Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30575 del 20/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30575 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
– LIMONGI SAVERIO, n. 11/04/1943 a TERMOLI

avverso la sentenza della Corte d’appello di CAMPOBASSO in data 27/06/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. F. Baldi, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;

Data Udienza: 20/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. LIMONGI SAVERIO ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte
d’appello di CAMPOBASSO, emessa in data 27/06/2013, depositata in data
5/07/2013, che, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di LARINO, sez.
dist. TERMOLI del 6/07/2010, condannava il ricorrente per il reato di cui all’art.

ammenda (fatto contestato come accertato il 1/11/2008).

2. Con il ricorso, proposto dal difensore fiduciario cassazionista, vengono dedotti
due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la
motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con un primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b) e c) c.p.p.
La Corte territoriale avrebbe erroneamente valutato le censure svolte dal
ricorrente quanto all’irregolare svolgimento del processo di primo grado,
supplendo alle carenze del giudice di primo grado che aveva chiuso
frettolosamente il dibattimento senza esaminare l’imputato che non aveva potuto
presenziare all’udienza e, quindi, senza ulteriore termine, era rimasto
contumace; i giudici d’appello avrebbero ritenuto che l’esame dell’imputato non
era stato ammesso dal primo giudice (come dimostrato dal fatto che la parte del
verbale era stata interlineata con un cerchio); la Corte territoriale avrebbe,
altresì, ratificato l’irrituale ammissione di un teste non citato dall’accusa,
sostenendo che si sarebbe trattato di un mero refuso, vizio che avrebbe
determinato l’inutilizzabilità delle dichiarazioni del teste.

2.2. Deduce, con un primo motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. e) c.p.p., in
ordine al punto inerente la violazione dell’art. 44, d.P.R. n. 380/2001.
La Corte territoriale, a fronte della modestia del fatto, avrebbe ritenuto
penalmente rilevante la realizzazione di tre modeste luci su una parete laterale
dell’immobile, pur trattandosi di opera al più soggetta a d.i.a. e quindi
suscettibile solo di sanzione pecuniaria; la Corte d’appello, supplendo al deficit
motivazionale del primo giudice, avrebbe erroneamente parificato finestre e luci
ove comportino modifiche alla sagoma dell’edificio, laddove, diversamente, le
“luci” non avrebbero modificato la predetta sagoma; la Corte, ancora, avrebbe
ritenuto che la posizione delle luci fosse sul prospetto dell’immobile, circostanza
smentita dai testi che avrebbero invece chiarito che all’esterno, su un muro
2

44, d.P.R. n. 380/2001 alla pena sospesa di gg. 10 di arresto ed € 6.000,00 di

laterale, vi erano solo aperture orizzontali mentre la struttura a vasistas era
interna ed irrilevante a fini urbanistici; si consideri, inoltre, che lo stesso
comandante dei VV.UU. ha riferito che per le luci era sufficiente la d.i.a.; inoltre,
la conclusione cui era pervenuta la Corte d’appello discendeva da un errore, in
quanto le modeste luci sul muro laterale (oggetto di un intervento edilizio da
parte della confinante società SARU, che aveva demolito l’immobile adiacente)
sarebbero state scambiate per nuove finestre sul prospetto, quando invece tale

demolita dalla SARU; infine, la Corte territoriale non avrebbe tenuto conto del
fatto che le predette luci sarebbero state praticate da un congiunto del
ricorrente, che aveva la materiale disponibilità dell’immobile.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.

4.

Quanto al primo motivo, con cui si prospettano doglianze di natura

processuale riguardanti l’esame dell’imputato che non sarebbe stato disposto dal
giudice di merito, lo stesso si appalesa manifestamente infondato.
Ed invero, dalla lettura degli atti processuali, cui questa Corte ha fatto
doverosamente accesso in considerazione della natura della doglianza, risulta
che l’esame dell’imputato era stato richiesto dalla difesa (v. verbale udienza 23
febbraio 2010, affol. n. 34 del fascicolo trasmesso a questa Corte); non emerge,
tuttavia, che la difesa si sia opposta al mancato esame dell’imputato (v. verbale
udienza 6 luglio 2010, affol. n. 41 del fascicolo trasmesso a questa Corte, in cui
si da atto della conclusioni delle parti, non risultando però alcuna opposizione
difensiva). Quanto sopra viene confermato anche nella sentenza impugnata.
Orbene, sul punto è pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che non causa
nullità alcuna il mancato svolgimento dell’esame dell’imputato che ne abbia fatto
preventiva richiesta e che non si sia opposto alla chiusura dell’istruzione
dibattimentale senza che si procedesse all’incombente (Sez. 6, n. 1081 del
11/12/2009 – dep. 13/01/2010, Campo Dell’Orto, Rv. 245707). Ciò costituisce
specifica applicazione del principio secondo cui la mancata assunzione dei mezzi
di prova già ammessi non produce alcuna nullità del procedimento laddove non
sia stata manifestata alcuna riserva alla chiusura dell’istruzione dibattimentale da
parte di chi tali mezzi aveva richiesti né opposizione delle altre parti processuali
(Sez. 3, n. 9135 del 24/01/2008 – dep. 28/02/2008, Fontolan, Rv. 239054).

