Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30752 del 21/05/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30752 Anno 2014
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: PRESTIPINO ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MORELLI ORLANDO N. IL 22/10/1975

avverso la sentenza n. 3850/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 17/12/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 21/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO PRESTIPINO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.GIANLUIGI
PRATOLA
che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Udito il difensore Avv. MARIO GIRALDI che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 21/05/2014

Ritenuto in fatto
Ha proposto ricorso per cassazione Morelli Orlando avverso la sentenza della Corte di
Appello di L’Aquila del 17.12.2012, che in riforma della sentenza di condanna
pronunciata nei suoi confronti dal GUP Tribunale di Avezzano il 13.7.2010, eliminò la
statuizione accessoria della dichiarazione di professionalità nel reato, confermando nel
resto la sentenza di primo grado anche in ordine alla dichiarazione di abitualità nel
reato.
Secondo l’accusa, il Morelli, dopo avere pattuito con Marciello Antonio la vendita di
alcuni mezzi escavatori meccanici, aveva preteso e ottenuto da quest’ultimo, con
minacce verbali, il versamento anticipato della somma di euro 9000, non avendo poi
mai consegnato i mezzi.
La Corte rileva che l’esistenza di trattative negoziali tra le parti per la vendita di alcun
escavatori era stata pacificamente accertata; che era pacifica anche la circostanza che
la persona offesa si fosse recata presso il luogo in precedenza concordato per la
consegna dei mezzi accompagnata da un suo collaboratore, Sciarrini Angelo, e che
avesse trovato sul posto (non i mezzi) ma il ricorrente; che, infine, tutti i convenuti si
erano allontanati dal luogo dell’appuntamento a bordo dell’auto del Morelli, che si era
diretto verso una località isolata. Considerando anche le risultanze dei tabulati telefonici
sui traffici di utenza riferibili agli apparecchi delle parti nel giorno del commesso reato e
l’inverosimiglianza della tesi difensiva della spontanea anticipazione, da parte della
persona offesa, di una somma così consistente come i 9000 euro versati al ricorrente,
senza alcuna garanzia sulla disponibilità dei mezzi, la Corte ribadisce quindi il giudizio di
piena attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa.
Atteso il contesto intimidatorio in cui sarebbe avvenuta la consegna del denaro, i giudici
di appello escludono anche, in punto di qualificazione giuridica del fatto, l’ipotesi
alternativa della truffa proposta dalla difesa.
Deduce il ricorrente:
1.Illogicità della motivazione e travisamento dei fatti in punto di responsabilità. La Corte
di merito avrebbe trascurato che nessun elemento di minaccia potrebbe ravvisarsi nelle
circostanze dei fatti, in particolare con riferimento alla dichiarata qualità di zingaro del
Morelli, di cui il Marciello sarebbe stato già a conoscenza;i1 fatto potrebbe quindi essere
ricondotto alla meno grave ipotesi della truffa.
2. Illogicità della motivazione in punto di denegato concessione dell’attenuante di cui
all’art. 62 nr. 6 cod. pen. nonostante la difesa avesse prodotto la dichiarazione scritta
della persona offesa di avere ottenuto la restituzione della somme versate nel corso del
giudizio di appello;i dubbi sull’autenticità del documento avrebbero dovuto indurre la
Corte di merito ad effettuare ulteriori accertamenti;
3. difetto di contestazione sull’abitualità nel reato. Non sarebbe infatti sufficiente, al
riguardo, il mero riferimento agli artt. 102 e 103 cod. pen.
Considerato in diritto
Il ricorso è manifestamente infondato.
1. In punto di responsabilità, le deduzioni difensive vanamente cercano di insidiare la
tenuta logico-giuridica delle motivazioni della sentenza di appello, saldamente ancorate
all’evidente anomalia della consegna “anticipata”, da parte della persona offesa, al
Morelli, della cospicua somma di euro 9000 e alle circostanze in cui essa era avvenuta.
La questione difensiva della pregressa conoscenza,da parte del Marciello, della
condizione di zingaro del ricorrente è poi del tutto irrilevante. Altro è che il Marciello già
potesse sapere di avere a che fare con un soggetto di etnia rom; altro è che il Morelli
abbia speso la sua qualità di zingaro a sostegno dell’arbitraria pretesa di ottenere la
consegna di somme senza offrire alcuna garanzia sull’esistenza dell’oggetto della
compravendita, alludendo, in sostanza, ad ambigue ed insidiose solidarietà etniche.
Ritenuta la sussistenza della minaccia, del tutto correttamente la Corte di merito ha
escluso l’ipotesi alternativa della truffa.
2. Quanto alla denegata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 nr. 6, o delle
attenuanti generiche, la prima sarebbe comunque esclusa dalla tardività del
risarcimento rispetto alla previsione dell’art. 62 nr. 6; per il resto, la Corte di merito non
solo avanza dubbi sull’autenticità della dichiarazione liberatoria del Marciello, ma
sottolinea, con apprezzamento esente da qualunque censura di legittimità, che in ogni

caso, anche ad ammettere la realtà storica del risarcimento, la circostanza non avrebbe
potuto giustificare nemmeno la concessione delle attenuanti generiche, troppo
significativi ed inquietanti essendo i precedenti penali dell’imputato e la gravità del fatto.
3. Quanto al terzo motivo, è del tutto condivisibile la valutazione della Corte di merito
circa la sufficienza della contestazione dell’abitualità, trattandosi di abitualità presunta
per legge, i cui presupposti sono quindi senz’altro evocati con il riferimento all’art. 102
cod. pen., accompagnato, peraltro, nella specie, nella formulazione dell’imputazione,
dalla precisazione che il Morelli già si trovasse all’epoca dei fatti, nelle condizioni
soggettive previste dalla norma.
Alla stregua delle precedenti considerazioni il ricorso va pertanto dichiarato
inammissibile, con la condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende,
commisurata all’effettivo grado di colpa dello stesso ricorr nte nella determinazione
della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
li e della somma di euro 1000,00 alla Cassa delle
mende.
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Roma, nella camera di consiglio, il 21.5.2014
Così
Il 1 sidente
Il cnialire elaore

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