Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30647 del 16/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30647 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
MARCHIO VINCENZO N. IL 08/09/1953
avverso l’ordinanza n. 588/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di TORINO,
del 01/07/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 16/04/2015

Ritenuto in fatto

1.Con l’ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Sorveglianza di Torino rigettava
l’istanza, proposta dal detenuto Vincenzo Marchio, finalizzata ad ottenere l’ammissione
alle misure alternative della semilibertà, ritenendo persistente la sua pericolosità sociale
per scarsa consapevolezza critica delle esperienze criminose pregresse e per
l’indisponibilità di un’opportunità lavorativa continuativa.
Avverso l’indicato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione

l’interessato personalmente, chiedendone l’annullamento.
3. Con nota pervenuta 14 aprile 2015 il difensore del ricorrente ha dedotto che
costui è stato scarcerato nelle more della trattazione dell’impugnazione.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile.
1.11 ricorrente si è limitato a far pervenire tramite la direzione della Casa
circondariale ove è ristretto in espiazione di pena la dichiarazione di impugnazione, senza
però avere corredato l’atto dei relativi motivi, non proposti nemmeno in sede separata.
La totale carenza dell’esposizione delle ragioni in fatto o in diritto per le quali si è
proposto il ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato rende
inammissibile l’impugnazione ai sensi dell’art. 591 cod. proc. pen..
1.1 E’ noto che, sebbene per l’esercizio della facoltà di impugnazione non sia
richiesto l’uso di espressioni tipiche e codificate, ma sia consentita un’ampia libertà di
formulazione, essendo piuttosto decisiva la manifestazione della volontà di ottenere una
revisione in senso più favorevole della decisione emessa nel grado inferiore e la
specificazione delle richieste e dei motivi, ciò nonostante l’art. 581 cod. proc. pen.
impone dei requisiti formali minimi ed imprescindibili per la validità dell’atto di gravame,
compresa la indicazione delle “ragioni di diritto e degli elementi in fatto che sorreggono
ogni richiesta”.
1.2 Tale preliminare rilievo, ossia la constatazione della totale assenza dei motivi,
impedisce la corretta instaurazione del giudizio impugnatorio per una carenza originaria
dell’atto, privo di una sua parte essenziale ed imprescindibile e quindi inidoneo ad
introdurre il nuovo grado, a dare impulso al successivo svolgimento del rapporto
processuale ed a provocare una decisione diversa dalla pronuncia d’inammissibilità (Cass.
Sez. U, n. 21 del 11/11/1994, Cresci, rv. 199903; Sez. U, n. 11493 del 24/06/1998,
Verga, rv. 211469; Sez. U, n. 23428 del 22/03/2005, Bracale, rv. 231164); esso è quindi
dirimente rispetto a qualsiasi altra considerazione, compresa quella circa la sopravvenuta
carenza d’interesse alla decisione per la disposta scarcerazione del ricorrente. Trattasi,
invero, di un evento successivo alla proposizione dell’atto di gravame, che priva 1

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2.

proponente della possibilità pratica di beneficiare di eventuale decisione favorevole per
l’intervenuta cessazione del rapporto esecutivo e che non esplica alcun effetto a fronte di
un difetto radicale e genetico dei requisiti formali e sostanziali dell’impugnazione.
1.3 Né può farsi applicazione del principio di diritto, espresso da questa Corte
Suprema per l’ipotesi di concorrenza di cause diverse d’inammissibilità sopravvenuta del
ricorso, che impone l’applicazione di quella più favorevole al proponente, ossia di quella
che, non implicando tecnicamente la soccombenza, lo esenta dall’onere del pagamento

quanto, come già detto, nel caso operano simultaneamente eventi diversi e deve
prevalere la causa originaria d’inammissibilità, direttamente imputabile alla volontà della
parte privata, che ha strutturato il suo gravame in modo generico e privo di motivi.
1.4 Infine, ancorchè debitamente documentata, la memoria difensiva con la quale si
è dedotta l’intervenuta scarcerazione del ricorrente, risulta presentata in modo irrituale
ossia successivamente alla scadenza del termine prescritto dall’art. 611 cod. proc. pen..
Ne discende la condanna del proponente al pagamento delle spese processuali e, in
ragione dei profili di colpa insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore, della
somma che si stima equo determinare in euro 500,00 in favore della Cassa delle
Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 500,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2015.

delle spese processuali (Cass. sez. 1, n. 2483 del 09/01/2009, Larosa, rv. 242816) in

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