Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30599 del 15/04/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 1 Num. 30599 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da

BEN YOUNESS SABER, nato in Marocco il 28 maggio 1972,

avverso la sentenza del Giudice di pace di Bologna, in data 2 luglio 2013, n.
132/2013.

Letti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
sentita la relazione svolta, nella pubblica udienza del 15

aprile 2014, dal

consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
udite le conclusioni Pubblico ministero presso questa Corte di cassazione, in
persona del sostituto procuratore generale, Aurelio Galasso, il quale ha chiesto il
rigetto del ricorso;
rilevato che il difensore dell’imputato non è comparso.

Data Udienza: 15/04/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza pronunciata in data 2 luglio 2013 il Giudice di pace di
Bologna ha dichiarato Ben Youness Saber, cittadino del Marocco, responsabile
del reato previsto dall’art. 10-bis d.lgs. 25/07/1998, n. 286, per aver fatto
ingresso o essersi comunque trattenuto illegalmente nel territorio dello Stato,

generiche, lo ha condannato alla pena di euro 5.000,00 di ammenda.

2. Avverso la predetta sentenza ricorre per cassazione l’imputato tramite il
difensore, il quale deduce il vizio di violazione di legge perché il fatto previsto
dall’art. 10 bis d.lgs. n. 286 del 1998, essendo in contrasto con la direttiva
dell’Unione europea, in tema di rimpatri, 2008/115/CE del Parlamento Europeo e
del Consiglio in data 16 dicembre 2008, divenuta esecutiva in Italia dal 25
dicembre 2010, non sarebbe più previsto come reato, come emergerebbe dalla
sentenza della Corte di giustizia dell’Unione Europea in data 6/12/2012, nel caso
Md Sagor.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
I temi proposti nell’impugnazione dell’imputato sono stati già oggetto di
scrutinio nelle competenti sedi e hanno trovato corretta soluzione in senso
conforme alla tesi del Giudice di pace.
Va, innanzitutto, rilevato che l’art. 10-bis d.lgs. 25/07/1998, n. 286
(abbreviato in T.U. imm.), inserito dall’art. 1, comma 16, lett. a), legge
15/07/2009, n. 94, recante: “Disposizioni in materia di sicurezza pubblica”,
modificato dall’art. 3, comma 1, lett. b), di. 23/06/2011, n. 89, convertito, con
modificazioni, dalla legge 2/08/2011, n. 129, incrimina le condotte di ingresso e
permanenza illegale dei cittadini non appartenenti all’Unione europea e degli
apolidi, gli uni e gli altri indicati nel testo normativo come “stranieri” (v. art. 1,
comma 1, T.U. imm.), e sanziona tali condotte con la pena dell’ammenda.
La norma ha superato il vaglio di compatibilità costituzionale: il Giudice delle
leggi, infatti, con sentenza n. 250 del 2010, ha precisato che l’art. 10-bis T.U.
imm. non punisce una condizione personale e sociale, quella cioè di straniero
clandestino o comunque irregolare, ma uno specifico comportamento, costituito
dal “fare ingresso” e dal “trattenersi” nel territorio dello Stato; si tratta, dunque,
di una condotta attiva istantanea (varcare illegalmente i confini nazionali) oppure
2

dove era sorpreso il 14 maggio 2012, in Bologna, e, con le circostanze attenuanti

di una condotta permanente di natura omissiva (non lasciare il territorio
nazionale pur non avendo titolo per il soggiorno legale in esso).
La rilevanza penale delle suddette condotte è correlata alla concreta lesione
del bene giuridico tutelato, individuabile nell’interesse dello Stato al controllo e
alla gestione dei flussi migratori, secondo un determinato assetto normativo, in
vista di beni pubblici di sicuro rilievo costituzionale.

imm. con la normativa sovranazionale e, in particolare, con la Direttiva
2008/115/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 16/12/2008, recante
norme e procedure comuni applicabili negli Stati membri al rimpatrio di cittadini
di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare (abbreviata in Direttiva Rimpatri), va
rilevato come di recente si sia pronunciata la Corte di giustizia che, con decisione
del 6/12/2012, causa C-430/11, Md Sagor, ha risposto alla domanda di
pronuncia pregiudiziale proposta dal Tribunale di Rovigo, ai sensi dell’art. 267 del
Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (abbreviato in TFUE),
dichiarando che:
a) non contrasta con la Direttiva la previsione come reato dell’ingresso e
soggiorno illegale sanzionato con la sola pena pecuniaria;
b) l’espulsione come sanzione sostitutiva, di per sé, non confligge con la
disciplina dell’Unione, con valutazione, caso per caso, della ricorrenza di ipotesi
derogatorie al termine da fissare per la partenza volontaria e, ove non ricorrenti,
con la fissazione del detto termine non inferiore a giorni sette, ed eventuale
divieto di (nuovo) ingresso per una durata non superiore ad anni cinque;
c)

