Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30668 del 17/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30668 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
D’AMBROSIO STEFANO N. IL 01/03/1978
avverso la sentenza n. 2142/2014 GIP TRIBUNALE di LECCE, del
06/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 17/04/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., il 6 giugno 2014,
il G.i.p. del Tribunale di Lecce ha applicato a D’Ambrosio Stefano, in relazione ai
reati di cui agli artt. 81 cod. pen., 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011 e 116,
comma 13, cod. strad., la pena concordata fra le parti di mesi otto e giorni dieci
di reclusione, già applicati l’aumento per la continuazione e la riduzione per la

2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore, l’imputato che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di unico
motivo, con il quale ha denunciato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e) , cod.
proc. pen., la mancata verifica dell’applicabilità dell’art. 129 cod. proc. pen.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2.

L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo

processuale in virtù del quale l’imputato e il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza delle
circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sulla entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei detti aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato
che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste
dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’imputato non può rimettere in discussione
profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, né può dolersi della entità della
pena da esso stesso sollecitata e della sua complessiva adeguatezza.
3. Nel caso di specie, il motivo di ricorso è manifestamente infondato, atteso
che il Giudice, prima di applicare la pena patteggiata conforme all’accordo tra le
parti, ha controllato l’insussistenza delle condizioni per la pronuncia di una
sentenza di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., richiamando le
acquisizioni probatorie, e in particolare il verbale di arresto in flagranza
dell’imputato con i relativi allegati, e ha coerentemente rilevato l’esatta
qualificazione giuridica dei reati contestati, oltre alla correttezza del trattamento
sanzionatorio nei termini concordati.
2

scelta del rito.

Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995,
dep. 18/10/1995, Serafino, Rv. 202270; Sez. U, n. 20 del 27/10/1999,
dep. 03/12/1999, Fraccari, Rv. 214637).
4. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi

versamento -a favore della Cassa delle ammende- di sanzione pecuniaria che
appare congruo determinare in millecinquecento euro, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento euro alla
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 aprile 2015

atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al

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