Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30607 del 15/04/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 30607 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto dal

PROCURATORE GENERALE della REPUBBLICA presso la CORTE di
APPELLO di CAGLIARI

avverso l’ordinanza della Corte di appello di Cagliari in data 21 giugno 2013, n.
13/2010, nei confronti di

VELCU Marcel, nato a Medgidia (Romania) il 6/06/1984.

Letti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 15 aprile 2014, dal
consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
lette le conclusioni del procuratore generale, in persona del sostituto procuratore
generale, Oscar Cedrangolo, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di appello di Cagliari, in funzione di giudice dell’esecuzione, con
ordinanza del 21 giugno 2013, ha annullato il provvedimento della Procura
generale della Repubblica presso la stessa Corte, in data 10 giugno 2013, che
aveva disposto la revoca del decreto di sospensione dell’ordine di esecuzione per

Data Udienza: 15/04/2014

la carcerazione emesso il 28 dicembre 2010 nei confronti di Velcu Marcel, del
quale, arrestato il 14 giugno 2013 in esecuzione del medesimo ordine, ha
ordinato l’immediata scarcerazione se non detenuto per altra causa.
A ragione della decisione, la Corte territoriale ha addotto i seguenti
elementi: a) l’ordine di esecuzione, originariamente sospeso dal pubblico
ministero, era pertinente alla sentenza della Corte di appello di Cagliari, in data
9/12/2010, n. 1523, con la quale erano state riconosciute due sentenze di

seconda del 26/06/2008 n. 165, ed era stata disposta l’esecuzione in Italia, dove
il Velcu era stabilmente residente, della pertinente pena residua, la quale,
detratto il presofferto a seguito dell’arresto del Velcu sulla base di mandato di
arresto europeo, veniva indicata in anni uno, mesi undici e giorni diciannove di
reclusione; b) dopo quarantacinque giorni dalla predetta sentenza di
riconoscimento delle sentenze straniere con ordine di esecuzione sospeso il 23
gennaio 2011 dall’autorità italiana, il Velcu era stato arrestato in Romania, in
esecuzione di ordine di carcerazione dell’autorità rumena, datato 20/11/2009,
relativo alla suddetta sentenza n. 1788 del 2009 che lo aveva condannato ad un
anno di reclusione, con la contestuale revoca della sospensione della pena,
sempre di un anno di reclusione, inflittagli con la precedente sentenza n. 165 del
2008, l’una e l’altra già riconosciute in Italia e oggetto di sospensione dell’ordine
di esecuzione, in data 28/12/2010, come sopra; c) nelle more dell’esecuzione
delle pene in Romania, iniziata il 23 gennaio 2011 e con termine previsto al 23
gennaio 2013, era sopravvenuta altra sentenza di condanna a carico del Velcu,
emessa dall’autorità rumena il 24/06/2010 e divenuta irrevocabile il 21/03/2011,
e il 20/05/2011 era stato emesso da quell’autorità provvedimento di cumulo
delle pene inflitte con le tre sentenze suddette con relativo ordine di esecuzione
del 14/06/2011; d) il 23 aprile 2012, prima della scadenza del termine finale
delle pene cumulate, il Velcu aveva ottenuto dall’autorità rumena la liberazione
condizionale.
Sulla base degli elementi suindicati, la Corte di appello di Cagliari ha, quindi,
ritenuto che le pene che il Velcu era stato ammesso ad espiare in Italia, in forza
della sentenza 9/12/2010 n. 1523 della stessa Corte di riconoscimento delle
sentenze straniere, fossero state già eseguite in Romania con la carcerazione ivi
subita dal Velcu dal 23/01/2011 al 23/04/2012, alla quale era seguita la
decisione dell’autorità rumena di concedere al condannato la liberazione
condizionale.
Conseguentemente, secondo la Corte di appello, doveva essere annullato il
provvedimento del Procuratore generale che aveva revocato il decreto di
2

condanna subite dal Velcu in Romania, la prima del 5/11/2009 n. 1788 e la

sospensione e ripristinato l’ordine di esecuzione della sentenza della medesima
Corte di riconoscimento delle sentenze straniere, con l’immediata scarcerazione
del Velcu.

2. Avverso l’ordinanza, di cui sopra, il Procuratore generale presso la Corte
di appello di Cagliari ha proposto ricorso per cassazione per denunciare la
violazione degli artt. 670 e 735 cod. proc. pen.

