desunto dai criteri stabiliti dall’ad. 133 cod.
pen., tra i quali sono ricompresi le modalità e la gravità del fatto e la
personalità dell’indagato, sicchè non deve essere considerato il tipo di reato
o una sua ipotetica gravità, bensì devono essere valutate — come nel caso di
specie – situazioni correlate con i fatti del procedimento ed inerenti ad
elementi sintomatici della pericolosità dell’indagato (Sez. 4, Sentenza n.
34271 del 03/07/2007 Cc. – dep. 10109/2007 – Rv. 237240).
A fronte di tutto quanto sopra esposto, come si è già detto, il ricorrente
contrappone, quindi, solo generiche contestazioni. In proposito questa Corte
ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio, che è inammissibile
il motivo di ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione della
correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle
dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le affermazioni del
provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di aspecificità, che
conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen. all’inammissibilità
(Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del 30.9.2004 – dep. 11.10.2004 rv 230634).
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché —
ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti.
P.Q.M.
g
3
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di mille euro alla cassa delle ammende.
Il Consigliere estensore
Il Presidente
Dottor Adriano lasillo
ottor Franci, Fiandanese
Così deliberato in camera di consiglio, il 10/04/2014.