Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30597 del 11/03/2014


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 30597 Anno 2014
Presidente: SIOTTO MARIA CRISTINA
Relatore: CASA FILIPPO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZHIVANI BUJAR N. IL 27/03/1966
avverso la sentenza n. 2606/2012 CORTE APPELLO di CATANIA, del
28/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/03/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FILIPPO CASA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
t,e;:_ c,
che ha concluso per 2
Vt4‘.
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Aket,

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 11/03/2014

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 29.2.2012, il Tribunale di Modica dichiarava ZHIVANI Bujar
responsabile dei reati di tentato omicidio e porto abusivo di coltello aggravati e, riqualificato il
primo dei fatti imputati nel reato previsto dagli artt. 582, 583 c. 2 n. 3, 585 c. 1 cod. pen. in
relazione all’uso dell’arma, con esclusione dell’aggravante di cui agli artt. 577 c. 1 n. 4, 61 n. 1
cod. pen., e, ritenute le circostanze attenuanti generiche subvalenti rispetto alle contestate

reclusione.
2. Con sentenza del 28.1.2013, la Corte di Appello di Catania, in riforma della sentenza
del primo Giudice, determinava la pena in sei anni e due mesi di reclusione.
Osservava la Corte catanese che non residuava alcuna incertezza sulla materialità del
fatto e sulla identificazione del suo autore, posto che numerosi testi avevano descritto l’azione
lesiva dello ZHIVANI, il quale, in stato di ubriachezza e per futili motivi, attinse con due
coltellate al fianco sinistro la persona offesa Vrapi Edmond, procurandogli le lesioni gravissime
menzionate nell’imputazione.
Diversamente da quanto eccepito dalla difesa, non sussisteva alcun difetto di
correlazione tra accusa e sentenza, dal momento che era stato lo stesso P.M., in sede di
conclusioni, a chiedere la riqualificazione del fatto originariamente rubricato come tentato
omicidio aggravato in lesioni personali gravissime.
3. Ha proposto ricorso per cassazione per il tramite del difensore di fiducia ZHIVANI
Bujar.
3.1. Con il primo motivo, denuncia violazione di legge e vizio di motivazione.
Non poteva considerarsi sufficiente, sulla dedotta eccezione di difetto di correlazione tra
accusa e sentenza, il mero riferimento operato dalla Corte al mantenimento del “perimetro del
fatto”. Proprio la riqualificazione formulata in extremis imponeva una più puntuale disamina,
contestazione e motivazione in ordine alla sussistenza delle circostanze aggravanti e sulla loro
preventiva, corretta formulazione anche ai fini del concreto esercizio del diritto di difesa.
La Corte, focalizzando solo l’atto lesivo emergente (lesioni gravissime), aveva rinunciato
a motivare sull’elemento soggettivo e sulle circostanze del fatto-reato.
3.2. Con il secondo motivo, deduce vizio di motivazione sulla eccezione relativa alla
mancata acquisizione del telefono cellulare dell’imputato.
L’esame del predetto apparato avrebbe confermato l’atteggiamento soggettivo del
ricorrente in ordine a comportamenti rilevanti anche ai fini dei criteri di cui all’art. 133 cod.
pen. e di ogni altra circostanza del fatto-reato.
Nel testo della sentenza non era dato rilevare traccia dell’esame di tale motivo di
impugnazione.
3.3.

Con il terzo motivo, lamenta vizio di motivazione in ordine alla richiesta

assoluzione per il fatto sub B), essendo risultato provato che il fatto del quale l’imputato aveva
1

aggravanti, riconosciuta la continuazione, lo condannava alla pena di sette anni e sei mesi di

riconosciuto essere autore si era verificato non sulla pubblica via, ma all’interno di
un’abitazione.
In sentenza nulla veniva detto sul punto.
3.4. Con il quarto motivo, censura la carenza di motivazione sul motivo di appello
concernente l’insussistenza dell’elemento psicologico del reato sub A), fondantesi sul rilievo
che l’imputato aveva reagito alle aggressioni da parte della persona offesa, operate a colpi di
“palanchino” (una sorta di piede di porco).

