Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30743 del 10/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30743 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: BELTRANI SERGIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MUNI’ LOREDANA N. IL 06/08/1987
avverso la sentenza n. 1466/2010 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 28/06/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. SERGIO BELTRANI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ) -(14–LQ_
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rvs: (.01.4 <9 (La 1-41-LtAidicm."4 Data Udienza: 10/04/2014 RITENUTO IN FATTO Con b sentenza indicata in epigrafc, b Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza emessa in data 27 maggio 2009 dal Tribunale di Agrigento in composizione monocratica, ha dichiarato l'odierna ricorrente colpevole di danneggiamento aggravato (con violenza su cose esposte alla pubblica fede) - così riqualificato il reato di cui all'art. 424 c.p. inizialmente ascrittole - condannandola (con le già concesse attenuanti generiche prevalenti sulle aggravanti concorrenti) alla pena ritenuta di giustizia, oltre Contro tale provvedimento, l'imputata (con l'ausilio di un difensore iscritto nell'apposito albo speciale) ha proposto ricorso per cassazione, deducendo i seguenti motivi, enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p.: I - violazione dell'art. 603 c.p.p. (lamentando la mancata rinnovazione parziale del dibattimento per provvedere ad acquisizioni dibattimentali); Il - mancanza e manifesta illogicità della motivazione (lamentando: l'inattendibilità della teste quindicenne CHIARA CARIMI; l'omessa considerazione delle dichiarazioni testimoniali di GLORIA ALFANO; l'implausibilità del movente accreditato dalla Corte di appello, poiché non soltanto l'imputata, ma anche molti condomini, avevano ragioni di contrasto con la p.o. GAETANA CARIMI); III - inosservanza ed erronea applicazione degli artt. 635 e 625 n. 2 c.p. (lamentando che la ritenuta aggravante della violenza sulle cose sia già insita nella materialità del ritenuto danneggiamento, e di conseguenza non poteva essere irrogata la pena detentiva in luogo di quella pecuniaria). All'odierna udienza pubblica, è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito; all'esito, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe, e questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti, pubblicato mediante lettura in pubblica udienza. CONSIDERATO IN DIRITTO Il ricorso è, nel suo complesso, infondato. 1. Il primo motivo è generico o comunque manifestamente infondato. alle statuizioni accessorie, anche in favore delle parti civili. 1.1. Deve premettersi che, come già chiarito da questa Corte Suprema, la rinnovazione dell'istruzione dibattimentale nel giudizio di appello è evenienza eccezionale, subordinata ad una valutazione giudiziale di assoluta necessità conseguente all'insufficienza degli elementi istruttori già acquisiti, che impone l'assunzione di ulteriori mezzi istruttori pur se le parti non abbiano provveduto a presentare la relativa istanza nel termine stabilito dall'art. 468 c.p.p. (Sez. sentenza n. 41808 del 27 settembre 2013, CED Cass. n. 256968); e la mancata rinnovazione in appello dell'istruttoria dibattimentale può essere censurata base della decisione impugnata, di lacune o manifeste illogicità, ricavabili dal testo del medesimo provvedimento e concernenti punti di decisiva rilevanza, le quali sarebbero state presumibilmente evitate provvedendosi all'assunzione o alla riassunzione di determinate prove in appello (Sez. VI, sentenza n. 1256 del 28 novembre 2013, dep. 14 gennaio 2014, CED Cass. n. 258236). 1.2. Nel caso di specie, la Corte di appello (f. II s.), con rilievi esaurienti, logici, non contraddittori, e pertanto incensurabili in questa sede, con i quali la ricorrente non si confronta con la necessaria specificità (limitandosi inammissibilmente a riproporre, più o meno pedissequamente, doglianze già ritenute infondate dalla corte di appello), ha compiutamente ricostruito le vicende de quibus ed indicato gli elementi posti a fondamento dell'affermazione di responsabilità e della qualificazione giuridica dei fatti, valorizzando, in particolare (in accordo con la sentenza di primo grado, come è fisiologico in presenza di una doppia conforme affermazione di responsabilità, pur diversa essendo la qualificazione giuridica del fatto accertato): - le dichiarazioni di CHIARA CARIMI, motivatamente ritenute attendibili; - le dichiarazioni di GLORIA ALFANO, inesattamente richiamate in ricorso dall'avv. LAURICELLA, che ne travisa il senso, poiché la teste aveva dichiarato che, nell'immediatezza del fatto, non aveva visto l'imputata (né un diverso soggetto), ma ricordava che l'amica CHIARA CARIMI le aveva immediatamente detto di aver visto la MUNI' e la sorella sul pianerottolo di casa tenere la condotta poi precisata nel capo di imputazione. A tali rilievi, nel complesso, ,g1), ricorrente non ha opposto alcunché di decisivo, se non generiche ed improponibili doglianze, fondate su una personale e congetturale rivisitazione dei fatti di causa. 2 soltanto qualora si dimostri l'esistenza, nell'apparato motivazionale posto a 2. Per le medesime ragioni, è generico o comunque manifestamente infondato anche il secondo motivo. 3. Il terzo motivo è infondato. Pur essendo stata formalmente menzionata - per mero errore materiale la circostanza aggravante di cui all'art. 625, n. 2, c.p., è evidente dalla lettura della motivazione che in realtà la Corte di appello ha ritento la sussistenza della diversa circostanza aggravante di cui all'art. 625, n. 7, c.p., avendo compiuta «con violenza sulle cose che, peraltro, risultavano esposte alla pubblica fede (...)»; d'altro canto, la Corte di appello ha anche fatto espresso riferimento all'art. 635, comma 2, c.p., che richiama, al n. 3, proprio e soltanto la circostanza aggravante di cui all'art. 625, n. 7, c.p. 4. Il rigetto, nel suo complesso, del ricorso comporta, ai sensi dell'art. 616 c.p.p., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali, incluse quelle sostenute dalle parti civili, che vanno liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili CARIMI GAETANA e CARIMI CHIARA in questo grado di giudizio, che liquida complessivamente in euro tremilaquattrocentottanta,00 per compensi, oltre spese forfettarie, IVA e CPA come per legge. Così deciso in Roma, udienza pubblica 10 aprile 2014 Il Consig ere estensore Il Presidente espressamente precisato (f. V) che la condotta di danneggiamento era stata

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