Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30648 del 16/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30648 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PELLITTERI CARMELO N. IL 26/06/1943
avverso la sentenza n. 1510/2007 TRIBUNALE di ASTI, del
03/12/2008
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

U)

Data Udienza: 16/04/2015

Ritenuto in fatto

1.Con sentenza resa il 3 dicembre 2008 il Tribunale di Asti condannava
l’imputato Carmelo Pellitteri alla pena di euro 350,00 di ammenda in relazione al
reato di molestie, commesso in danno di Domenica Antonia Pettinato.
2.Avverso l’indicata sentenza ha proposto appello, riqualificato come ricorso
per cassazione, l’imputato a mezzo del suo difensore, il quale ne ha chiesto

a) mancata acquisizione della prova della responsabilità dell’imputato, in quanto il
Tribunale non aveva considerato l’assoluta incomprensibilità dei fatti descritti al
capo a) e la genericità e contraddittorietà delle dichiarazioni della persona offesa,
che non aveva riferito l’identità del presunto aggressore, la data dell’episodio ed il
modello di autovettura coinvolta nell’azione, sicchè tale assoluta incertezza priva il
processo della dimostrazione dell’elemento oggettivo del reato anche per l’assenza
di petulanza, la quale implica una pluralità di condotte lesive;
b) eccessiva severità della pena rispetto all’esiguità del danno, all’occasionalità della
condotta ed al grado minimo di colpevolezza; inoltre, anche il comportamento
processuale e le condizioni personali e familiari dell’imputato imponevano una
riduzione della pena.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile in quanto basata su motivi manifestamente
infondati.
1.11 primo motivo prospetta una carenza probatoria che è smentita dalle
puntuali osservazioni contenute nella sentenza impugnata; invero, il Tribunale ha
dedotto dalla testimonianza della parte lesa, -ritenuta credibile e sincera, anche per
avere ritirato la querela sporta contro il Pellitteri-, come realmente verificato il
tentativo di scontro fra l’autovettura della teste e quella che le era andata contro,
sgommando per intimorirla, senza riuscire nell’intento per la pronta manovra posta
in essere dalla donna per evitare l’impatto. Ha rilevato che, secondo la predetta
deposizione, tale veicolo era stato condotto da un soggetto d’identità sconosciuta,
ma dalla parte lesa individuato come persona conoscente dell’imputato e vista con
quest’ultimo poco prima del fatto. Tale episodio è stato posto in relazione ad
avvenimenti precedenti, in cui l’imputato aveva manifestato aggressività ed
espresso minacce nei confronti della Pettinato in quanto amica della di lui ex moglie
e ritenuta causa della loro separazione, per cui con corretto procedimento
inferenziale il giudice di merito ha ritenuto che quel tentativo di aggressione a
scopo intimidatorio da parte di soggetto in relazioni con l’imputato fosse
1

l’annullamento per:

riconducibile a quest’ultimo e fosse collocabile in un contesto di azioni moleste da
questi poste in essere in altre occasioni contro la Pettinato.
1.1 In punto di diritto va rilevato che, seppure in linea generale possa
convenirsi che il delitto di molestie, commesso per petulanza, richieda “un
atteggiamento di arrogante invadenza e di intromissione continua e inopportuna
nella altrui sfera di libertà, con la conseguenza che la pluralità di azioni di disturbo
integra l’elemento materiale costitutivo del reato e non è, quindi, riconducibile

252063; sez. 1, n. 29933 del 08/07/2010, Arena, rv. 247960), tanto non è preteso
quando la condotta fastidiosa sia commessa per biasimevole motivo, ossia per un
movente riprovevole in se stesso, oppure in relazione alla qualità della persona
molestata, che sortisca l’effetto di proterva invadenza e di intromissione
inopportuna nell’altrui sfera di libertà. Il reato in esame è stato, pertanto, ritenuto
sussistente anche in fattispecie concrete analoghe a quella presente, nelle quali la
condotta era stata unica ed era consistita nel pedinamento a mezzo di autovettura,
condotta con manovre spericolate ai danni della persona offesa (Cass. sez. 6, n.
43439 del 23/11/2010, N., rv. 248982; sez. 1, n. 18117 del 11/02/2014,
Scognannillo, Rv. 259295).
2. Quanto alla determinazione della pena, il secondo motivo devolve questioni
di mero fatto, attinenti alla sua eccessiva entità, che non possono essere
apprezzate da questa Corte per i limiti intrinseci della sua cognizione; inoltre, la
sentenza in esame ha già ritenuto congrua la sola pena pecuniaria, in luogo di
quella detentiva, nell’ammontare stabilito a fronte dell’accertata commissione di un
solo episodio.
Per le considerazioni svolte il ricorso risulta inammissibile; tale constatazione
impedisce la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione: atteso che
l’accertamento dell’illecito è avvenuto nel 2007, il termine massimo di prescrizione,
pari a cinque anni, è venuto a scadere dopo la pronuncia della sentenza impugnata;
come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, l’inammissibilità genetica
dell’impugnazione per difetto di specificità o manifesta infondatezza delle censure,
oppure perché non consentite nel giudizio di cassazione, non consentendo il
formarsi di un valido rapporto d’impugnazione, interdice la possibilità di far valere o
rilevare d’ufficio la causa estintiva del reato maturata nelle more della trattazione
del ricorso per cassazione (Cass. S.U. n. 32 del 22/11/2000, De Luca, rv. 217266;
S.U. n. 33542 del 27/6/2001, Cavalera, rv. 219531, S.U. n. 23428 del 22/3/2005,
Bracale, rv. 231164).
Ne discende la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali
e, in ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di impugnazione di tale

2

all’ipotesi del reato continuato” (Cass. sez. 1, n. 6908 del 24/11/2011, Zigrino, rv.

tenore, della somma che si stima equo determinare in euro 1.000,00 in favore della
Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle

Così deciso in Roma, il 16 aprile 2015.

Ammende.

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