avrebbe dovuto sostituire la misura straniera (liberazione sotto condizione) con
la corrispondente misura italiana della liberazione condizionale, in relazione alla
residua pena di mesi 8 e giorni 18 di reclusione discendente dalla sentenza della
Corte cagliaritana del 9/12/2010 di riconoscimento delle sentenze straniere, che
aveva determinato la pena da eseguire in anni uno, mesi undici e giorni
diciannove di reclusione, di cui anni uno e mesi tre già espiati in Romania per gli
stessi titoli dal 23/01/2011 al 23/04/2012, come sopra illustrato. E ciò in
conformità anche dell’art. 3 della legge 3/07/1989, n. 257 (Disposizioni per
l’attuazione di convenzioni internazionali aventi ad oggetto l’esecuzione delle
sentenze penali), configurando la presente vicenda un caso di continuazione
dell’esecuzione penale, regolata dall’art. 10 della legge 25/07/1988, n. 334
(Ratifica ed esecuzione della convenzione sul trasferimento delle persone
condannate, adottata a Strasburgo il 21 marzo 1983).
Illegittima sarebbe stata, in ogni caso, la decisione della Corte cagliaritana di
annullare la revoca della sospensione dell’ordine di esecuzione, disposta dal
Procuratore generale, potendo il giudice dell’esecuzione intervenire, ai sensi
dell’art. 670 cod. proc. pen., solo sul titolo esecutivo e non sulle disposizioni
esecutive del pubblico ministero.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso, che sostanzialmente reclama la continuazione e non l’elisione
dell’esecuzione, la quale sarebbe stata illegittimamente disposta dalla Corte di
appello, è infondato.
Va premesso che rientra nei poteri del giudice dell’esecuzione, deputato, su
richiesta delle parti, a conoscere dell’esecuzione di un provvedimento e a
garantire la legalità di essa, dichiarare la riconosciuta illegittimità dell’ordine di
esecuzione emesso dal pubblico ministero e, contestualmente, disporre la
liberazione della persona detenuta in esecuzione del medesimo ordine.

3

Sarebbe stato violato l’art. 735, comma 4, cod. proc. pen., poiché la Corte

La doglianza del Procuratore generale ricorrente, ultima nell’ordine
espositivo ma prima nell’ordine logico delle questioni proposte, secondo la quale
la Corte di appello di Cagliari non avrebbe potuto annullare il decreto di revoca
dell’ordine di sospensione dell’esecuzione emesso dallo stesso Procuratore,
poiché la competenza del giudice dell’esecuzione, a norma dell’art. 670 cod.
proc. pen., investirebbe il titolo esecutivo e non direttamente i provvedimenti
esecutivi del pubblico ministero, è, dunque, infondata nella misura in cui sembra

giudice sui provvedimenti del pubblico ministero per l’esecuzione dei
provvedimenti giurisdizionali anche quando quei provvedimenti si appalesino,
come ritenuto nel caso di specie, illegittimi.
Ciò posto, il ricorso del Procuratore generale è infondato anche nelle sue
principali deduzioni.
Sia l’ordinanza impugnata, sia il ricorso per cassazione non chiariscono un
passaggio fondamentale per comprendere la complessa vicenda esecutiva,
costituito dal fatto che, a seguito della sentenza italiana del 9/12/2010 di
riconoscimento delle due sentenze di condanna dell’autorità giudiziaria rumena
nei confronti del Velcu, fu emesso, il 28/12/2010, l’ordine di esecuzione della
pena residua determinata, come si è detto, in anni uno, mesi undici e giorni
diciannove di reclusione, e, contestualmente, fu disposta la sospensione della
medesima esecuzione a norma dell’art. 656, comma 5, cod. proc. pen., cui
seguì, nel prescritto termine di trenta giorni dalla notificazione, la richiesta del
Velcu, cittadino rumeno regolarmente residente in Italia, di essere ammesso alla
misura dell’affidamento in prova al servizio sociale.
Nelle more, come si è anche detto, il Velcu, portatosi nel suo paese di
origine, fu arrestato in Romania, il 23/01/2011, in esecuzione delle medesime
condanne e ivi rimase ristretto fino al 23/04/2012.
Nel frattempo, come si ricava dalla lettura del provvedimento di revoca della
sospensione dell’ordine di esecuzione, oggetto del controverso annullamento del
Giudice dell’esecuzione, il Tribunale di sorveglianza di Cagliari, investito
dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale tempestivamente
presentata dal Velcu, con una prima ordinanza del 20 settembre 2011, preso
atto della coeva detenzione del condannato per gli stessi titoli in Romania,
dichiarò non luogo a provvedere sulla stessa.
Analoga declaratoria di non luogo a provvedere, per avere il Velcu
sostanzialmente espiato l’intera pena in Romania con ammissione finale al
beneficio della liberazione condizionale, è stata emessa dal Tribunale di
sorveglianza in data 10 giugno 2013, come riportato nello stesso provvedimento
4

uk

postulare l’illegittimità, in radice, di qualsiasi intervento caducatorio diretto del

di revoca del Procuratore generale recante la medesima data del 10 giugno 2013
ed eseguito il successivo 14 giugno con l’arresto del Velcu, che ha promosso
l’attuale incidente.
Ne consegue che, avendo il condannato, secondo l’autorità rumena,
terminato l’espiazione della pena irrogata con le stesse sentenze già riconosciute
dal giudice italiano, alle quali, nel corso della detenzione in Romania, se ne era
aggiunta una terza confluita con le prime due in un provvedimento di cumulo