3.5. Con il quinto motivo, ci si duole della carenza assoluta della motivazione sulla
richiesta riqualificazione del fatto come lesioni colpose.
3.6. Con il sesto ed ultimo motivo, si contesta carenza di motivazione sul trattamento
sanzionatorio, con specifico riferimento alla richiesta insussistenza dell’aggravante di cui all’art.
585 comma 1 n. 1 cod. pen. e all’applicazione delle circostanze attenuanti di cui agli artt. 62 n.
2, 62 n. 5 e 62-bis stesso codice.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
1.1. Com’è noto, in tema di correlazione tra accusa e sentenza non è necessaria la
modifica del capo di imputazione, ai sensi dell’art. 516 cod. proc. pen., allorché resta invariato
il complesso di quegli accadimenti che integrano gli elementi costitutivi e circostanziali dei quali
consta il reato e il mutamento attiene unicamente alla configurazione giuridica o “nomen iuris”
del fatto (Sez. 1, Sentenza n. 553 del 14/11/1994, dep. 20/1/1995, Faita, Rv. 200026).
E’ esattamente quanto avvenuto nel caso di specie, in cui, sulla base degli stessi
elementi di fatto che avevano dato luogo alla originaria imputazione di tentato omicidio
aggravato, il P.M., nella fase della discussione, ha chiesto di riqualificare detto reato in quello
di lesioni volontarie aggravate.
Della mancanza di immutazione del fatto ha, seppur sinteticamente, dato conto il
Giudice di secondo grado, sicché nessuna violazione di legge o carenza di motivazione può
essergli rimproverata.
2. Inammissibile deve ritenersi il secondo motivo di ricorso, per mancanza di interesse.
Risulta, invero, dallo stesso atto di appello che l’acquisizione del telefono cellulare del
ricorrente – in relazione alla quale richiesta il ricorrente deduce omessa motivazione – serviva
a dimostrare la verificazione di una circostanza che il teste Zaccaria Giovanni aveva già
confermato nella sua deposizione.
3. Sono, viceversa, fondati gli ulteriori quattro motivi di ricorso, dal momento che, sulle
relative, specifiche, deduzioni, la Corte di Appello di Catania ha mancato, anche dal punto di
vista “grafico”, di fornire alcuna risposta, trattando direttamente l’aspetto sanzionatorio dopo

2

Anche a tale censura non veniva dedicata alcuna risposta motivazionale.

aver brevemente affrontato la questione del preteso difetto di correlazione tra accusa e
sentenza.
Questa Corte ha, costantemente, affermato che, nella ipotesi (che è quella in esame), in
cui l’imputato con precise considerazioni svolga specifiche censure su uno o più punti della
prima pronuncia, il Giudice di Appello non può limitarsi a richiamarla (richiamo che, tra l’altro,
nella specie, si è risolto in una sorta di “estratto” di una decina di righe), ma deve rispondere
alle singole doglianze prospettate; in caso contrario, viene, evidentemente, meno la funzione

giurisdizionale.
Deve, dunque, ritenersi nulla per difetto assoluto di motivazione, a norma dell’art. 125
comma 3 cod. proc. pen., la sentenza di appello la quale si limiti, nella sostanza, a confermare
(quanto alla responsabilità dell’imputato) la motivazione della decisione impugnata,
trascurando di rispondere alle doglianze proposte dalla parte appellante (v., fra molte, Sez. 6,
Sentenza n. 49754 del 21/11/2012 Casulli e altri Rv. 254102).
4. La sentenza impugnata va, in conclusione, annullata, con rinvio per nuovo giudizio ad
altra Sezione della Corte di Appello di Catania, che dovrà colmare le carenze di motivazione
ravvisate.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte
di Appello di Catania.
Così deciso in Roma, 1’11 marzo 2014

D EP•SITATA

del doppio grado di giurisdizione ed è privo di ogni concreto contenuto il secondo controllo

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