Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30606 del 11/03/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 30606 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
MOUKHLIS HAMID N. IL 08/09/1983
avverso l’ordinanza n. 355/2013 TRIB. SORVEGLIANZA di
CATANZARO, del 04/07/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. FILIPPO CASA;
lette/se le conclusioni del PG Dott.
4:3-1 V-t-G3114 ,

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Uditi difensor Avv.;

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C/AAL 14.42„ at-:(23

Data Udienza: 11/03/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza resa in data 4.7.2013, il Tribunale di Sorveglianza di Catanzaro
rigettava il reclamo proposto da MOUKHLIS Hamid avverso il decreto del 6.2.2013 con il quale
il Magistrato di Sorveglianza di Cosenza aveva ordinato l’espulsione del cittadino straniero ai
sensi dell’art. 16, comma 5, D. Lgs. n. 286/1998.
1.1. Sulla eccezione di omessa traduzione in lingua conosciuta, il Tribunale osservava

espulsione emesso ai sensi dell’art. 14, comma 1, dello stesso decreto. Per il decreto
impugnato, viceversa, doveva applicarsi la disciplina generale che subordina la necessità della
traduzione alla mancata conoscenza della lingua italiana (art. 143 cod. proc. pen.), circostanza
insussistente in concreto, “tanto che il detenuto aveva personalmente presentato un reclamo,
sebbene privo di motivi scritti, in lingua italiana”.
1.2. Parimenti infondato doveva ritenersi il secondo motivo di gravame, vertente sulla
pretesa inesistenza delle condizioni giustificanti l’espulsione ai sensi dell’art. 13, comma 2, D.
Lgs. cit..
2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione personalmente
MOUKHLIS Hamid.
2.1. Con il primo motivo, deduce “violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13, comma
7, D. Lgs. n. 268/98 e dei diritti di difesa della Convenzione dei diritti dell’uomo di New York
(art. 6 co. 3 lett. A) recepita con L. n. 4.8.55 n. 848) e del Patto internazionale relativo ai
diritti civili e politici (art. 14, co. 3, lett. A, recepito dalla L. n. 881 del 25.10.77)”.
Il Tribunale di Sorveglianza non aveva eseguito alcun accertamento sulla conoscenza,
da parte del ricorrente, della lingua italiana, limitandosi a dedurla dalla circostanza della
presentazione di un reclamo scritto in lingua italiana.
Non era dato sapere, tuttavia, se il reclamo fosse stato da lui solo sottoscritto senza
avere cognizione del contenuto scritto in italiano; i suoi diritti di difesa erano, comunque, stati
lesi, in quanto, oltre a non poter comprendere il contenuto del decreto, non gli fu neppure
nominato un difensore d’ufficio, come eccepito in udienza.
2.2. Con il secondo motivo, denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 16, comma
5, D. Lgs. n. 286/98 e dell’art. 76 cod. pen. e vizio di motivazione.
La condanna inflittagli dalla Corte di Appello di Milano con sentenza del 16.2.2011
(irrevocabile il 13.5.2011) riguardava alcuno fra i delitti ostativi alla espulsione previsti dall’art.
407 comma 2 lett. a) cod. proc. pen. (art. 73, comma 1 bis, D.P.R. n. 309/90); lamentava il
rigetto della richiesta di acquisizione di copia della sentenza “al fine di valutare esattamente la
qualificazione data al fatto e le circostanze dello stesso”.
2.3. Con il terzo motivo, lamenta errata motivazione.
Insiste nell’affermare di essere stato condannato per il reato di traffico di stupefacenti
aggravato “per quantità superiori e per adulterazione”; osserva che non si può procedere allo
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che l’art. 13, comma 7, del decreto citato imponeva la traduzione solo del provvedimento di

scioglimento del cumulo per imputare la pena espiata al reato ostativo e disporre l’espulsione
in relazione alla pena residua; nell’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza, infine, non erano
indicati il capo d’imputazione e la sentenza di condanna, né la condotta contestata.
2.4. Con il quarto motivo, si duole che il Tribunale calabrese abbia errato nel non
ritenere applicabile al caso di specie il divieto di espulsione in presenza di reati ostativi.
Si tratta della sostanziale ripetizione del motivo precedente.
2.5.

Con il quinto motivo, censura l’erroneità del provvedimento per ritenuta

Asserisce di non essere entrato illegalmente nel territorio dello Stato e di non essersi
mai sottratto ai controlli di frontiera, nonché di aver sempre tenuto un comportamento corretto
in carcere.
3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, nella sua requisitoria scritta, ha
concluso per l’ inammissibilità del ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è manifestamente infondato e va, pertanto, dichiarato inammissibile.
1.

Sull’eccezione della mancata traduzione in lingua conosciuta, il Tribunale di

Sorveglianza ha dato una congrua risposta, facendo presente che l’aver redatto e sottoscritto
“un reclamo” in lingua italiana presupponeva un sufficiente grado di conoscenza di detta lingua
da parte del ricorrente.
In sintonia con il Procuratore Generale in sede, si osserva, inoltre, che la comprensione
del contenuto dell’ordinanza emessa dal Giudice a quo si evince dall’essere stato l’atto oggetto
di un’articolata impugnazione personalmente sottoscritta dal ricorrente.
In nessuna violazione di legge di quelle denunciate è, quindi, incorso sul punto il
Tribunale.
2. Palesemente erroneo è il riferimento alla esistenza di un reato ostativo all’espulsione.
Con la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Milano in data 16.2.2011 (irr. dal
13.5.2011), citata nelle premesse del ricorso, il MOUKHLIS risulta condannato alla pena di
cinque anni di reclusione ed euro 30.000,00 di multa per il reato di cui agli artt. 110, 81 cpv.
cod. pen. e 73, comma 1 bis, D.P.R. n. 309/90.
Trattasi di reato, all’evidenza, non ostativo all’espulsione, in quanto non incluso
nell’elenco, richiamato dall’art. 16, comma 5, D. Lgs. n. 286/98, dei delitti previsti dall’art.
407, comma 2, lett. a), cod. proc. pen. (che include, quanto ai reati in tema di stupefacenti di
cui al n. 6), le ipotesi aggravate ai sensi dell’art. 80, comma 2, e la fattispecie associativa di
cui all’art. 74).
3. Quanto all’affermazione di non essere entrato illegalmente nel territorio dello Stato e
di non essersi mai sottratto ai controlli di frontiera, il ricorso deve ritenersi assertivo, aspecifico
e non autosufficiente, poiché non indica gli elementi documentali che il Tribunale di
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sussistenza dell’ “elemento soggettivo”.

Sorveglianza non avrebbe valutato o avrebbe illogicamente valutato, né il carattere decisivo
degli stessi.
4. Il Giudice di merito, viceversa, ha puntualmente dato conto della sussistenza, nel
caso del ricorrente, delle condizioni previste dall’art. 13, comma 2, lett. a) e b) per procedere
all’espulsione amministrativa dello straniero, alla stregua delle informazioni fornite dalla
Questura di Cosenza: il MOUKHLIS è entrato illegalmente nel territorio dello Stato, in data
imprecisata, attraverso il confine di Ventimiglia, non è stato respinto e non ha mai chiesto il

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ex lege la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle
Ammende, che si stima equo fissare in euro 1.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e al versamento della somma di C 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, 1’11 marzo 2014

Il Consig

estensore

Il Presidente

permesso di soggiorno.

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