un’esecuzione in Italia delle pene di cui alle medesime condanne, e, per tale
ragione, il Tribunale di sorveglianza di Cagliari, in data 10 giugno 2013, ha
emesso nuovo provvedimento di non luogo a provvedere sulla misura alternativa
dell’affidamento in prova al servizio sociale a suo tempo richiesta dal Velcu, dopo
il primo analogo provvedimento di improcedibilità, adottato dallo stesso
Tribunale il 20 settembre 2011 e determinato dall’espiazione in corso, all’epoca,
nello Stato estero.
Erroneamente, invece, il Procuratore ricorrente postula un’esecuzione da
continuare in Italia per non avere il Velcu espiato l’intera pena residua di anni
uno, mesi undici e giorni diciannove in Romania, dove era rimasto detenuto dal
23/01/2011 al 23/04/2012, per un anno e tre mesi, fruendo di anticipata
scarcerazione per liberazione condizionale.
Proprio le disposizioni richiamate dalla parte pubblica ricorrente ovvero l’art.
3 della legge 3/07/1989, n. 257, intitolata “disposizioni per l’attuazione di
convenzioni internazionali aventi ad oggetto l’esecuzione delle sentenze penali”,
e l’art. 10 della legge 25/07/1988, n. 334, di ratifica ed esecuzione della
convenzione sul trasferimento delle persone condannate, adottata a Strasburgo il
21/03/1983, postulano che lo Stato di esecuzione sia vincolato alla natura
giuridica e alla durata della pena, così come stabilite dallo Stato che ha emesso
la condanna, e che la natura della pena o misura da eseguire debba
corrispondere, per quanto possibile, a quella inflitta con la condanna da
eseguirsi, e non possa essere più grave, per natura o durata, della sanzione
imposta nello Stato di condanna, oltre a non poter eccedere il massimo previsto
dalla legge dello Stato di esecuzione.
Ne discende, nel singolare caso occorso nella fattispecie, di sentenze di
condanna emesse da uno Stato estero, già riconosciute come eseguibili in Italia
e, tuttavia, eseguite nello Stato autore della condanna, dove il destinatario di
essa si era temporaneamente portato, fino all’ammissione dell’interessato al
beneficio della liberazione condizionale, così anticipandosi la scadenza finale della
pena, l’impossibilità di considerare ancora attuale l’esecuzione delle sentenze
5

emesso da quell’autorità, non vi era spazio per ritenere ancora attuale

straniere in Italia e di procedere, pertanto, all’arresto del condannato, nel
frattempo rientrato nel territorio nazionale, dovendo lo Stato di esecuzione
conformarsi alla durata e natura della pena o della eventuale misura alternativa
così come disposte dallo Stato di condanna. E poiché il condannato, nel caso in
esame, è stato ammesso dall’autorità dello Stato di condanna al beneficio della
liberazione condizionale, la quale, secondo l’ordinamento interno, è istituto di
diritto sostanziale, che comporta, oltre all’immediata liberazione, l’estinzione, sia

termini di legge, di un delitto o di una contravvenzione della stessa indole (Sez.
1, n. 1375 del 07/06/1984, dep. 04/07/1984, Berti, Rv. 165169; conforme: Rv.
158697), ne discende che alcuna esecuzione attuale avrebbe potuto essere
disposta in Italia nei confronti della stessa persona per le medesime sentenze di
condanna.
Illegittimamente, quindi, è stata disposta la revoca del decreto di
sospensione dell’ordine di esecuzione da parte del pubblico ministero e il
conseguente arresto del Velcu, a seguito del corretto provvedimento del
Tribunale di sorveglianza che aveva dichiarato l’improcedibilità della domanda di
affidamento in prova al servizio sociale a suo tempo proposta dal condannato,
raggiunto dall’ordine di esecuzione -contestualmente sospeso- delle condanne
riconosciute in Italia, prima di subire la carcerazione per le medesime condanne
nel proprio paese di origine.
Il Procuratore della Repubblica avrebbe dovuto, invece, prendere atto
dell’improcedibilità dell’esecuzione perché già avvenuta nello Stato che aveva
emesso le condanne e richiedere al Tribunale di sorveglianza il solo recepimento,
per assicurarne la continuazione nel territorio nazionale, della misura della
liberazione condizionale cui il Velcu era stato ammesso in Romania, previa
verifica di corrispondenza all’analogo istituto previsto dall’ordinamento interno,
senza ordinare l’arresto del condannato, in ossequio al principio del carattere
ancillare dell’esecuzione penale in Stato diverso da quello che ha inflitto la
condanna, sancito dall’art. 10 della Convenzione di Strasburgo del 21 marzo
1983.

2. Alla luce delle osservazioni che precedono, il ricorso deve essere pertanto
respinto, senza condanna alle spese, trattandosi di impugnazione proposta dal
pubblico ministero.

6

pure differita, della pena condizionatamente alla mancata commissione, nei

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Così deciso, in Roma, il 15 aprile 2014.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA