Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30657 del 16/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30657 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
JAWALY ABDERRAZAK N. IL 08/12/1974
avverso l’ordinanza n. 810/2013 CORTE APPELLO di TORINO, del
01/04/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 16/04/2015

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa 11 aprile 2014 la Corte di Appello di Torino, deliberando
in funzione di giudice dell’esecuzione, accoglieva l’istanza, proposta da Abdelrazzak
Jawaly ed unificava continuazione i reati giudicati con le sentenze di condanna
indicate nell’istanza, rideterminando la pena complessiva in anni quattro, mesi sette
di reclusione ed euro 19.000,00 di multa.

l’interessato personalmente, chiedendone l’annullamento per vizio di motivazione in
relazione al disposto degli artt. 133 cod. pen. e 125 cod. proc. pen. e per
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale quanto al disposto degli
artt. 81 cpv. cod. pen., 73 comma 5 D.P.R. 309/90. Secondo il ricorrente,
l’ordinanza non aveva indicato i criteri di quantificazione dell’aumento di pena per la
continuazione e la sua commisurazione era comunque illegittima perché, ritenuto
più grave il reato giudicato con la sentenza del G.I.P. del Tribunale di Torino del
17/9/2012, contestato ai sensi dell’art. 73 comma 1 e 1-bis D.P.R. nr. 309/90, per
il reato satellite giudicato con l’altra sentenza della Corte di Appello di Torino è stato
applicato un incremento di pena superiore a quelli già applicati in sede di
cognizione.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché basata su motivi manifestamente
infondati.
1.La Corte di merito col provvedimento impugnato ha correttamente e
razionalmente giustificato le determinazioni assunte e ha dato conto in modo
esauriente, logico e privo di qualsiasi vizio le ragioni della commisurazione della
pena applicata a titolo di continuazione per il delitto già giudicato con la sentenza
della Corte di Appello di Torino del 9/12/2011, irrevocabile il 20/9/2013, che ha
indicato nella gravità oggettiva del fatto per il quantitativo di 200 grammi di
sostanza detenuta a fini di spaccio e nella capacità a delinquere dell’imputato,
rivelata dai precedenti specifici e dalle modalità dell’azione. Facendo uso dei poteri
discrezionali spettanti anche al giudice dell’esecuzione, ha quindi individuato la
pena congrua in misura nettamente inferiore a quella applicata in sede di
cognizione, ma superiore al minimo edittale in ragione delle caratteristiche
oggettive e soggettive della vicenda criminosa. Resta dunque smentito che
l’ordinanza in verifica sia immotivata perché priva dell’esposizione del ragionamento
logico-giuridico che ha condotto alla decisione
1.1 Inoltre, è generico l’assunto difensivo che lamenta una vistos
1

2. Avverso l’indicato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione

sproporzione rispetto alle porzioni di pena applicate per continuazione interna con la
sentenza del G.I.P. del Tribunale di Torino del 17/9/2012: il ricorrente indica
soltanto l’entità di tali aumenti, ma non illustra la natura delle relative violazioni e
non dimostra una perfetta sovrapponibilità di situazioni considerate nelle due
separate sentenze al fine di poter dimostrare l’illogicità delle statuizioni assunte al
riguardo in sede esecutiva ed una palese divergenza dalle valutazioni del giudice
della cognizione.

dichiarato inammissibile con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e, in ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di
impugnazione di tale tenore, della somma che si stima equa di euro 1.000,00 in
favore della Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2015.

Il ricorso, privo di qualsiasi fondamento in tutte le sue deduzioni, va

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