Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30741 del 10/04/2014


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 30741 Anno 2014
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: IASILLO ADRIANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto dall’Avvocato Nicola Giribaldi, quale difensore di Samb
Bada (n. il 06/01/1960), avverso la sentenza della Corte d’appello di Firenze,
Il Sezione penale, in data 01/10/2012.
Sentita la relazione della causa fatta, in pubblica udienza, dal Consigliere
Adriano lasillo.
Udita la requisitoria del Sostituto Procuratore Generale, dottoressa Maria
Giuseppina Fodaroni, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del
ricorso.
OSSERVA:

Data Udienza: 10/04/2014

Con sentenza del 12/02/2010, il Tribunale di Livorno — Sezione
distaccata di Cecina – dichiarò Samb Bada responsabile dei reati a lui ascritti
(capo A: detenzione per la vendita di prodotti con segni falsi in concorso, artt.
81 e 474 del c.p.; capo C: ricettazione degli stessi prodotti, art. 648 del c.p.) e
— con l’attenuante di cui al secondo comma dell’art. 648 del c.p. e ritenuta la
continuazione – lo condannò alla pena di mesi 8 di reclusione ed euro 300,00

Avverso tale pronunzia propose gravame l’imputato. La Corte d’appello
di Firenze, con sentenza del 01/10/2012, in riforma dell’impugnata sentenza,
rideterminò la pena nella misura di mesi 2 di reclusione ed Euro 200,00 di
multa, sostituendo, poi, la pena detentiva con Euro 1.160,00 di multa.
Confermò nel resto l’impugnata sentenza.
Ricorre per cassazione il difensore dell’imputato deducendo la
mancanza e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla sussistenza
di entrambi i reati. Infatti, nel caso di specie il falso è grossolano e quindi non
sussiste il reato di cui all’art. 474 del c.p. e conseguentemente non può
ravvisarsi neppure il reato di ricettazione. Rileva, infine, lo stesso vizio
motivazionale in ordine al trattamento sanzionatorio e al diniego
dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 del cod. penale.
Il difensore del ricorrente conclude, pertanto, per l’annullamento
dell’impugnata sentenza.

motivi della decisione

Il ricorso è privo della specificità, prescritta dall’art. 581, lett. c), in
relazione all’ari 591 lett. c) c.p.p., a fronte delle motivazioni svolte dal giudice
d’appello, che non risultano viziate da illogicità manifeste e sono esaustive.
In particolare la falsità è stata ritenuta dai Giudici di merito in base agli
elementi acquisiti e tale giudizio non può essere messo in dubbio, in questa
sede di legittimità, in forza di generiche osservazioni del ricorrente. La
decisione dei Giudici di merito è, poi, in perfetta linea con la giurisprudenza di
questa Suprema Corte, condivisa dal Collegio, che ha più volte affermato che
integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la vendita di prodotti falsamente
contrassegnati; né, a tal fine, ha rilievo la circostanza che gli acquirenti

di multa.

possano avere consapevolezza della falsità del marchio, considerato che le
norme penali sul falso tutelano l’affidabilità di alcune forme di comunicazione
e di rappresentazione della realtà, prescindendo, di regola, dalla lesione di
ulteriori interessi patrimoniali, con la conseguenza che ciò che rileva non è
una generica idoneità all’inganno della condotta ma solo l’idoneità di un
documento o di un marchio ad assumere un significato descrittivo non
acquirente sia effettivamente ingannato o addirittura consapevole della
falsità, ma solo che il marchio contraffatto sia idoneo a fare falsamente
apparire il prodotto come proveniente da un determinato produttore (Sez. 5,
Sentenza n. 33543 del 21/09/2006 Ud. – dep. 05/10/2006 – Rv. 235225).
Inoltre il reato di introduzione nello Stato e commercio di prodotti con
segni falsi, previsto dall’art. 474 cod. pen., è volto a tutelare, non la libera
determinazione dell’acquirente, ma la pubblica fede, intesa come affidamento
dei consumatori nei marchi, quali segni distintivi della particolare qualità e
originalità dei prodotti messi in circolazione. Ne consegue che non incide sul
perfezionamento del reato (né in relazione a esso può parlarsi di reato
impossibile) il solo fatto che la grossolanità della contraffazione sia
riconoscibile dall’acquirente in ragione delle modalità della vendita, in quanto
la tutela della buona fede apprestata dalla norma non si rivolge al solo
compratore occasionale, ma alla generalità dei soggetti possibili destinatari
dei prodotti provenienti dalle imprese titolari dei marchi, e anche alle imprese
medesime che hanno interesse a mantenere certa la funzione del marchio
(Sez. 5, Sentenza n. 40835 del 20/09/2004 Cc. – dep. 20/10/2004 – Rv.
230913). Infine, integra il delitto di cui all’art. 474 cod. pen. la detenzione per
la vendita di prodotti recanti marchio contraffatto; né, a tal fine, ha rilievo la
configurabilità della cosiddetta contraffazione grossolana, considerato che
l’art. 474 cod. pen. tutela, in via principale e diretta, non già la libera
determinazione dell’acquirente, ma la pubblica fede, intesa come affidamento
dei cittadini nei marchi o segni distintivi, che individuano le opere dell’ingegno
e i prodotti industriali e ne garantiscono la circolazione; si tratta, pertanto, di
un reato di pericolo, per la cui configurazione non occorre la realizzazione
dell’inganno e nemmeno ricorre l’ipotesi del reato impossibile qualora la
grossolanità della contraffazione e le condizioni di vendita siano tali da

P

corrispondente ai fatti e, quindi, nella specie, non rileva che il singolo

escludere la possibilità che gli acquirenti siano tratti in inganno (Sez. 2,
Sentenza n. 20944 del 04/05/2012 Ud. – dep. 31/05/2012 – Rv. 252836; Sez.
5, Sentenza n. 21049 del 26/04/2012 Ud. – dep. 31/05/2012 – Rv. 252974).
Per quanto riguarda la generica doglianza sulla pena oltre a rilevare
che la motivazione della Corte di appello sulla congruità della pena è
incensurabile (come lo è la motivazione sul diniego delle attenuanti

entrambi i giudici di merito hanno irrogato all’imputato una pena inferiore a
quella che si sarebbe dovuta infliggere. Infatti, questa Corte ha più volte
affermato il principio — condiviso dal Collegio — che in tema di concorso di
reati puniti con sanzioni omogenee sia nel genere che nella specie per i quali
sia riconosciuto il vincolo della continuazione, l’individuazione del concreto
trattamento sanzionatorio per il reato ritenuto dal giudice più grave non può
comportare l’irrogazione di una pena inferiore nel minimo a quella prevista
per uno dei reati satellite (Sez. U, Sentenza n. 25939 del 28/02/2013 Cc. dep. 13/06/2013 – Rv. 255348). Nel caso di specie i Giudici di merito hanno
ritenuto, correttamente, quale reato più grave la ricettazione (perché prevede
in astratto la pena più grave), ma avendo riconosciuto l’attenuante di cui al
secondo comma dell’art. 648 del c.p. non avrebbero potuto irrogare una pena
inferiore al minimo edittale previsto per l’art. 474 del c.p. (pari ad anni 1).
Per quanto riguarda la generica doglianza relativa al diniego
dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 del c.p. si deve rilevare che la Corte di
appello richiama un altro consolidato principio di questa Corte — condiviso dal
collegio — secondo il quale l’attenuante di aver cagionato alla persona offesa
del reato un danno patrimoniale di speciale tenuità, prevista dall’art. 62 n. 4
cod. pen., è compatibile con l’ipotesi attenuata di ricettazione prevista dall’art.
648, secondo comma, cod. pen. solo se la valutazione del danno
patrimoniale sia rimasta estranea al giudizio sulla particolare tenuità del fatto
che caratterizza l’ipotesi attenuata di ricettazione, perché ove il danno
patrimoniale sia stato — come nel caso di specie – tenuto presente in tale
giudizio l’attenuante prevista dallo art. 62 n. 4 è assorbita nell’ipotesi
attenuata di cui all’art. 648, secondo comma cod. pen. Sez. 4, (Sez. U,
Sentenza n. 13330 del 26/04/1989 Ud. – dep. 11/10/1989 – Rv. 182221;
Sentenza n. 25321 del 06/05/2004 Ud. – dep. 07/06/2004 – Rv. 228932; Sez.

generiche che, però, non è oggetto di specifica censura) si deve rilevare che

2, Sentenza n. 43046 del 16/10/2007 Ud. – dep. 21/11/2007 – Rv. 238508;
Sez. 2, Sentenza n. 49071 del 04/12/2012 Ud. – dep. 18/12/2012 – Rv.
253906). Invero, alle pagine 3 e 4 dell’impugnata sentenza il Giudice di
merito evidenzia che la valutazione del danno patrimoniale non è rimasta
estranea al giudizio del Tribunale sulla particolare tenuità del fatto che
caratterizza l’ipotesi attenuata di ricettazione.
che è inammissibile il ricorso per cassazione quando manchi l’indicazione
della correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e
quelle poste a fondamento dell’atto di impugnazione, che non può ignorare le
affermazioni del provvedimento censurato, senza cadere nel vizio di
aspecificità, che conduce, ex art. 591, comma primo, lett. c), cod. proc. pen.
all’inammissibilità del ricorso (Si veda fra le tante: Sez. 1, sent. n. 39598 del
30.9.2004 – dep. 11.10.2004 – rv 230634).
Uniformandosi a tale orientamento, che il Collegio condivide, va
dichiarata inammissibile l’impugnazione.
Ne consegue, per il disposto dell’art. 616 c.p.p., la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in
favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di
colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in Euro 1.000,00.

PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa
delle ammende.

Così deliberato in camera di consiglio, il 10/04/2014.

Questa Corte ha più volte affermato il principio, condiviso dal Collegio,

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