Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30665 del 17/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30665 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: TARDIO ANGELA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PREZZAVENTO STEFANO N. IL 24/04/1985
avverso la sentenza n. 4940/2013 TRIBUNALE di CATANIA, del
18/11/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANGELA TARDIO;

Data Udienza: 17/04/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza resa, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., il 18 novembre
2013 il Tribunale di Catania in composizione monocratica ha applicato a
Prezzavento Stefano, in relazione ai reati di cui all’art. 75 d.lgs. n. 159 del 2011
e all’art. 116 d.lgs. n. 285 del 1992, la pena concordata fra le parti di mesi otto e

contestata recidiva aggravata, applicato l’aumento di pena per la continuazione e
operata la riduzione per la scelta del rito.
2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del
suo difensore, l’imputato, che ne ha chiesto l’annullamento sulla base di unico
motivo, con il quale ha denunciato, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed
e) , cod. proc. pen., errata qualificazione giuridica del fatto e manifesta illogicità
della motivazione.
3. In esito al preliminare esame presidenziale, il ricorso è stato rimesso a
questa Sezione per la decisione in camera di consiglio ai sensi degli artt. 591,
comma 1, e 606, comma 3, cod. proc. pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile.
2.

L’applicazione della pena su richiesta delle parti è un meccanismo

processuale in virtù del quale l’imputato e il pubblico ministero si accordano sulla
qualificazione giuridica della condotta contestata, sulla concorrenza delle
circostanze, sulla comparazione fra le stesse e sulla entità della pena. Da parte
sua il giudice ha il potere-dovere di controllare l’esattezza dei detti aspetti
giuridici e la congruità della pena richiesta e di applicarla, dopo aver accertato
che non emerga in modo evidente una delle cause di non punibilità previste
dall’art. 129 cod. proc. pen.
Ne consegue che, una volta ottenuta l’applicazione di una determinata pena
ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., l’imputato non può rimettere in discussione
profili oggettivi o soggettivi della fattispecie, né può dolersi della entità della
pena da esso stesso sollecitata e della complessiva adeguatezza del trattamento
concordato.
3. Nel caso di specie, il motivo di ricorso appare privo di specificità ed è,
comunque, manifestamente infondato, atteso che il Giudice, prima di applicare la
pena patteggiata conforme all’accordo tra le parti, ha controllato l’insussistenza
delle condizioni per la pronuncia di una sentenza di proscioglimento ai sensi
2

giorni otto di reclusione, concesse le attenuanti generiche equivalenti alla

dell’art. 129 cod. proc. pen. e ha coerentemente rilevato l’esatta qualificazione
giuridica dei reati contestati, oltre alla correttezza del trattamento sanzionatorio
nei termini concordati.
Tale motivazione, avuto riguardo alla speciale natura dell’accertamento in
sede di applicazione della pena su richiesta delle parti, appare pienamente
adeguata ai parametri richiesti per tale genere di decisioni, secondo la costante
giurisprudenza di questa Corte (tra le altre, Sez. U, n. 10372 del 27/09/1995,
dep. 18/10/1995, Serafino, Rv. 202270; Sez. U, n. 20 del 27/10/1999,

4. Alla dichiarazione d’inammissibilità del ricorso segue di diritto la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi
atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità, al
versamento -a favore della Cassa delle ammende- di sanzione pecuniaria che
appare congruo determinare in millecinquecento euro, ai sensi dell’art. 616 cod.
proc. pen.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e al versamento della somma di millecinquecento euro alla
Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 17 aprile 2015

Il Consigliere estensore

Il Pre idente

dep. 03/12/1999, Fraccari, Rv. 214637).

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