Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30576 del 20/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30576 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
– MECCA LUCA, n. 13/11/1971 a BERGAMO

avverso la sentenza del tribunale di VICENZA in data 28/09/2012;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. F. Baldi, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
udite, per il ricorrente, le conclusioni dell’Avv. M. Dallavalle, in sostituzione
dell’Avv. A. Corte, che ha chiesto accogliersi il ricorso e, in subordine, annullarsi
senza rinvio l’impugnata sentenza per estinzione del reato per prescrizione;

Data Udienza: 20/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. MECCA LUCA ha proposto ricorso avverso la sentenza del tribunale di
VICENZA, emessa in data 28/09/2012, depositata in data 9/10/2012, con cui il
ricorrente veniva condannato per il reato di cui all’art. 5, lett. b) e 6, comma 4,
legge n. 283/1962 alla pena di € 2.000,00 di ammenda, con il concorso di

2. Con il ricorso, proposto dal difensore fiduciario cassazionista, vengono dedotti
tre motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la
motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. c) c.p.p., in
relazione all’ordinanza con cui il tribunale ha ammesso la testimonianza del teste
Ciliberto ed il conseguente provvedimento di utilizzabilità per violazione degli
artt. 356 e 357 c.p.p. in relazione agli artt. 142 e 191 c.p.p.
Si censura la sentenza per aver ammesso ed escusso come teste il verbalizzante
Ciliberto, nonostante l’opposizione difensiva; il predetto verbalizzante, pur
avendo partecipato a tutte le attività ispettive, non aveva sottoscritto né il
verbale di ispezione né quello di sequestro; all’ispezione presso il supermercato
Auchan sarebbe stato presente il veterinario ASL, non risultando alcunché dal
verbale; nessuno dei verbalizzanti, durante l’ispezione, diede avviso al ricorrente
di farsi assistere durante gli accertamenti da un difensore, ex artt. 356 c.p.p. e
114 disp. att. c.p.p.; pur non essendo documentata in atti, l’attività del Ciliberto
deve qualificarsi come attività di perquisizione (art. 352 cpp) o di accertamento
(art. 354 cpp), attività che l’art. 357 cpp impone debba essere documentata con
verbale; non sarebbero state indicate tutte le persone presenti al fatto (in
particolare il Ciliberto), né le stesse hanno sottoscritto i verbali medesimi; il
verbale, dunque, ai sensi dell’art. 142 c.p.p. deve considerarsi nullo, in quanto vi
è incertezza sulle persone intervenute e su chi abbia compiuto l’attività di
sopraluogo e sequestro; non essendo atto a firma del Ciliberto, ciò avrebbe
determinato la violazione del diritto di difesa, in quanto non è stato possibile
procedere a contestazione, soprattutto laddove si consideri che di quanto
dichiarato in udienza non v’è traccia nel verbale di ispezione o di sequestro, in
cui si parla genericamente di prodotti ittici in cattivo stato di conservazione,
senza alcun riferimento alla presenza di brina, bruciature da freddo e glassatura

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attenuanti generiche (fatto contestato come commesso il 21/09/2007).

non uniforme, come descritte nel capo di imputazione e riferito dal Ciliberto nella
sua deposizione.
L’attività svolta dal verbalizzante è, oltremodo, illegittima in quanto nessuno ha
dato avviso alla parte della possibilità di farsi assistere da un difensore ex art.
356 c.p.p.; la circostanza sarebbe stata appresa dalla difesa solo al dibattimento,
in quanto il verbale di ispezione non era stato preventivamente acquisito al
fascicolo per il dibattimento, né erano stati indicati quali testi del PM coloro che

fossero intervenuti presso il supermercato nel corso di una normale attività di
vigilanza, in quanto, ravvisati estremi di reato, gli stessi avrebbero dovuto
osservare le disposizioni dell’art. 220 disp. att. c.p.p.; la nullità dell’accertamento
non avrebbe potuto essere sanata mediante audizione quali testi dei
verbalizzanti che avevano compiuto le operazioni, con conseguente
inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal Ciliberto ex art. 191 c.p.p. e comunque
ai sensi dell’art. 185 c.p.p.; il tribunale ha ritenuto che, trattandosi di nullità a
regime intermedio, la stessa avrebbe dovuto essere eccepita nei termini indicati
dall’art. 182 c.p.p.; la motivazione non sarebbe corretta, in quanto la
testimonianza del Ciliberto sarebbe stata assunta in violazione di legge, con
conseguente inutilizzabilità, deducibile in ogni stato e grado del processo; in ogni
caso, l’eccezione sarebbe stata tempestivamente proposta, essendosi il difensore
opposto all’ammissione quale teste del Ciliberto all’ud. 2/07/2010, sicchè non si
sarebbe verificata alcuna decadenza e, comunque, ai sensi dell’art. 182 c.p.p. le
nullità verificatesi nel giudizio devono essere eccepite con l’impugnazione della
sentenza, come avvenuto nel caso in esame.

2.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) c.p.p., per
violazione dell’art. 42 c.p.
La sentenza ha ritenuto il ricorrente responsabile della violazione accertata
perché, nella qualità di direttore del supermercato Auchan, aveva il dovere di
evitare l’esposizione di prodotti irregolari, sicchè avrebbe omesso di impartire le
prescrizioni al fine di evitare che, prima dell’apertura dell’esercizio, venissero
eliminati dalla vendita i prodotti risultati in cattivo stato di conservazione;
l’affermazione di responsabilità non avrebbe però tenuto conto delle risultanze
istruttorie e, in particolare, delle dichiarazioni del teste Benelli, il quale ha riferito
che le dimensioni aziendali erano rilevanti (circa 400 dipendenti), che
l’organizzazione era di tipo piramidale con al vertice il direttore e una squadra di
responsabili, che ogni reparto è unità produttiva a sé stante la cui gestione è
affidata al caporeparto, che il direttore ha solo compiti di organizzazione
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tale verbale avevano sottoscritto; non rileva la circostanza che i verbalizzanti

generale della struttura mentre i capireparto hanno tra le loro mansioni quelle di
verifica del corretto rispetto delle norme igieniche e sanitarie con riferimento ai
prodotti esposti nei propri reparti, che esiste un manuale di autocontrollo in cui
sono prescritte le operazioni da svolgersi da parte degli addetti e che tutto il
personale viene formato in tal senso; in particolare, dalla documentazione
allegata dalla difesa, risulta che le procedure prevedono espressamente che il
personale debba controllare, quanto ai prodotti congelati, sia la verifica delle

scongelamento; analoghe procedure sono previste per i prodotti freschi; il
direttore non potrebbe essere considerato responsabile solo in tale sua veste,
come del resto escluso dalla più recente giurisprudenza di legittimità, non
potendosi nemmeno ritenere sussistere una culpa in vigilando in capo al direttore
del supermercato, il giorno del controllo risultato assente.

2.3. Deduce, con il terzo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. e) c.p.p., in

relazione al reato di cui all’art. 5, legge n. 283/1962.
La sentenza ha ritenuto sussistere il reato de quo in quanto, secondo il teste
Ciliberto, era stata riscontrata la presenza di prodotti ittici con bruciature da
freddo e glassatura non uniforme, fenomeni che si sarebbero verificati in
conseguenza di congelamento e ricongelamento, ossia a seguito dell’interruzione
della catena del freddo; la sentenza non terrebbe conto, sul punto, delle censure
difensive; in particolare, le dichiarazioni del teste non sarebbero riferibili
all’accertamento svolto presso il supermercato

Auchan

ma ad altro

supermercato, in quanto generiche, atteso che in quei giorni erano stati
numerosi i controlli svolti presso tali strutture, sicchè ben avrebbe potuto essersi
confuso il teste; inoltre le sue dichiarazioni sarebbero smentite dal c.t.p. Bossi e
dai documenti prodotti, da cui risulterebbe che i frigoriferi fossero perfettamente
funzionanti e che gli stessi erano allarmati e gestiti in telecontrollo dalla ditta
Tasselli che, pertanto, avrebbe ricevuto una segnalazione immediata in caso di
guasti o malfunzionamenti, impedendo lo scongelamento dei prodotti; secondo,
poi, la c.t.p. dell’ing. Bossi, le bruciature riscontrate sui prodotti ittici sarebbero
indipendenti dall’interruzione della catena del freddo né avrebbero rilievo sulle
caratteristiche organolettiche, microbiologiche e di qualità del prodotto;
analogamente la presenza di brina e glassatura non uniforme non sarebbe
imputabile ad un cattivo stato di conservazione, ma dovuta al contatto della
superficie del prodotto con un carico termico localizzato che avrebbe fatto
sublimare l’acqua superficiale, normalmente presente sulle confezioni,
trasformandola in vapore acqueo successivamente cristallizzato, con formazione
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temperature che la presenza di prodotti con segni di alterazione e

di ghiaccio in polvere, senza provocare alterazione o deterioramento del
prodotto; per aversi scongelamento dei prodotti occorrerebbero temperature di
molto superiori a O° per un periodo di tempo incompatibile con le condizioni in
cui i prodotti venero rinvenuti; in ogni caso lo scongelamento ed il
ricongelamento si sarebbero potuto accertare con analisi chimiche e
batteriologiche del prodotto, cosa non effettuata; in ogni caso, secondo la
giurisprudenza di questa Corte, non può ritenersi sufficiente ai fini della prova

conservazione, ma occorre un accertamento concreto, nel caso di specie
mancante; la sentenza impugnata, pertanto, sarebbe carente di motivazione e
comunque contraddittoria finendo per dare come dimostrato il cattivo stato di
conservazione dei prodotti, che, invece, avrebbe dovuto essere dimostrato con
rigoroso accertamento, donde l’imputato avrebbe dovuto essere assolto
quantomeno ai sensi dell’art. 530, comma 2, c.p.p.

CONSIDERATO IN DIRITTO
3. Il ricorso dev’essere accolto per le ragioni di seguito esposte.

4. Fondati sono, infatti, il secondo ed il terzo motivo di ricorso.
Ed invero, difetta nella sentenza impugnata la prova dell’esistenza del cattivo
stato di conservazione dei prodotti; vero è che non occorre un accertamento
analitico e che è sufficiente, per ritenere provato detto stato, quanto affermato
dai verbalizzanti (v., da ultimo: Sez. 3, n. 12346 del 04/03/2014 – dep.
17/03/2014, Chen, Rv. 258705), ma è altrettanto vero che gli elementi emersi in
dibattimento (v., in particolare, la dep. Bossi) erano idonei ad insinuare il dubbio
che le modalità di conservazione fossero in concreto idonee a determinare il
pericolo di deterioramento del prodotto o una danno concreto per la salute.
Sul punto, si è infatti precisato che, con riguardo alla contravvenzione di cui
all’art. 5, lett. b), L. 30 aprile 1962 n. 283, ai fini dell’accertamento dello stato di
conservazione degli alimenti detenuti per la vendita, non sono indispensabili né
un’analisi di laboratorio né una perizia, essendo consentito al giudice di merito
pervenire ugualmente al detto risultato attraverso altri elementi di prova, quali le
testimonianze di soggetti addetti alla vigilanza, allorché lo stato di cattiva
conservazione sia palese e quindi rilevabile da una semplice ispezione (Sez. 3, n.
35234 del 28/06/2007 – dep. 21/09/2007, Lepori, Rv. 237520). E ciò è mancato
nel caso in esame, atteso che la presenza di bruciature sui prodotti ittici o la
presenza di brina e glassatura non uniforme non costituivano indizi in equivoci di
5

del reato in esame, la mera presunzione dell’inidoneità delle modalità di

una “cattivo stato di conservazione”, alla luce delle spiegazioni tecniche fornite
dall’ing. Bossi, senza che, sul punto, la sentenza impugnata abbia svolto un
adeguato approfondimento sotto il profilo argomentativo.
Analogamente ritiene il Collegio fondato anche il secondo motivo; ed infatti,
emerge dagli atti che all’udienza del 2 luglio 2010 era stato acquisto il manuale
HACCP di autocontrollo, in cui si sono indicate precise procedure operative sulla
verifica dell’adempimento delle prescrizioni in materia di igiene degli alimenti

presso la struttura di vendita. In particolare, per quanto riguarda i prodotti
congelati, le procedure di controllo prevedevano espressamente sia la verifica
delle temperature, sia la verifica della presenza di prodotti con segni di
alterazione e di scongelamento.
La sentenza impugnata, sul punto, non offre alcuno spunto critico, non essendosi
il giudice posto

il

problema della verifica della

“culpa in vigilando”

del

responsabile del punto vendita della catena di supermercati alimentari.

5. L’accoglimento del secondo e del terzo motivo di ricorso, oltre ad assumere
valenza assorbente rispetto al primo motivo, impedisce a questa Corte di
disporre l’annullamento con rinvio per vizio di motivazione, attesa l’intervenuta
estinzione del reato per prescrizione (maturata in data 2 marzo 2013, dovendosi
aggiungere al termine originario di scadenza, individuato nel 21 settembre 2012,
il periodo di sospensione dal 18 novembre 2011 al 27 aprile 2012, per adesione
del difensore all’astensione proclamata dalla categoria professionale di
appartenenza).

6.

Invero, poiché la decisione impugnata non mostra di approfondire la

questione della prova del cattivo stato di conservazione della esistenza di una
culpa in vigilando del titolare del punto vendita, quantomeno sotto tali profili,
l’accoglimento delle censure difensive sul punto, comporterebbe l’obbligo per
questa Corte di disporre l’annullamento dell’impugnata sentenza per vizio di
motivazione con rinvio ad altro giudice del tribunale di Vicenza per nuovo
giudizio sul punto.
Tuttavia, come detto, ciò non è consentito a questa Corte di legittimità, atteso

che, per costante insegnamento delle Sezioni Unite, in presenza di una causa di
estinzione del reato, non sono rilevabili in sede di legittimità vizi di motivazione
della sentenza impugnata in quanto il giudice del rinvio avrebbe comunque
l’obbligo di procedere immediatamente alla declaratoria della causa estintiva
(Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009 – dep. 15/09/2009, Tettamanti, Rv. 244275;

6

h

(

conf.: Sez. U, n. 1653 del 21/10/1992 – dep. 22/02/1993, Marino ed altri, Rv.
192471).

7.

L’impugnata sentenza dev’essere, pertanto, annullata senza rinvio, per

intervenuta estinzione del reato per prescrizione.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è estinto per
prescrizione.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2014

Il Consigliere est.

Il Presidente

P.Q.M.

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