Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30659 del 16/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30659 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
GIORDANO ANNAMARIA N. IL 12/11/1961
avverso l’ordinanza n. 45/2014 CORTE APPELLO di MILANO, del
29/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 16/04/2015

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa il 29 aprile 2014 la Corte di Appello di Milano,
deliberando in funzione di giudice dell’esecuzione, accoglieva in parte l’istanza
proposta da Anna Maria Giordano, ed unificava per continuazione i reati giudicati
con le sentenze di condanna indicate ai nn. da 2) a 7), rideterminando la pena
complessiva in anni sei di reclusione ed euro 1.630,00 di multa, rigettando nel resto

2. Avverso l’indicato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione
l’interessata a mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento per: a)
inosservanza o erronea applicazione della legge penale; b) vizio di motivazione.
Secondo la ricorrente, il parziale rigetto dell’istanza per i reati di cui alle
sentenze sub 1), 8) e 9), era erroneo, sussistendo i requisiti per unificare anche
questi ultimi agli altri reati che erano stati realizzati secondo modalità seriali in
danno di esercizi commerciali mediante documenti falsi e per procurarsi i mezzi di
sostentamento in varie località del territorio nazionale. La Corte nel valutare il lasso
temporale tra i vari reati e i periodi di carcerazione sofferti si è posta in contrasto
con l’interpretazione giurisprudenziale, che ritiene tali elementi non decisivi per il
diniego della continuazione; nel caso di specie, la detenzione ha costituito una
pausa forzata nell’attività criminosa, non imputabile alla volontà della responsabile,
e preordinata alle successive imprese. Inoltre, non è richiesta la ricorrenza di tutti
gli indici sintomatici, potendone bastare anche soltanto alcuni.
Inoltre, l’ordinanza presentava carenze motivazionali, tanto da rendere
apparente la sua giustificazione, basata su mere congetture insuscettibili di verifica
empirica, sebbene l’istanza e le memorie difensive avesse contenuto una
illustrazione per ciascuna delle nove sentenze indicate.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi manifestamente
infondati.
1.L’ordinanza impugnata ha correttamente rilevato e giustificato con
compiutezza e logicità argomentativa la ritenuta insussistenza del medesimo
disegno criminoso, accomunante tutti i reati indicati nell’istanza della ricorrente; ha
rilevato la possibilità di unificare la gran parte delle analoghe violazioni commesse,
ossia quelle realizzate tra il 2001 ed il 2002, mentre ha ritenuto che i fatti restanti,
giudicati con le sentenze sub 1), 8) e 9), fossero stati realizzati in modo isolato e
lontano nel tempo rispetto ai precedenti, ossia rispettivamente nel settembre 2003,
1

la domanda.

nel dicembre 2006 e nell’ottobre 2009. Sulla scorta di tale innegabile emergenza,
ha ritenuto che questi ultimi tre episodi non fossero stati preventivamente ideati e
programmati dall’autrice sin dal momento antecedente l’inizio dell’esecuzione dei
precedenti, ma fossero espressione di una scelta di vita votata all’illegalità: a
giustificazione di tale assunto ha indicato non soltanto il distacco temporale rispetto
all’ultimo dei fatti precedenti del luglio 2002, ma anche rispetto a ciascuno di essi,
ossia tra il 2003, il 2006 ed il 2009, nonché i periodi brevi di carcerazione subiti nel

condotte dalla seconda e questa da quelle successive.
1.1Deve quindi riscontrarsi la presenza di motivazione adeguata, logica,
rispettosa del parametro normativo di riferimento, nonché aderente alle vicende
fattuali già giudicate, tale da resistere alle censure formulate col ricorso, ove si
consideri che il giudice dell’esecuzione, nell’escludere la configurabilità della
continuazione, ha valorizzato con plausibili argomentazioni elementi oggettivi e non
ha affatto ignorato le deduzioni dell’istante.
2. Per contro, il ricorso solleva obiezioni prive di fondamento circa le seriali
modalità comportamentali e l’identità della spinta a delinquere che sono state già
considerate dalla Corte di Appello e ritenute insufficienti per ravvisare un unico
proposito criminoso a monte di condotte protratte dal 2001 al 2009; inoltre, anche
la deduzione che si basa sul significato da assegnare ai periodi di detenzione quali
intervalli volti alla preparazione delle successive violazioni, oltre ad impingere nel
merito in modo inammissibile, non tiene conto della brevità delle carcerazioni subite
per uno o due giorni per volta a fronte di lunghe pause di inattività, protrattesi per
anni tra il primo gruppo ed i reati seguenti. Tale constatazione, incentrata sulle
caratteristiche fattuali degli illeciti, da cui si è desunta l’autonoma risoluzione a
monte degli episodi posteriori, è stata logicamente e plausibilmente valorizzata dai
giudici di merito con valutazione che, essendo motivata in modo sintetico, ma
effettivo, non è suscettibile di diverso apprezzamento nel giudizio di legittimità,
2.1 Né può sostenersi l’apparenza della motivazione al riguardo, dal momento
che l’ordinanza impugnata ha ritenuto di ravvisare elementi contrari alla possibilità
di unificazione di tutti i delitti già giudicati sulla scorta di profili reali e di una
riscontrata generale propensione della ricorrente a violare la legge penale qualora
se ne fosse presentata l’occasione e gli strumenti necessari.
Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile con la conseguente condanna
della ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di
colpa insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si
stima equa di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P. Q. M.
2

luglio 2002 e poi nel settembre 2003, che avevano separato il primo gruppo di

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2015.

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