la conversione, in caso di insolvibilità, della pena pecuniaria in

permanenza domiciliare, ai sensi dell’art. 55, comma 5, d.lgs. 28/08/2000, n.
274, è legittima se garantisce che l’esecuzione di tale pena cesserà a partire dal
momento in cui sarà possibile il trasferimento fisico dell’interessato fuori dallo
Stato membro.
In particolare, la Corte di Lussemburgo ha rilevato come le disposizioni della
Direttiva rimpatri non impediscano ai legislatori nazionali di affidare ad una
pronuncia giudiziaria di carattere penale la decisione impositiva dell’obbligo del
rimpatrio, secondo quanto previsto dall’art. 3, n. 4, della medesima Direttiva,
fatta salva l’esigenza che le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel
pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignità [Considerando (2)
della Direttiva], dando la prevalenza al rimpatrio volontario rispetto a quello
forzato, con la fissazione di un periodo congruo compreso tra i sette e i trenta
giorni per la partenza volontaria, da prorogare, ove necessario, tenendo conto
delle circostanze specifiche del caso individuale, quali la durata del soggiorno,
3

Passando alla compatibilità della fattispecie penale di cui all’art. 10-bis T.U.

;

l’esistenza di bambini che frequentano la scuola e l’esistenza di altri legami
familiari e sociali (art. 7, paragrafi 1 e 2, della Direttiva).
Fanno eccezione al principio del rimpatrio volontario [Considerando (10),
ib.] i casi in cui sussiste rischio di fuga, quelli in cui la domanda di soggiorno
regolare sia stata respinta in quanto manifestamente infondata o fraudolenta, i
casi in cui la presenza dell’interessato nel territorio nazionale costituisca un

7, paragrafo 4, ib.), fermo l’obbligo, ove debba farsi ricorso in ultima istanza a
misure coercitive di allontanamento nei confronti dello straniero che opponga
resistenza, che tali misure siano proporzionate e non eccedano un uso
ragionevole della forza (art. 8, paragrafo 4, ib.).
In sintesi, la disapplicazione della norma incriminatrice, di cui all’art. 10-bis
T.U. imm. e successive modifiche, sarebbe giustificata nel caso di irrogazione
della sanzione sostitutiva dell’espulsione, tuttora prevista dall’art. 16, comma 1,
T.U. imm., senza la fissazione del termine per la partenza volontaria, ai sensi
dell’art. 7, paragrafo 1, della Direttiva, salve le eccezioni di cui al paragrafo 4
dello stesso articolo, sopra richiamate, da valutare caso per caso; nell’ipotesi di
divieto di nuovo ingresso, a corredo della decisione di rimpatrio, per una durata
superiore ad anni cinque, in violazione dell’art. 11, paragrafo 2, della Direttiva;
e, ancora, nel caso di durata della permanenza domiciliare, in cui sia stata
eventualmente convertita la pena pecuniaria non eseguita per insolvibilità del
condannato, in misura eccedente il tempo in cui risulti impossibile il
trasferimento dello straniero irregolare fuori dallo Stato membro, per evitare la
surrettizia applicazione di sanzioni detentive.
Si tratta di aspetti pertinenti al profilo sanzionatorio “eventuale” del fatto
reato che, nella sua struttura essenziale, non contrasta con la Direttiva
dell’Unione europea in materia di rimpatri.
Va, dunque, affermato che la mera previsione di una sanzione pecuniaria di
natura penale per l’ingresso o il soggiorno illegale dello straniero nel territorio
nazionale, non accompagnata da misure di rimpatrio forzato incompatibili con la
normativa europea in materia (Direttiva rimpatri 115/2008/CE cit.), è rispettosa
dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, ai sensi dell’art. 117, comma
primo, Cost., sicché legittimamente il Giudice di pace ha ritenuto che il fatto
contestato integrasse la fattispecie criminosa di cui all’art. 10-bis T.U. imm., per
insussistente contrasto con il diritto dell’Unione europea, non risultando dagli atti
che l’imputato, al momento dell’accertamento della sua permanenza illegale in
Italia, fosse stato già destinatario di un ordine di rimpatrio e che fosse pendente

pericolo per l’ordine pubblico, la sicurezza pubblica o la sicurezza nazionale (art.

il termine previsto per la sua partenza volontaria, con la conseguente esclusione
dell’illiceità del suo comportamento.

2. Il ricorso, in conclusione, deve essere respinto e, a norma dell’art. 616,
comma 1, cod. proc. pen., il ricorrente va condannato al pagamento delle spese

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

Così deciso, in Roma, il 15 aprile 2014.

processuali.

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA