Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30759 del 18/06/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 30759 Anno 2014
Presidente: GENTILE MARIO
Relatore: PELLEGRINO ANDREA

Data Udienza: 18/06/2014

SENTENZA
Sul ricorso proposto nell’interesse di PANAIA Giovanni, n. a Locri il
22.02.1975, rappresentato e assistito dall’avv. Cosimo Albanese,
avverso la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Reggio Calabria,
n. 1248/2013, in data 21.11.2013;
rilevata la regolarità degli avvisi di rito;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere dott. Andrea Pellegrino;
udite le conclusioni del Sostituto procuratore generale dott. Mario
Fraticelli che ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata nonché la discussione della difesa avv. Amedeo Rizza, in
sostituzione dell’avv. Cosimo Albanese, che ha chiesto l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1

1.

Con sentenza in data 21.05.2013, il Tribunale di Locri, in
composizione monocratica, all’esito del disposto giudizio
abbreviato, dichiarava la penale responsabilità di Panaia Giovanni
per il reato di cui agli artt. 628 cod. pen., 36 I. n. 104/1992 in
danno di Costa Natale e, previo riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche equivalenti alla contestata circostanza
aggravante ed alla recidiva, lo condannava alla pena di anni due

e mesi quattro di reclusione ed euro 1.000,00 di multa (fatto
commesso in Roccella Jonica il 14.04.2013).
2.

Avverso detta pronuncia, il Panaia, assistito da difensore,
proponeva appello adducendo:
– mancanza dell’elemento oggettivo del reato per essere l’evento
denunziato dal Costa non sorretto da alcuna prova documentale;
– erronea affermazione della penale responsabilità dell’imputato in
ragione della sussistenza del vizio di mente di cui all’art. 88 cod.
pen.;
-erronea quantificazione della pena in ragione della ritenuta
aggravante di cui all’art. 36 I. n. 104/1992, equiparata
all’attenuante.

3.

Con sentenza in data 21.11.2013, la Corte d’Appello di Reggio
Calabria, rigettando il gravame, confermava la sentenza
impugnata.

4.

Avverso detta sentenza, il Panaia, assistito da difensore, propone
ricorso per cassazione lamentando la violazione dell’art. 606,
comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen., per erronea applicazione
della legge penale ed illogicità della motivazione in relazione
all’art. 88 cod. pen..
In particolare, assume il ricorrente come la malattia da cui risulta
affetto l’imputato (disturbo border-line di personalità) quale
acclarato dalla documentazione prodotta, ha senz’altro fatto venir
meno la sua capacità di intendere e di volere, avendo
necessariamente inciso sulla propria sfera volitiva, scemando la
sua colpevolezza.

CONSIDERATO IN DIRITTO

5. Il ricorso è infondato e, come tale, immeritevole di

2

accoglimento.
6. Il giudice di merito, in punto imputabilità del ricorrente, ha dato
conto adeguatamente delle ragioni della propria decisione,
sorretta da motivazione congrua, affatto immune da illogicità di
sorta, sicuramente contenuta entro i confini della plausibile
opinabilità di apprezzamento e valutazione ed assolutamente
idonea a “superare” le odierne infondate censure difensive.

Invero, la sentenza di secondo grado dopo aver premesso che il
tema della imputabilità era già stato trattato dal giudice di prime
cure, nel rifarsi ed avallare quelle conclusioni, riconosce come
dalla documentazione prodotta dalla difesa emergesse
certamente la circostanza che il prevenuto fosse affetto da un
disturbo di personalità NAS e fosse solito abusare di sostanze
alcoliche, ma ha concluso ritenendo che “… per quanto tali
condizioni abbiano certamente inciso sul fatto in contestazione, la
documentazione medesima (ndr., consistita in tre perizie,
rispettivamente del 2007, del 2008 e del 2009) non consent(isse)
di ravvisare un vizio di mente suscettibile di elidere o attenuare
la responsabilità ai sensi degli artt. 88 e 89 cod. pen.”. In
relazione ai contenuti delle tre perizie, la Corte territoriale ha
ritenuto come solo una di queste (la perizia del 2008 a firma del
dott. Romeo), aveva ritenuto l’esistenza di un vizio parziale di
mente peraltro “sulla base di indicazioni di principio per lo più
generiche”; tutta la restante documentazione, di contro,
confermava il richiamato disturbo di personalità senza tuttavia
fornire “significativi elementi che giustificassero dubbi in ordine
alla capacità di intendere e di volere del prevenuto; questi, fra
l’altro, nell’interrogatorio reso ai fini della convalida dell’arresto e
nelle successive dichiarazioni spontanee, ha dimostrato di avere
chiara percezione del disvalore del fatto, specie allorchè ha
cercato di sostenere che Costa gli aveva spontaneamente
consegnato l’orologio, e di essere pienamente in grado di
determinarsi anche ai fini della difesa nel giudizio”.
Come è noto, afferma la giurisprudenza di questa Suprema Corte
(cfr., Cass., Sez. 1, n. 48841 del 31/01/2013, dep. 05/12/2013,
Venzi e altro, Rv. 258444) che, in tema di imputabilità, ai fini del
riconoscimento del vizio totale o parziale di mente, possono

3

rientrare nel concetto di “infermità” anche i disturbi della
personalità o comunque tutte quelle anomalie psichiche non
inquadrabili nel ristretto novero delle malattie mentali, purchè
siano di consistenza, intensità e gravità tali da incidere
concretamente sulla capacità di intendere e di volere,
escludendola o facendola scemare grandemente, e sussista un
nesso eziologico tra disturbo mentale e condotta criminosa,

caratteriali o alterazioni o disarmonie della personalità prive dei
caratteri predetti, nonché agli stati emotivi e passionali che non
si inseriscano, eccezionalmente, in un quadro più ampio di
infermità.
Fermo quanto precede, nella fattispecie non solo non risulta
dimostrato che il ritenuto disturbo della personalità sia stato di
consistenza, intensità e gravità tali da incidere sulla capacità di
intendere e di volere ma nemmeno risulta dimostrato il nesso
eziologico tra il (preteso) disturbo mentale e l’attuata condotta
criminosa.
7. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali

PQM

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 18.6.2014

mentre nessun rilievo deve riconoscersi ad altre anomalie

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA