Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3066 del 11/12/2012


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 3066 Anno 2013
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: FRANCO AMEDEO

SENTENZA
sul ricorso proposto dal Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Torre Annunziata;
avverso la sentenza emessa il 22 luglio 2010 dal tribunale di Torre Annunziata nei confronti di Cinque Giuseppe, D’Esposito Mario, Maglio Stefano,
Spina Nicola, Cocurullo Gaetano, Elefante Antonio;
udita nella pubblica udienza del 11 dicembre 2012 la relazione fatta dal
Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale
dott. Enrico Delehaye, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
udito per il Maglio il difensore avv. Francesco Cappiello;
Svolgimento del processo
Con decreto 13.10.2006 del PM del tribunale di Torre Annunziata vennero
citati a giudizio dinanzi al tribunale di Torre Annunziata, sezione distaccata di
Sorrento, Spina Nicola, Elefante Antonio, Cocurullo Gaetano e D’Esposito
Mario per rispondere del reato di cui all’art. 44, lett. c), d.p.R. 6 giugno 2001,
n. 380, per avere eseguito senza permesso di costruire in zona sottoposta a vincolo lavori per la realizzazione di una autorimessa interrata in via Madonna di
Rosella in Piana di Sorrento.
Con decreto 10.10.2007 del Gip del tribunale di Torre Annunziata vennero
rinviati a giudizio dinanzi al tribunale di Torre Annunziata: A) Cinque Giuseppe, D’Esposito Mario, Spina Nicola per rispondere del reato di cui all’art.
44, lett. c), d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, per avere realizzato senza permesso di
costruire in zona sottoposta a vincolo un parcheggio sotterraneo in via Cavoniello di Piana di Sorrento; B) Maglio Stefano per rispondere del reato tj cui

Data Udienza: 11/12/2012

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all’art. 323 cod. pen. per avere, quale responsabile dell’ufficio tecnico del comune, rilasciato indebitamente i permessi di costruire in sanatoria per i detti
parcheggi, sebbene difettasse il requisito della doppia conformità. All’udienza
preliminare al Maglio venne anche contestato il reato di cui all’art. 479 cod.
pen. per avere falsamente attestato il requisito della doppia conformità.
I due giudizi vennero riuniti.
Il tribunale di Torre Annunziata, con sentenza 22 luglio 2010, assolse Maglio Stefano da entrambi i reati ascrittigli per non aver commesso il fatto, avendo rilevato che non c’era la prova del dolo di abuso di ufficio e del reato di falso. Dichiarò non doversi procedere nei confronti degli altri imputati per i reati
edilizi loro rispettivamente ascritti perché estinti per rilascio del permesso di
costruire in sanatoria.
Il pubblico ministero presso il tribunale di Torre Annunziata propone un
lunghissimo (64 pagg.) ricorso per cassazione per saltum. Dopo avere ampiamente esposto la vicenda processuale in esame, nonché l’evoluzione della normativa statale e regionale in materia con le reciproche interferenze, la corretta
interpretazione che, a suo parere, dovrebbe darsi alle disposizioni regionali e la
giurisprudenza amministrativa e di questa Corte, sostiene infine che la sentenza
impugnata ha errato nel ritenere non provato per il Maglio il dolo dei delitti
contestati, dal momento che l’interpretazione normativa sulla cui base aveva rilasciato i permessi di costruire in sanatoria era chiaramente erronea ed era stata
strumentalmente sostenuta solo per favorire lo Spina e il suo superiore ing. Elefante, che era direttore dei lavori ma era ancora anche dirigente dell’ufficio tecnico comunale, anche se temporaneamente in aspettativa perché eletto consigliere comunale. In particolare, il permesso di costruire non poteva essere rilasciato perché in contrasto con gli strumenti urbanistici, e specificamente con le
misure di salvaguardia di cui all’art. 5 del PUT, approvato con legge reg. 35/87.
Osserva poi che la sentenza impugnata contiene una ulteriore contraddizione logica, laddove, assolvendo il Maglio con la formula perché il fatto non
costituisce reato, sembra ritenere sussistenti le condotte materiali di falso e di
abuso d’ufficio. Ma da ciò deriverebbe che i titoli in sanatoria non avrebbero
potuto produrre effetto sanante, mentre il tribunale si è espresso in senso contrario avendo assolto gli altri imputati dai reati di cui all’art. 44, lett. c), d.p.R. 6
giugno 2001, n. 380, perché estinti per intervenuta sanatoria, formula che invece lascia intendere che i permessi sono stati ritenuti validi e efficaci.
L’avv. Andrea Mariconda, per conto di Cocurullo Gaetano, ha depositato
memoria difensiva con cui eccepisce l’inammissibilità del ricorso per saltum
del PM o, in via subordinata, la necessità della sua conversione in appello.
Motivi della decisione
Non è ben chiaro se il ricorso per saltum del PM investa la sentenza impugnata soltanto nei confronti di Maglio Stefano in relazione ai reati di cui agli
artt. 373 e 479 cod. pen. ovvero investa la sentenza anche nei confronti degli altri imputati in relazione ai reati di cui all’art. 44, lett. c), d.p.R. 6 giugno 2001,
n. 380.
In ogni modo, nella parte in cui ha ad oggetto la declaratoria di non doversi procedere per i reati edilizi di cui all’art. 44, lett. c), d.p.R. 6 giugno 200I n.
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380, perché estinti per sopravvenuto rilascio del permesso di costruire in sanatoria, il ricorso del PM è manifestamente infondato.
Il ricorrente, in sintesi, sembra sostenere che mancava il requisito della
doppia conformità perché all’epoca il permesso di costruire non avrebbe potuto
essere rilasciato in quanto in contrasto con gli strumenti urbanistici, e specificamente con le misure di salvaguardia di cui all’art. 5 del PUT, approvato con
legge provvedimento regionale n. 35/87.
Sul punto ha correttamente risposto il tribunale di Torre Annunziata che,
sulla base della giurisprudenza di questa Corte, ha compiuto una puntuale ed
ineccepibile interpretazione della normativa applicabile che deve in questa sede
essere confermata. La questione, del resto, è già stata affrontata e risolta da questa Corte con le sentenze che seguono.
Nel suo testo originario, l’art. 6 della legge reg. 28 novembre 2001, n. 19,
prevedeva, al primo comma, che «la realizzazione di parcheggi, da destinare a
pertinenze di unità immobiliare e da realizzare nel sottosuolo de/lotto su cui
insistono gli edifici, se conformi agli strumenti urbanistici vigenti, è soggetta a
semplice denuncia di inizio attività», ed al secondo comma che «la realizzazione di parcheggi in aree libere, anche non di pertinenza del lotto dove insistono
gli edifici, ovvero nel sottosuolo di fabbricati o al pianterreno di essi, è soggetta ad autorizzazione gratuita, anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti».
La situazione normativa è però in seguito mutata con l’entrata in vigore del
d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, che soppresse l’istituto della autorizzazione, introducendo il nuovo istituto del permesso di costruire e lasciando in vita la sola
DIA. Come hanno evidenziato tutte le decisioni richiamate, compresa la sentenza Sez. III, n. 47279 del 2009, Pane, «l’art. 2, comma 3, del d.P.R. 6 giugno
2001, n. 380, sancisce la diretta operatività nelle regioni a statuto ordinario delle disposizioni attuative dei principi di riordino contenute nel nuovo testo unico
dell’edilizia, sicché, interpretando tale disposizione conformemente all’art. 117
Cost., che prevede la competenza legislativa concorrente nella materia del governo del territorio, si doveva desumere che la citata disposizione regionale
dell’art. 6, comma 2, legge reg. n. 19/2001, era stata abrogata, in applicazione
dei principi statali di riordino della materia, particolarmente per ciò che riguarda la tipologia dei titoli abilitativi edilizi, per la sola norma che prevedeva il titolo della autorizzazione edilizia gratuita, dal momento che tale titolo non era
più previsto dalla legislazione statale».
Successivamente, l’art. 49, comma 2, della legge reg. 22 dicembre 2004, n.
16, per adeguare la norma regionale alla nuova disciplina posta in via generale
dalla normativa statale, modificò il testo dell’art. 6, comma 2, della legge reg.
28 novembre 2001, n. 19, sostituendo le parole «ad autorizzazione gratuita» con
le parole «a permesso di costruire non oneroso».
La sentenza Sez. III, 18.5.2007, n. 36197, Spina, m. 237549 e 236550, osservò, tra l’altro, per quel che qui interessa, che «per effetto dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 380 del 2001, che riduceva a due i titoli abilitativi edilizi – eliminando l’autorizzazione -, è stata abrogata, ex art. 2, comma 3 del medesimo
D.P.R., unicamente la parte della L.R. Campania 28 novembre 2001, n. 19, a .

