Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30644 del 16/04/2015


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 30644 Anno 2015
Presidente: VECCHIO MASSIMO
Relatore: BONI MONICA

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
DE STEFANO ALBERTO N. IL 23/03/1971
avverso l’ordinanza n. 1668/2014 TRIB. SORVEGLIANZA di
TORINO, del 25/06/2014
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MONICA BONI;

Data Udienza: 16/04/2015

Ritenuto in fatto

1.Con ordinanza emessa il 25 giugno 2014 il Tribunale di Sorveglianza di
Torino rigettava l’istanza avanzata dal condannato Alberto De Stefano di
ammissione alla misura alternativa alla detenzione dell’affidamento in prova
terapeutico per avere il condannato commesso violazioni reiterate delle prescrizioni
inerenti la misura già concessagli in precedenza e revocata ed essersi dimostrato

2. Avverso l’indicato provvedimento, ha proposto ricorso per cassazione
l’interessato a mezzo del difensore, chiedendone l’annullamento per vizio di
motivazione. Secondo il ricorrente, il Tribunale aveva respinto la domanda senza
considerare le diverse modalità esecutive della misura richiesta con previsione di
residenzialità presso struttura comunitaria ed il decorso di un considerevole lasso di
tempo dalla disposta revoca, elementi entrambi in grado di svolgere effetto
contenitivo e preventivo della sua residua pericolosità sociale. Inoltre, aveva
anticipato una valutazione di colpevolezza, che non era ancora stata pronunciata
nemmeno in sede di cognizione.

Considerato in diritto

L’impugnazione è inammissibile perché fondata su motivi manifestamente
infondati e non consentiti nel giudizio di legittimità.
1.11 Tribunale di Sorveglianza ha ampiamente e logicamente giustificato la
decisione assunta sulla scorta di una pluralità di argomenti: ha preso in esame le
informazioni acquisite dal Ser.T., che aveva seguito la pregressa esperienza in
affidamento, e gli atti che hanno condotto alla sua revoca. Ne ha dedotto la
commissione di condotte trasgressive delle prescrizioni impostegli ed una
incontenibile spinta a delinquere nel medesimo settore ove aveva già in precedenza
violato la legge penale e ciò anche in assenza di ricadute nella tossicomania; al
riguardo ha correttamente osservato che i comportamenti tenuti dal condannato
possono essere apprezzati nel loro disvalore e nella rivelazione di devianza anche
se non accertati con pronuncia giudiziale irrevocabile, essendo sufficiente un
atteggiamento incompatibile con la protrazione dell’esperimento.
Ha dunque concluso che, seppure la misura richiesta fosse utile sotto il profilo
terapeutico, non sarebbe idonea a contenere le pulsioni delinquenziali e l’elevata
pericolosità sociale del De Stefano, desunta anche dalla molteplicità e gravità dei
precedenti penali riportati e dai risultati dell’osservazione personalistica, dalla quale
emerge la superficialità del suo approccio alle problematiche personali ed al vissuto
delinquenziale, l’assenza di senso di responsabilità e la preoccupazione soltanto per
1

incapace di contenere la propria spinta a reiterare condotte criminose.

le negative ricadute su familiari, non già una decisa intenzione di mutare rotta e di
abbandonare logiche ed abitudini di vita devianti.
Tanto ha indotto il Tribunale a ritenere inidonea la misura richiesta a
prevenire il pericolo di ulteriori reati, giudizio ampiamente giustificato in base agli
elementi disponibili e non contraddetto dalle eventuali modalità residenziali
dell’affidamento richiesto, richiedenti comunque la collaborazione responsabile e
consapevole del sottoposto, l’affidamento sulla sua capacità di autolimitazione, che,

impugnata. Né può invocarsi il mero decorso del tempo in ambiente inframurario
quale sufficiente presidio a garanzia dall’astensione da altri illeciti, posto che la
relazione di sintesi evidenzia le gravi carenze del percorso trattamentale in atto.
Pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile con la conseguente condanna
del proponente al pagamento delle spese processuali e, in ragione dei profili di
colpa insiti nella proposizione di impugnazione di tale tenore, della somma che si
stima equa di euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 16 aprile 2015.

nel caso può formularsi per quanto efficacemente argomentato nell’ordinanza

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