Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30651 del 16/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30651 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MIRISOLA ALFONSO N. IL 22/09/1958
avverso l’ordinanza n. 2463/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
FIRENZE, del 10/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 16/04/2015

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza resa il 26 marzo 2014 il Magistrato di Sorveglianza di Firenze
accordava al detenuto Alfonso Mirisola la liberazione anticipata nei limiti di
quarantacinque giorni in riferimento al semestre di espiazione di pena detentiva,
intercorso dal 2/7/2013 al 2/1/2014, mentre respingeva l’istanza di concessione di
ulteriori trenta giorni dello stesso beneficio per i semestri già espiati dal 2/1/2010 in

settantacinque, in quanto la pena in espiazione era stata irrogata per reati compresi
nell’elenco di cui all’art. 4-bis ord. pen.. Il Tribunale di Sorveglianza di Firenze con
ordinanza del 10 giugno 2014 rigettava il reclamo del detenuto.
2. Avverso detto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione
l’interessato personalmente, il quale ha dedotto violazione di legge anche in
relazione al disposto dell’art. 666 cod. proc. pen.. Secondo il ricorrente, il rigetto
della propria istanza e del reclamo successivo era avvenuto in spregio al divieto di
disparità di trattamento e degli artt. 3 e 27 Cost. ed in contrasto con la sentenza
delle S.U. nr. 21501/2009, secondo la quale è imposto al giudice dell’esecuzione di
interpretare il giudicato, ricavandone gli elementi non espressi e di sciogliere il
cumulo giuridico quando ciò riverberi effetti favorevoli per il condannato.

Considerato in diritto

Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza dei motivi.
1.Va disatteso per la sua palese inconsistenza il rilievo sulla necessità di
scioglimento del cumulo di pene in espiazione, dal momento che, per quanto
riportato nell’ordinanza impugnata e non efficacemente contrastato col ricorso, -sul
punto affetto da generica formulazione, dal momento che non specifica sotto quali
profili sarebbe erronea la diversa considerazione espressa dai giudici di merito-, il
Mirisola è stato condannato per omicidio e partecipazione ad associazione di stampo
mafioso, entrambi inclusi nell’elenco di cui all’art. 4-bis ord. pen. dei reati ostativi
all’accesso alla liberazione anticipata speciale, a prescindere dalla loro data di
commissione.
1.1 Inoltre, il ricorso non contrasta l’argomentazione giuridica principale, su
cui si è fondato il provvedimento di rigetto del reclamo, ossia che, sebbene il D.L.
23 dicembre 2013 nr. 146, art. 4, avesse esteso a settantacinque giorni per ogni
singolo semestre di pena espiata la liberazione anticipata prevista dalla L. 26 luglio
1975, n. 354, art. 54, prevedendo testualmente: “Ai condannati per taluno dei
delitti previsti dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 4-bis, la liberazione anticipata
può essere concessa nella misura di settantacinque giorni, a norma dei commi
1

poi, ritenendo di non poterlo accordare nella maggiore misura di giorni

precedenti, soltanto nel caso in cui abbiano dato prova, nel periodo di detenzione,
di un concreto recupero sociale, desumibile da comportamenti rivelatori del positivo
evolversi della personalità”, tale disposizione di favore è stata eliminata nel testo
definitivo della legge di conversione, nr. 10 del 2014, il quale esclude testualmente
dall’ambito di applicazione dell’istituto nella sua maggiore estensione possibile i
“condannati per taluno dei delitti previsti dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 4 bis”.
1.2 Tale disposizione, come già riconosciuto con costante orientamento di

22/12/2014, Mollace, rv. 261880, nonché sez. 1, n. 1653 del 2015 e n. 1657 del
2015 non massimate), non si pone in contrasto con gli artt. 3, 27 e 117 Cost.,
quest’ultimo in relazione all’art. 3 CEDU, “in quanto la disposizione censurata
prefigura un regime speciale che, siccome amplia gli effetti di favore conseguibili da
tutti i soggetti in espiazione di pena, può essere legittimamente sottoposto dal
legislatore a limiti determinati da situazioni cui si collega una connotazione di
immanente e peculiare pericolosità, e, di per sé, non è causa generatrice di
trattamenti inumani o degradanti” (sez. 1, n. 1650 del 22/12/2014 citata).
Per quanto esposto, l’ordinanza impugnata supera dunque indenne il controllo
operabile nel giudizio di legittimità ed il ricorso va dichiarato inammissibile con la
conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in
ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore,
della somma che si stima equa di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma dì euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2015.

questa Corte (nr. 34073 del 27/6/2014, Panno, rv. 260849; n. 1650 del

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