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6, comma 2 che faceva riferimento al tipo di titolo abilitativo necessario per la
costruzione del parcheggio in area libera, rappresentato appunto dall’autorizzazione gratuita … Per effetto del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 2, comma 3, interpretato in maniera costituzionalmente corretta, tale da non ledere la regola costituzionale della competenza concorrente di Stato e Regioni a statuto ordinario
nella materia, si ritiene che nella norma regionale indicata è stato abrogato, in
applicazione dei principi statali di riordino della materia, particolarmente per
ciò che riguarda la tipologia dei titoli abilitativi edilizi, unicamente il riferimento al titolo dell’autorizzazione edilizia gratuita, ferma restando viceversa la regola che la realizzazione di parcheggi in area libera può essere operata “anche
in deroga agli strumenti urbanistici vigenti”. Il che ha poi consentito alla Regione Campania – quando con la successiva L. 22 dicembre 2004, n. 16, contenente “Norme sul governo del territorio”, ha provveduto a modificare o integrare la precedente disciplina per adeguarla ai principi del Testo Unico – di limitarsi, quanto al contenuto della L.R. n. 19 del 2001, art. 6, comma 2, a sostituire
unicamente le parole “ad autorizzazione gratuita” con le parole “a permesso di
costruire non oneroso”, senza intervenire sulla disposizione relativa alla deroga
agli strumenti urbanistici vigenti, a conferma della ininterrotta vigenza della disciplina in deroga e quindi dell’equivalenza sostanziale tra i due titoli succedutisi nel tempo. Da tale ininterrotta vigenza della disciplina in deroga deriva poi la
possibile idoneità del titolo abilitativo del 13 giugno 2006 “anche in sanatoria”,
in ragione della non necessità esplicita del rispetto degli strumenti urbanistici
vigenti sia al momento dell’inizio dei lavori che al momento della presentazione
della domanda».
Il principio che questa sentenza (pronunciata in questo stesso procedimento) ha affermato è quindi che la norma regionale che prevedeva, per i parcheggi
in area libera, che il titolo abilitativo (autorizzazione gratuita, prima, e permesso
di costruire non oneroso, dopo) potesse essere emesso «anche in deroga agli
strumenti urbanistici vigenti», non è stata mai abrogata ed è continuata ad essere in vigore senza interruzioni.
La sentenza Sez. III, 8.4.2008, n. 22128, Spina, ha ripetuto lo stesso principio, senza ulteriori approfondimenti.
Contrariamente a quanto ritenuto dal PM ricorrente, questo principio non è
stato per nulla superato dalla sentenza Sez. III, 24.9.2009, n. 47279, Pane, m.
245603, la quale anzi lo ha confermato in pieno, ricordando, sulla specifica
questione in esame, che le precedenti decisioni avevano ritenuto che fra il testo
originario del comma 2 dell’art. 6 della legge reg. n. 19/2001 ed il testo vigente
introdotto dall’art. 49 della legge reg. n. 16/2004 vi è continuità normativa solo
con riferimento alla regola che la realizzazione di parcheggi in area libera può
essere operata «anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti», ossia alla
«ininterrotta vigenza della disciplina in deroga», e non anche al titolo abilitativo
necessario per la realizzazione di parcheggi non pertinenziali. La sentenza ha
altresì affermato che con la interpretazione da essa proposta, la norma regionale, pur dopo la parziale abrogazione ad opera del d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380, e
ancor prima della modifica introdotta dall’art. 49 della legge reg. n. 16/2004,
consentiva comunque di realizzare parcheggi non pertinenziali in deroga agl

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.5 strumenti urbanistici mediante il rilascio del permesso di costruire.
E’ poi irrilevante nella specie la disposizione dell’art. 9 della 1. reg. 28 novembre 2001, n. 19 (nel testo sostituito dall’art. 10 della 1. reg. 22 dicembre
2004, n. 16), secondo cui «le disposizioni procedurali della presente legge trovano applicazione anche nei territori sottoposti alla disciplina di cui alla legge
regionale 27 giugno 1987, n. 35, fatti salvi tutti i vincoli previsti dalla legge
stessa». La citata sentenza Sez. III, 18.5.2007, n. 36197, Spina, ha infatti già affermato che questa disposizione si riferisce esplicitamente alle disposizioni
«procedurali» (parola che non si rinviene nel testo originario dell’art. 9 della
legge regionale n. 19 del 2001), onde da essa nessun argomento può trarsi per
limitare la portata della norma di natura sostanziale che consente, nella realizzazione di parcheggi in aree libere anche non pertinenziali, di derogare agli
«strumenti urbanistici vigenti», secondo la previsione dell’art. 6 della 1. n. 19
del 2001, come modificata dallal. n. 16 del 2004.
E’ appena il caso di osservare che, relativamente alla questione di cui si discute nel presente giudizio, non ha alcun rilievo il problema su cui si basa, a
quanto sembra, buona parte del ricorso del PM e cioè se il permesso di costruire
non oneroso di cui parla l’art. 6, comma 2, 1. reg. 19/2001, come modificato
dall’art. 49, comma 2, 1. reg, 16/2004, sia quello di cui all’art. 22, comma 7, oppure quello di cui all’art. 10 d.p.R. 6 giugno 2001, n. 380. E’ difatti pacifico che
nella specie fu appunto rilasciato un permesso di costruire in deroga in sanatoria. E poiché, come già rilevato, è rimasta ininterrotta la vigenza delle norma
regionale che consente la realizzazione di parcheggi interrati in zona libera mediante permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici, ciò significa
che il titolo occorrente sia al momento dell’inizio dei lavori sia al momento della domanda di sanatoria era appunto il permesso di costruire in deroga. Ne deriva che il successivo rilascio in sanatoria di questo permesso di costruire era
conforme al principio del rispetto della doppia conformità ed era pertanto sotto
questo aspetto valido. Esattamente dunque il tribunale ha ritenuto valido ed efficace il permesso di costruire in deroga rilasciato in sanatoria e pertanto estinti
i reati edilizi.
Nella parte in cui ha ad oggetto il capo della sentenza impugnata che ha
assolto Maglio Stefano dai reati di cui agli artt. 373 e 479 cod. pen. perché il
fatto non costituisce reato, il ricorso del PM si risolve in una censura in punto di
fatto della decisione impugnata, con la quale si richiede una nuova e diversa valutazione delle risultanze processuali sulla base delle quali il giudice del merito,
con un apprezzamento di fatto adeguatamente e congruamente motivato, e
quindi non censurabile in questa sede, ha escluso in capo al Maglio la sussistenza dello elemento psicologico dei reati addebitatigli. La questione è comunque superata dalla circostanza che, come dianzi osservato, in realtà i permessi di
costruire in deroga rilasciati in sanatoria non erano affetti dai vizi di legittimità
denunciati dal ricorrente, sicché non erano configurabili i reati contestati al
Maglio.
Il ricorrente peraltro deduce pure un errore di diritto, osservando che la
formula di non doversi procedere in ordine ai reati edilizi per essere gli stessi
estinti per sanatoria presuppone che i permessi in sanatoria siano stati conside

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rati validi ed efficaci dal tribunale il che non si concilia con la formula di assoluzione del Maglio perché il fatto non costituisce reato, formula che lascia intendere di avere invece ritenuto sussistenti le condotte materiali di abuso
d’ufficio e di falso. Sotto questo profilo il motivo è fondato perché effettivamente il tribunale, avendo esattamente ritenuto validi ed efficaci i permessi di
costruire in sanatoria, avrebbe dovuto assolvere il Maglio con la formula perché
il fatto non sussiste. In relazione a questo profilo, però, il motivo è inammissibile perché il PM non ha, e comunque non ha nemmeno dedotto, uno specifico e
concreto interesse ad impugnare una formula di assoluzione che si è risolta esclusivamente in un danno per l’imputato. Né, in mancanza di ricorso
dell’imputato, questa Corte può procedere all’annullamento sul punto della sentenza impugnata sostituendo la formula di assoluzione.
In conclusione, il ricorso del PM deve essere dichiarato inammissibile per
manifesta infondatezza e per mancanza di interesse ad impugnare.
Per questi motivi
La Corte Suprema di Cassazione
dichiara inammissibile il ricorso del pubblico ministero.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte Suprema di Cassazione, il 11
dicembre 2012.

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