Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30588 del 28/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30588 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
DERBYSHITE Martin, persona delegata a rappresentare la soc. CAVERSHAM
LLC nell’interesse della soc.

DEANSGATE LLC, di cui Caversham LLC è

amministratore unico;
avverso l’ordinanza del 12/11/2013 del Tribunale di Lecce che, quale giudice del
riesame, ha confermato il sequestro preventivo degli immobili realizzati dalla
società Deansgate per i quali si ipotizza l’esistenza dei reati previsti dagli
artt.181 del 42(2004 e 44, lett.c), del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380, reato in
corso di realizzazione;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale, Vito D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo rigettarsi il ricorso;
udito per il ricorrente l’avv. Stefano De Francesco, che ha concluso chiedendo
accogliersi il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 12/11/2013 il Tribunale di Lecce, quale giudice del
riesame, ha confermato il sequestro preventivo disposto dal Giudice delle

Data Udienza: 28/05/2014

indagini preliminari di Lecce in data 7/10/2013 degli immobili realizzati dalla
società Deansgate, ipotizzandosi l’esistenza dei reati previsti dagli artt.181 del
d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42 e 44, lett.c), del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380,
reato in corso di realizzazione.
Osserva il Tribunale che il Pubblico ministero procede nei confronti del sig.
Stuart Beh l Scott, quale legale rappresentante della società Deansgate LIc titolare
dell’area e dell’immobile e committente dei lavori, e del dr. Giovanni Siciliano,
professionista che ha curato la presentazione del progetto e diretto i lavori. I

e 44, lett.c), del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380.
Gli indagati avrebbero proceduto alla realizzazione di un intervento di
“risanamento conservativo”, assistito da permessi di costruire rilasciati dal
Comune di Salve e che vengono qualificati come illegittimi, avente a oggetto gli
immobili identificati come “Masseria Palaci” e costituiti da una torre seicentesca e
mura perimetrali. L’area e l’immobile ricadono in area soggetta a vincolo
paesaggistico ex lege e ricompresa in zona agricola E/1 (verde agricolo
produttivo) e, per quanto riguarda il PUTT della Regione Puglia, in “Ambito
Esteso D”.
Osserva il Tribunale che il progetto presenta, contrariamente al vero,
l’esigenza di ricostruire immobili diroccati (un tempo destinati a ricovero del
gregge, al ricovero degli attrezzi, ad abitazione dei contadini); tali immobili in
realtà non risultano esistenti, dovendosi ritenere esistenti solo la torre e le mura
perimetrali e alcuni ruderi da cui non è ricavabile alcuna ricostruzione del
pregresso esistente. Difettano, così, i presupposti in fatto per l’intervento di
risanamento e si è in presenza di un intervento di nuova costruzione che ha una
superficie assai rilevante (oltre 1.000 mc) a fronte di una estensione dell’area
che deve considerarsi limitata (circa 7,70 are).
Infine, afferma il Tribunale, la circostanza che i lavori siano ancora in corso
e l’impatto che la nuova unità residenziale è destinata ad avere sull’ambiente e
sul territorio impongono di ritenere esistenti le esigenze cautelari che giustificano
il sequestro.
2. Avverso tale decisione la società ricorrente propone ricorso in sintesi
lamentando:
a. Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. per avere il
Giudice delle indagini preliminari fatto ricorso a motivazione che opera “per
relationem” con riferimento alla richiesta del Pubblico ministero, a sua volta
meramente riproduttiva delle relazioni della polizia giudiziaria. Tale censura
non ha trovato risposta nel provvedimento del tribunale del riesame che,

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reati ipotizzati sono quelli previsti dagli artt.181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42

invece di dichiarare la nullità del decreto che risulta totalmente privo di
motivazione, ha sostituito la propria motivazione a quella del Giudice delle
indagini preliminari;
b. Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con
riferimento alla inutilizzabilità degli elementi desunti dalla consulenza tecnica
disposta dal Pubblico ministero. Dichiarata la inutilizzabilità della consulenza
a causa della irritualità della procedura di proroga del termine per le indagini,
il Tribunale avrebbe dovuto prendere atto del venir meno della motivazione

annullare il provvedimento; al contrario, ha radicalmente sostituito la ormai
inesistente motivazione, con intervento non consentito al giudice del
riesame;
c.

Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. per avere il
Tribunale totalmente omesso di affrontare il tema dei reati di falso contestati
al capo B) della imputazione provvisoria, di cui non vi è traccia né in
premessa né nel corpo della motivazione;

d. Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. con
riferimento al mantenimento del sequestro sul corpo di fabbrica
rappresentato dalla torre seicentesca e sull’antico forno, estranei alla
contestazione e per ammissione dello stesso Tribunale effettivamente
presenti in loco.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La Corte ritiene che il decreto di sequestro non sia giuridicamente privo
di motivazione e che di conseguenza tutte le censure relative alla esistenza del
correlato vizio motivazionale dell’ordinanza del Tribunale debbano considerarsi
infondate.
2. Il Giudice delle indagini preliminari ha basato il proprio decreto su una
serie di circostanze che emergono dalla richiesta del Pubblico ministero e dalla
consulenza tecnica.
2.1. Il fatto che il Giudice delle indagini preliminari rinvii “per relationenn” agli
elementi emergenti dagli accertamenti di polizia giudiziaria, condivisi e fatti
propri dal Pubblico ministero, non impedisce di ritenere sussistente una valida
motivazione, che nel caso del sequestro non può che avere come base i fatti
storici quali risultano dai provvedimenti amministrativi e dall’esito degli
accertamenti e dei sopralluoghi. Ciò che al Giudice delle indagini preliminari
viene richiesto è di valutare quei fatti e quegli elementi per verificarne la
rilevanza giuridica in relazione al “fumus” dei reati ipotizzati; e il decreto di

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del decreto di sequestro, che sugli esiti di quella consulenza si fonda, e

sequestro non appare alla Corte affetto sul punto da carenza motivazionale
rilevante ai sensi dell’art.125 cod. proc. pen., con la conseguenza che non si
versa in ipotesi di “inesistenza” della motivazione stessa e non possono trovare
applicazione al caso in esame i principi fissati dalla Sezioni Unite con la sentenza
29/5/2008, Ivanov, citata a pag.7 del ricorso.
2.2. Si versa, piuttosto, in ipotesi di vizio motivazionale che il Tribunale può
pacificamente integrare e che non può formare oggetto di motivo di ricorso,
giusta la disposizione dell’art.325, prima parte, cod. proc. pen. Quanto alla

convincimento sui fatti storici e sugli elementi che la polizia giudiziaria ha
“accertato” (termine che la Corte qui utilizza nei limiti propri della fase delle
indagini e della procedura cautelare). L’esistenza del potere di integrazione o
sostituzione della motivazione da parte del giudice del riesame è stata fissata
dalle Sez. Un. Penali con la sentenza n.25932 del 26/6/2008 e deve concludersi
che non sussiste, dunque, nessun profilo di illegittimità nel percorso
argomentativo del Tribunale mentre risulta manifestamente infondata la pretesa
del ricorrente di escludere che l’organo del riesame possa correggere l’errore in
cui è incorso il Giudice delle indagini preliminari e possa valutare in modo
autonomo gli elementi di fatto e le situazioni giuridiche emergenti dagli atti
d’indagine trasmessi dal Pubblico ministero.
3. Fatte queste premesse, la Corte rileva che il decreto di sequestro
evidenzia come la consulenza tecnica in atti ravvisi due profili fondamentali di
illegittimità della condotta dei soggetti protagonisti e dei provvedimenti
amministrativi: l’assenza in capo al richiedente della qualifica soggettiva di
imprenditore agricolo professionale; la falsità oggettiva degli elaborati
progettuali e delle relazioni. L’esistenza di quei vizi è stata ritenuta dal Tribunale
accertata a livello di “fumus” della violazioni di legge prospettate dal Pubblico
ministero non semplicemente richiamando la consulenza tecnica ma
provvedendo ad autonomo esame dei fatti emergenti dal complesso delle
indagini (sopralluoghi, atti amministrativi, documentazione). E’ sulla base di tali
elementi, di cui il Tribunale fa legittimamente uso, che l’intervento posto in
essere viene qualificato come una vera e propria ricostruzione, e cioè una nuova
costruzione ai sensi della lett.e) dell’art.3 del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380,
difettando i presupposti per la realizzazione di un “risanamento conservativo” ai
sensi della lett.c) della medesima disposizione e per la realizzazione di una
“ristrutturazione” prevista dalla successiva lett.d).
4. Sulla base delle considerazioni che precedono la Corte ritiene infondati i
primi due motivi di ricorso e ne dispone il rigetto.

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consulenza tecnica, pare alla Corte che il Tribunale abbia fondato il proprio

5. Quanto al terzo motivo di ricorso, si tratta di tema che non incide sul
provvedimento in esame e sulla decisione demandata a questa Corte. E’
evidente, infatti, che il Tribunale ha confermato il sequestro in relazioni alle
violazioni urbanistiche e all’esistenza di un “periculum in mora” derivante dal
carico urbanistico che ha formato oggetto di motivazione. L’esame dell’esistenza
di ipotesi di falso è stato compiuto dal Tribunale in modo indiretto e sulla base
della non veridicità degli elaborati e delle relazioni, elemento questo che assume
rilievo ai fini del giudizio negativo circa la correttezza dei provvedimenti

ai reati di falso non riverbererebbero alcun effetto sulla fondatezza e correttezza
del giudizio in ordine al sequestro, così che si è in presenza di motivo cui non
corrisponde un effettivo interesse della parte ricorrente a ottenere una pronuncia
in questa sede.
6. Merita, invece, accoglimento l’ultimo motivo di ricorso. Il Tribunale non
ha affrontato con chiarezza in motivazione il tema di quali siano le parti del
complesso immobiliare che sono state oggetto di intervento non conforme alla
legge. Se questo appare riferito in modo univoco a quelle parti diroccate che il
Tribunale ritiene non potessero costituire essere oggetto di legittima
ristrutturazione, non è dato comprendere dall’ordinanza impugnata se le
violazioni ipotizzate riguardino anche il nucleo antico dell’insediamento (torre e
pozzo) e se, dunque, anche per questo debba ritenersi sussistente il vincolo
cautelare. L’ordinanza va, quindi, annullata sul punto con rinvio al Tribunale di
Lecce per nuovo esame.
P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente alla individuazione dell’oggetto di
sequestro e rinvia al Tribunale di Lecce.
Così deciso il 28/5/2014

amministrativi e la legittimità delle opere. Eventuali limiti motivazionali in ordine

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