Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30747 del 24/02/2015
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30747 Anno 2015
Presidente: IANNELLI ENZO
Relatore: CERVADORO MIRELLA
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
STABILE UGO N. IL 10/03/1968
avverso la sentenza n. 740/2013 CORTE APPELLO di SALERNO, del
27/09/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;
Data Udienza: 24/02/2015
RG 12212/2014 Stabile Ugo
Considerato che:
Il ricorrente chiede l’annullamento della sentenza in epigrafe, e deduce l’erronea applicazione della legge penale e
la carenza di motivazione in ordine alla sussistenza del reato di ricettazione, all’attendibilità delle dichiarazioni della parte
offesa e al mancato accoglimento dell’istanza di perizia.
I motivi di ricorso ripropongono in modo del tutto generico le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal
giudice del gravame, e pertanto sono da considerarsi non specifici per la mancanza di correlazione tra le ragioni
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, conducente, ai sensi dell’art.591, co.1 lett.c) c.p.p.,
nell’inammissibilità (Cass.Sez.IV n.5191/2000 Rv.216473).
Premesso che, ai fini della configurabilità del reato di ricettazione, la prova dell’elemento soggettivo può essere
raggiunta anche sulla base dell’omessa – o non attendibile – indicazione della provenienza della cosa ricevuta, la quale e’
sicuramente rivelatrice della volontà di occultamento, logicamente spiegabile con un acquisto in mala fede. (Cass. Sez. 2,
27.2.97, Savic, 207313), e che – in tal caso – la ricorrenza dell’elemento indicativo del dolo non viene affermata sulla base
della stigmatizzazione negativa della legittima scelta dell’imputato di tacere, ma sulla base del fatto oggettivo che lo stesso
non ha ritenuto di dare alcuna spiegazione in ordine alle circostanze e alle modalità nelle quali e con le quali ebbe ricevere
la cosa provento di delitto (Cass.Sez.II, n.35176/07; Sez.II, n.15757/03; Sez.II, n. 1176/03); rileva il Collegio che la Corte
territoriale, con motivazione congrua ed esente da evidenti vizi logici, ha illustrato le ragioni per le quali, sulla scorta delle
risultanze processuali, ha ritenuto l’attendibilità delle dichiarazioni della parte offesa e la non necessità della perizia grafica.
Il ricorso va dichiarato quindi inammissibile. Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una
somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso (v.Corte Cost. sent.n.186/2000), si determina equitativamente
in Euro 1000.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di
Euro 1000 in
re della Cassa delle ammende.
.2.2015
liere este ore
Il
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argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le