Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30582 del 28/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30582 Anno 2014
Presidente: MANNINO SAVERIO FELICE
Relatore: MARINI LUIGI

SENTENZA
sul ricorso proposto da
RICCHELLO Luigi, nato a Melissano il 18/4/1968
avverso la sentenza del 27/9/2013 della Corte di appello di Lecce che ha
confermato la sentenza del 30/10/2011 del Tribunale di Lecce, sez. dist. di
Casarano, che ha condannato il sig. Ricchello alla pena di cinque mesi di arresto
e 40.000,00 di ammenda (pena sospesa condizionatamente alla demolizione
delle opere abusive) perché colpevole del reato continuato previsto dagli artt.44,
lett.b), del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 e 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42,
accertato il 17/8/2009; con condanna dell’imputato al risarcimento del danno in
favore della parte civile, Comune di Ugento;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Luigi Marini;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, Vito
D’Ambrosio, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 27/9/2013 la Corte di appello di Lecce ha confermato la
sentenza del 30/10/2011 del Tribunale di Lecce, sez. dist. di Casarano, che ha
condannato il sig. Ricchello alla pena di cinque mesi di arresto e 40.000,00 di

Data Udienza: 28/05/2014

ammenda (pena sospesa condizionatamente alla demolizione delle opere
abusive) perché colpevole del reato continuato previsto dagli artt.44, lett.b), del
d.P.R. 6 giugno 2001, n.380 e 181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42, accertato il
17/8/2009; con condanna dell’imputato al risarcimento del danno in favore della
parte civile, Comune di Ugento.
2. La corte territoriale ha ritenuto provato che il sig. Ricchello, titolare di
concessione demaniale per lo svolgimento di attività di balneazione, ha realizzato
opere abusive perché totalmente difformi dall’autorizzazione ricevuta e in parte

edificazione di un capanno per attrezzi della superficie di 9 metri quadrati, il sig.
Ricchello ha collocato sull’arenile un chiosco-bar prefabbricato e ha posto in
opera un sistema di traverse in legno, così occupando abusivamente circa 115
metri quadri di terreno; ha inoltre realizzato una struttura di pilastri in legno con
traverse superiori che occupa ulteriori 63 metri quadri. Escluso che le opere
possano essere qualificate come precarie, la Corte di appello ha rilevato che la
natura delle opere e la presenza di vincolo paesaggistico impongano di ritenere
sussistente anche il reato ex art.181 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42. Quanto
all’invocata applicazione della condizione prevista dal comma 1-quinquies di tale
ultima disposizione, la Corte ritiene che difetti la prova dell’avvenuta rimessione
in pristino e che questa risulterebbe in ogni caso, anche nella prospettiva
dell’imputato, riguardare solo una parte delle opere abusive. Infine, la Corte di
appello, anche alla luce di una precedente condanna per fatti di analoga natura,
ha rigettato le censure mosse in ordine al trattamento sanzionatorio e alla
subordinazione della pena alla demolizione del manufatto.
3.

Avverso tale decisione il sig. Ricchello propone ricorso in sintesi

lamentando:
a. Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. e
travisamento del fatto per avere i giudici di merito erroneamente valutato le
dichiarazioni dei testi Melilli e Cucci e la documentazione in atti sotto un
duplice profili: 1) contrariamente a quanto affermato in sentenza, il chiosco
realizzato aveva superficie identica a quanto autorizzato e le restanti opere
erano costituite da meri strumenti destinati a ombreggiatura; 2) con note del
3 e 4 novembre 2009 la G.d.F. ha accertato la riduzione in pristino dello stato
dei luoghi, avendo il ricorrente provveduto, su autorizzazione del Pubblico
ministero, a intervenire in tal senso prima che gli fosse notificato un ordine
dell’autorità e prima della sentenza del Tribunale;
b. Errata applicazione di legge ex art.606, lett.b) cod. proc. pen. con riferimento
alle strutture ombreggianti, che sono state realizzate in conformità alle N.T.A

2

totalmente prive di autorizzazione. In particolare, ottenuta l’autorizzazione per la

della Regione Puglia e alla circolare n.120 del 24/5/2001 del Ministero
competente e che hanno natura precaria e facilmente rimuovibile;
c. Vizio di motivazione ai sensi dell’art.606, lett.e) cod. proc. pen. per essere
contraddittoria la decisione di negare al ricorrente le circostanze attenuanti
generiche con la decisione di sospendere condizionalmente la pena.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato con riferimento alla contestazione

stesso ricorrente riferisce di avere ottenuto l’autorizzazione a installare sull’area
in concessione un piccolo capanno di 9 metri quadrati destinato a deposito;
l’autorizzazione aveva così ad oggetto una struttura a servizio del titolare della
concessione. Ciò che egli ha abusivamente realizzato di fatto è una struttura
destinata a fungere da punto di ristoro assistita da ulteriori e significativamente
estese strutture desinate a ombreggiatura; in altri termini, una struttura
complessa destinata non ad agevolare l’attività di gestione del titolare della
concessione, bensì un’opera di carattere commerciale destinata a servire i clienti
e per questo necessitante di una vasta area ombreggiata che non avrebbe avuto
alcun significato ove fosse stato posizionato un semplice box destinato a
deposito. La differenza fra quanto realizzato e quanto autorizzato è totale sia per
destinazione sia per superficie occupata e impatto visivo.
2. Né può ritenersi che la precarietà dell’intervento si leghi al carattere
stagionale dello stesso, avendo più volte questa Corte chiarito che la
destinazione dell’opera a servire per un arco di tempo limitato costituisce uno
degli elementi da prendere in esame per la sussistenza del reato, ma non può
essere invocata come elemento che priva di rilevanza la condotta allorché tale
arco temporale ha estensione consistente e coincide con l’intera stagione
balneare (tra le altre, si veda Sez.3, n.34763 del 21/6/2011, Bianchi).
3. Non è inutile, poi, osservare che la stessa circolare invocata dal ricorrente
a pag.9 dell’impugnazione prevede che il posizionamento di opere di servizio non
fissate al suolo possa avvenire “previa semplice comunicazione all’autorità
concedente”, adempimento che trova la sua evidente “ratio” nell’esigenza di
evitare facili abusi.
4. Quanto sopra rende evidente la sussistenza anche del reato ex art.181 del
d.lgs. 22 gennaio 2004, n.42, risultando indubitabile l’impatto ambientale che la
vasta struttura complessivamente realizzata presentava se raffrontata con la
piccola struttura oggetto di autorizzazione.

3

concernente l’ipotesi ex art.44, lett.c), del d.P.R. 6 giugno 2001, n.380. Lo

5.

Lamenta, tuttavia, il ricorrente che i giudici di merito non abbiano

ritenuto efficace e tempestivo l’intervento di riduzione in pristino realizzato già
nel novembre 2009. Il ricorrente indica a supporto della propria censura i verbali
redatti dalla G.d.F. il 3 e 4 novembre, ma non chiarisce se essi sono stati
acquisiti al fascicolo dibattimentale, né risponde all’osservazione, contenuta nella
motivazione della sentenza impugnata, secondo la quale difetta la prova che la
riduzione in pristino abbia interessato tutte e non solo parte delle opere abusive.
Va rilevato, poi, che se i giudici di merito avessero ritenuto provata l’avvenuta

concessa sospensione condizionale della pena.
Ciò impone di considerare generico il motivo di ricorso e come tale
sanzionabile di inammissibilità ai sensi degli artt.581, lett.c) e 591, lett.c) cod.
proc. pen.
6.

Quanto alle censura che concerne la mancata concessione delle

circostanze attenuanti generiche, la Corte rileva che, nonostante la diversa
natura e finalità dei due istituti, può sussistere in concreto una incoerenza logica
fra il giudizio prognostico favorevole che supporta la concessione del beneficio ex
art.163 cod. pen. e il giudizio negativo sulla personalità che conduce a negare le
circostanze attenuanti generiche. Tale incoerenza non si ravvisa nel caso in
esame. La Corte non ritiene illogico o contrario alla legge che l’ esistenza di una
precedente condanna per fatti di analoga natura sia stata valutata dai giudici di
merito come elemento che supera ogni diversa considerazione e risulta
incompatibile con la concessione delle circostanze attenuanti generiche; nello
stesso tempo, la decisione di subordinare la sospensione condizionale della pena
alla condotta riparatrice appare del tutto compatibile e, anzi pienamente in linea
sul piano logico, con la constatazione dell’esistenza di una precedente violazione
avente contenuto simile e con la possibilità che l’ordine di demolizione costituisca
remora per future violazioni.
7. Sulla base delle considerazioni fin qui svolte il ricorso deve essere
dichiarato inammissibile, con conseguente condanna del ricorrente, ai sensi
dell’art.616 c.p.p., al pagamento delle spese del presente grado di giudizio.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data del 13
giugno 2000, n.186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso
sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via
equitativa, di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

4

riduzione in pristino non avrebbero subordinato alla demolizione delle opere la

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese del presente giudizio, nonché al versamento della somma di Euro 1.000,00
alla Cassa delle Ammende.

Così deciso il 28/5/2014

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