Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30586 del 18/03/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30586 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: GRILLO RENATO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PAGLIUSO PAOLO FABIANO N. IL 08/11/1946
avverso l’ordinanza n. 42/2012 CORTE APPELLO di CATANZARO,
del 04/05/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. REIATO GRILLO;
le,tte’sentite le conclusioni del PG Dott.
– CoWcQ.,) -(kr,(2,
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 18/03/2014

RITENUTO IN FATTO
1.1 Con ordinanza del 4 maggio 2012 la Corte di Appello di Catanzaro, decidendo in sede
di rinvio disposto da questa Corte Suprema con sentenza del 21 febbraio 2012, con la quale
era stata annullata l’ordinanza del 28 gennaio 2011 che aveva respinto la domanda di
riparazione per ingiusta detenzione avanzata nell’interesse di PAGLIUSO Paolo Fabiano,
riconosceva al predetto il diritto all’equa riparazione a tale titolo, determinando l’ammontare
della somma dovuta nella misura complessiva di C 61.316,41 e ponendo il pagamento a carico

1.2 Osservava la Corte calabra che, relativamente al segmento di detenzione carceraria
patita dal PAGLIUSO dal 16 aprile al 15 dicembre 2003 per quei reati per i quali era stata poi
pronunciata l’assoluzione con formula piena, pari a giorni 243 trascorsi tutti in regime dì
detenzione inframuraria, risultava dimostrata la ingiustizia della detenzione ed era da
escludere la ricorrenza di condotte dolose o gravemente colpose da parte del PAGLIUSO che
potevano avere indotto in errore il giudice nella emissione del provvedimento restrittivo e nel
suo mantenimento fino a quella data. Quanto al profilo risarcitorio ed alla quantificazione della
somma, la Corte di appello la parametrava in parte al coefficiente di C 235, 87 moltiplicato per
i giorni di detenzione, per un ammontare di C 57.316, 41 ed in parte (per aggiuntivi C
4.000,00) la determinava in via equitativa in relazione al pregiudizio derivato all’immagine del
PAGLIUSO, gravemente compromessa dalla notorietà del personaggio e dalla diffusione
mediatica della notizia che aveva ampliato a dismisura le ricadute negative della vicenda
carceraria a carico della predetta persona.
1.2 Avverso il detto provvedimento propone ricorso il PAGLIUSO a mezzo del proprio
difensore di fiducia lamentando, con il primo motivo, carenza di motivazione, sua
contraddittorietà e/o manifesta illogicità, per avere la Corte distrettuale – nel liquidare in via
equitativa una ulteriore, risibile somma di C 4.000, (pari ad C 500,00 per ogni mese di
detenzione) – contraddittoriamente ritenuto, per un verso, la notorietà del personaggio ed il
grave danno all’immagine subito dal PAGLUSO e, per altro verso, ritenuto congrua una misura

dello Stato in persona del Ministro pro tempore.

aggiuntiva parametrata in realtà sul medesimo coefficiente giornaliero stabilito per la
determinazione della somma “principale”. A detta della difesa la Corte avrebbe, in realtà,
seguito il criterio meramente aritmetico della liquidazione, pur essendo partita dalla premessa
corretta della necessità di seguire un criterio misto che tenesse conto, oltre che dalla oggettiva
ingiustizia della detenzione, anche delle ricadute in termini di pregiudizio all’immagine derivanti
dalla ingiusta detenzione e dalla diffusione della notizia: da qui, non solo la contraddittorietà e
manifesta illogicità della motivazione ma soprattutto la sua sostanziale carenza per non avere
nulla argomentato proprio sul profilo del danno ulteriore subito dal PAGLIUSO.
1.3 Con un secondo motivo viene dedotta la violazione di legge per manifesta illogicità
della motivazione e travisamento del fatto, in quanto la Corte distrettuale, per la parte della /
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istanza con la quale era stato richiesto un risarcimento del danno commisurato anche al grave
pregiudizio per le numerose ed eterogenee attività economiche del PAGLUSO non più
proseguite a causa della sua detenzione e per i riflessi negativi che avevano costretto lo stesso
a svendere alcune proprietà per poter pagare i debiti contratti con l’Amministrazione
Finanziaria, non aveva tenuto conto delle specifiche deduzioni difensive esposte nella domanda
di riparazione ed, in particolare, non aveva tenuto conto del dato costituito dal rapporto
intercorrente tra i pregiudizio della persona fisica ed il pregiudizio della persona giuridica di

industriale e commerciale ed aveva escluso qualsiasi nesso causale tra l’ingiusta detenzione ed
il pregiudizio subito dal PAGLIUSO per effetto della sua mancata partecipazione alla stipula di
determinati atti notarili avvenuta invece alla presenza di suoi legali rappresentanti. Ulteriore
vizio deriverebbe dalla decisione della Corte di Appello della inconfigurabilità di qualsiasi
pregiudizio conseguente al mancato accesso al condono tombale del 2003, in quanto la
deduzione difensiva evidenziava non già l’impossibilità di accedere alle disposizioni agevolative
finanziarie (in realtà non verificatasi) quanto la sopravvenuta necessità del PAGLIUSO, a causa
della sua detenzione, di svendere un immobile per far fronte ai debiti tributari, con
conseguente travisamento dei fatti da parte della giudice distrettuale.
1.4 Ha presentato memoria difensiva il Ministero dell’Economia e Finanze tramite
l’Avvocatura Generale, che ritiene congruamente e logicamente motivata la decisione
impugnata anche per quanto riguarda la determinazione aggiuntiva del danno, in quanto il
giudice di appello non si è attenuto rigidamente al criterio aritmetico ma ha operato una
valutazione globale delle ragioni del ricorrente liquidando la somma sulla base di un criterio di
ragionevolezza che ha tenuto conto degli ulteriori pregiudizi sofferti dal PAGLUSO.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va premesso, in punto di fatto, come ricordato puntualmente nella ordinanza
impugnata, che l’odierno ricorrente, noto imprenditore calabrese e presidente della squadra di
calcio del COSENZA militante nei campionati professionistici della F.I.G.C. (oltre che maggiore
azionista di tale società), veniva tratto in arresto in data 23 marzo 2003 per una serie di reati
(truffa aggravata ai danni della F.I.G.C. per le quali era successivamente intervenuta sentenza
di annullamento della S.C. per estinzione del reato per prescrizione); associazione a delinquere
e reati satelliti (per i quali era stata, invece, pronunciata sentenza assolutoria con ampia
formula liberatoria) e rimesso in libertà il 15 dicembre dello stesso anno. In particolare, la
porzione temporale per la quale il PAGLIUSO era stato detenuto ininterrottamente con
riferimento al reato associativo ed altri reati-fine per i quali era stata pronunciata l’assoluzione
nel merito con formula ampiamente liberatoria riguardava il periodo compreso tra il 16 aprile
2003 e il 15 dicembre 2003 giorno della avvenuta scarcerazione.

2

riferimento laddove la persona fisica ricopra ruoli societari in diversi settori dell’imprenditoria

1.1 Assolto in primo grado dal Tribunale di Cosenza con sentenza del 6 ottobre 2006
appellata dal Procuratore della Repubblica, il PAGLIUSO era stato, ancora una volta, assolto
dalla Corte di Appello di Catanzaro con sentenza del 17 novembre 2008 divenuta irrevocabile.
In occasione del suo iniziale arresto era stato disposto il sequestro preventivo di numerose
quote detenute dal detto soggetto nelle varie società in cui rivestiva ruoli apicali oltre che dei
conti correnti riconducibili allo stesso ed alle società a lui intestate. A causa della detenzione
egli era stato anche costretto a svendere alcune proprietà e beni personali al fine di accedere

2. Come ricordato dalla difesa del ricorrente, la conseguente domanda di riparazione per
ingiusta detenzione inizialmente rigettata dalla Corte di Appello di Catanzaro con ordinanza del
28 gennaio 2011 era stata poi accolta con l’ordinanza oggi impugnata a seguito di
annullamento con rinvio disposto da questa Suprema Corte – in accoglimento del ricorso
proposto dal PAGLIUSO – con la sentenza del 21 febbraio 2012. Nell’accogliere la domanda di
riparazione, la Corte calabra, a fronte della domanda di liquidazione dell’indennizzo nella
misura massima consenta dalla legge (C 516.496,00), liquidava la somma di C 61.316,41
rapportata, aritmeticamente, al numero dei giorni di detenzione secondo il parametro
economico di 235,50 per ogni giorno di detenzione carceraria e maggiorata di C 4.000,00,
calcolata in via equitativa in relazione alle conseguenze subite dal PAGLIUSO sia in termini di
pregiudizio morale che in termini di deterioramento delle condizioni economico-reddituali.
3. Tanto precisato, è certamente fondata la censura del ricorrente basata sulla illogicità
manifesta e contraddittorietà della motivazione con esclusivo riferimento alla liquidazione della
somma aggiuntiva ritenuta risibile soprattutto a fronte della premessa assolutamente corretta
dalla quale La Corte di Appello era partita evidenziando la grande notorietà del personaggio e
la diffusione mediatica della notizia del suo arresto che aveva suscitato grande clamore
nell’opinione pubblica non solo a livello locale ma anche nazionale in relazione alle rilevanti
dimensioni della vicenda processuale.
3.1 Nel proprio percorso argomentativo la Corte di Appello ha, di fatto, ignorato

al condono tombale del 2003.

quell’indirizzo interpretativo assolutamente prevalente già avviato dalle SS.UU. con la sentenza
n. 1 del 31 maggio 2005, poi ripresa e riconfermata con altra decisione delle SS.UU. n. 24287
del 9.5.2001, Rv. 218975, secondo il quale in tema di riparazione per ingiusta detenzione il
criterio da seguire per la liquidazione dell’indennizzo non è ancorato rigidamente a parametri
aritmetici o regole predeterminate ma va coniugato con il ricorso ad un criterio equitativo che
deve tenere conto in modo globale di alcuni indici (durata della custodia; conseguenze
personali e familiari scaturite dalla privazione della libertà in correlazione con quanto previsto
dall’art. 643 cod. proc. pen, ma anche in stretta correlazione con il c.d. “valore dinamico” che
la nostra costituzione attribuisce alla libertà individuale che impone quindi una valutazione
equitativa da operarsi caso per caso in relazione al rilievo di dati specifici che possono incidere
sul criterio di liquidazione da seguire in concreto).

3

V,

3.2 Peraltro l’orientamento successivo assunto da questa Corte sulla scia di quanto
statuito dalle SS.UU. si è radicato nel senso di coniugare il criterio aritmetico – che risponde
all’esigenza di garantire un trattamento tendenzialmente uniforme, nei diversi contesti
territoriali – con l’obbligo, per il giudice, di valutare le specificità, positive o negative, di
ciascun caso e, quindi, di integrare opportunamente tale criterio, innalzando ovvero riducendo
il risultato del calcolo aritmetico per rendere la decisione più equa possibile e rispondente alle
diverse situazioni sottoposte al suo esame (in termini, da ultimo, Cass. Sez. 4^ 17.6.2011 n.

Sez. 3^ 5.12.2013 n. 3912, D’Adamo, Rv. 258833; Sez. 4^ 24.10.2013 n. 46772, Marinkovic,
Rv. 257635).
3.3 Quel che occorre valutare, al di là del mero ed asettico criterio aritmetico uguale per
tutti, è, dunque, un ponderato esame di tutti i fattori presenti nel procedimento che
adeguatamente documentati possano dar conto della personalità, della storia personale
dell’imputato, del suo ruolo nella società; della sua attività professionale o lavorativa; della
conseguenze pregiudizievoli concretamente patite; delle conseguenze negative in termini di
danno alla salute: insomma di tutti quegli elementi di cui sia riscontrata la rilevanza e la
connessione eziologia con l’ingiusta detenzione patita.
3.4 E tanto più la notorietà del personaggio di volta in volta coinvolto è elevata o viene in
rilievo la specificità del ruolo professionale e della immagine sociale, tanto maggiore deve
essere lo scrupolo con il quale il giudice deve effettuare quella valutazione che, sebbene di tipo
equitativo e nell’ambito di una piena discrezionalità, non può essere disancorata rispetto a dati
processuali oggettivi.
3.5 D deficit del ragionamento argomentativo appare, poi, ancora maggiore laddove, pur
dandosi atto da parte del giudice di merito della presenza di elementi favorevoli per aumentare
l’entità della riparazione, di fatto non se ne tenga conto nella misura in cui quella percentuale
di aumento sia assolutamente risibile: ciò perché pur non assumendo la riparazione per
ingiusta detenzione funzione risarcitoria, non può parametrarsi il calcolo secondo criteri avulsi
dal contesto in cui quella valutazione “aggiuntiva” va operata, in quanto una soluzione di tal
fatta colliderebbe con le finalità di una decisione che sia – secondo l’indirizzo giurisprudenziale
dianzi riferito – la più equa possibile ed effettivamente rispondente alle diverse situazioni
sottoposte all’esame del giudice.
3.6 Peraltro va ricordato che il giudice, in questa operazione di liquidazione del quantum
con il criterio equitativo, non è tenuto ad una analitica motivazione con riferimento ad ogni
specifica voce di danno, essendo invece sufficiente che venga dato conto dei profili
pregiudizievoli apprezzati e di tutte le circostanze che hanno poi determinato una valutazione
conclusiva globale dell’indennizzo, purchè basata su criteri di ragionevolezza: criteri che nella

4

34857, Giordano, Rv. 251429; Cass. Sez. 4″ 6.10.2009 n. 40906, Mazzarotto, Rv. 245369;

specie la Corte ha mostrato di seguire. (per tale indirizzo v. Cass. Sez. 4″ 2.12.2005 n. 6282,
De Gennaro ed altro, Rv. 233531).
4. Alla stregua di tali considerazioni, va disattesa la tesi esposta dal Ministero nella sua
memoria difensiva, fondata su una malintesa e parziale interpretazione dell’art. 314 cod. proc.
pen.: ciò in quanto le argomentazioni addotte con l’ordinanza impugnata non danno conto, ed
anzi la contraddicono, della valutazione approssimativa con la quale la Corte di Appello ha
determinato la somma in via equitativa aggiuntiva rispetto alla liquidazione aritmetica che

dal ricorrente.
5. Orbene, nel caso in esame, la Corte territoriale è incorsa nel vizio denunciato che
appare ancor più eclatante se solo si confronti la premessa (condivisibile e corretta per come
riconosciuto dalla difesa del ricorrente) da cui è partita la Corte, che tiene conto anche del
conseguente [rispetto alla notorietà del personaggio ed all’eco della vicenda presso l’opinione
pubblica] “pregiudizio derivatone all’immagine ed alla considerazione sociale dello stesso”
(pag. 7 della ordinanza impugnata).
5.1 Non solo, dunque, contraddittorietà e manifesta illogicità, ma anche apparenza della
motivazione, in quanto, pur essendo ricorso il giudice al criterio di valutazione aggiuntivo, di
fatto questo approccio è stato svuotato di qualsivoglia contenuto e solo apparentemente si
profila rispettoso di quelle regole da tempo elaborate dalla giurisprudenza di questa Corte
Suprema in tema di liquidazione “aggiuntiva” del danno da ingiusta detenzione.
6. L’accoglimento del primo motivo assorbe il secondo peraltro strettamente connesso a
quello dedotto in principalità.
7. L’ordinanza impugnata va, conseguentemente, annullata con rinvio alla Corte di Appello
di Catanzaro che in quella sede dovrà uniformarsi ai principi di diritto come enunciati da questa
Suprema Corte
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio alla Corte di Appello di Catanzaro.
Così deciso in Roma il 18 marzo 2014
Il Presidente

costituiva proprio l’oggetto specifico – in termini di incongruità logica – della censura sollevata

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