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prospetto neppure esisteva perché la parte era coperta dalla costruzione poi

Quanto, poi, al teste De Gregorio, il nome di battesimo corretto risulta nel
corpo del verbale trascritto, ed il difensore, tra l’altro, non ha eccepito alcunché
procedendo al controesame del predetto teste.
In ogni caso, va qui ricordato che qualora il giudice erroneamente ammetta, ai
sensi dell’art. 493, terzo comma, cod. proc. pen., prove non tempestivamente
indicate dal pubblico ministero nelle liste di cui all’art. 468 cod. proc. pen.,
nessuna nullità è configurabile, poiché tale sanzione non è espressamente

assumere d’ufficio, a norma dell’art. 507 cod. proc. pen., i mezzi di prova che la
parte ha indicato, sia pure intempestivamente (Sez. 6, n. 1626 del 16/10/1995 dep. 10/02/1996, Pulvirenti ed altri, Rv. 203739).

5. Quanto al secondo motivo, con cui la difesa censura l’impugnata sentenza per
aver ritenuto penalmente rilevante la realizzazione delle luci sulla parete, la
Corte d’appello ha chiarito che ciò aveva determinato una modifica del prospetto,
sicché era necessario il permesso di costruire o, in alternativa la c.d. SuperDIA,
con conseguente rilevanza penale del fatto (v., Sez. 3, n. 9894 del 20/01/2009 dep. 05/03/2009, Tarallo, Rv. 243099).
Sul punto, peraltro, deve rilevarsi che, nel caso in esame, l’intervento riguardava
la realizzazione di pareti finestrate, ciò che comportava, in ogni caso, la modifica
dei prospetti; per “pareti finestrate”, infatti, ai sensi dell’art. 9 D.M. 2 aprile
1968, n. 1444 e di tutti quei regolamenti edilizi locali che ad esso si richiamano,
devono intendersi, non (soltanto) le pareti munite di “vedute”, ma più in
generale tutte le pareti munite di aperture di qualsiasi genere verso l’esterno,
quali porte, balconi, finestre di ogni tipo (di veduta o di luce) e considerato
altresì che basta che sia finestrata anche una sola delle due pareti (Corte
d’Appello, Catania, 22 novembre 2003; T.A.R. Toscana, Firenze, sez. III, 4
dicembre 2001, n. 1734; T.A.R. Piemonte, Torino, 10 ottobre 2008 n. 2565;
T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 7 giugno 2011, n. 1419).
Ne discende, conclusivamente che l’apertura di pareti finestrate sul prospetto di
un edificio necessita del preventivo rilascio del permesso di costruire, non
essendo sufficiente la mera denuncia d’inizio attività poiché si tratta d’intervento
edilizio comportante una modifica dei prospetti, in quanto tale non qualificabile
come ristrutturazione edilizia “minore”.
Infatti, il permesso di costruire è richiesto, per il disposto dell’art. 10, comma 1,
lett. c), T.U. Edilizia (pur a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 30, comma
1, lettera c), legge n. 98 del 2013) per le ristrutturazioni che comportano
aumento di unità immobiliari, modifiche del volume,
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dei prospetti o delle

prevista e perché rientra comunque tra i poteri del giudice del dibattimento

superfici (ovvero si riconnettano a mutamenti di destinazione d’uso
limitatamente agli immobili comprese nelle zone omogenee A).
Può, pertanto, essere affermato il seguente principio di diritto:
«L’apertura di pareti finestrate sul prospetto di un edificio necessita del
preventivo rilascio del permesso di costruire, non essendo sufficiente la mera
denuncia d’inizio attività poiché si tratta d’intervento edilizio comportante una
modifica dei prospetti, in quanto tale non qualificabile come ristrutturazione

6. Solo per completezza, va in questa sede precisato che la prescrizione del
reato è maturata alla data del

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novembre 2013; tuttavia, la manifesta

infondatezza del ricorso, impedisce a questa Corte di rilevare detta causa di
estinzione del reato, essendo la prescrizione maturata in data successiva alla
sentenza d’appello, emessa, come detto, in data 27 giugno 2013.
L’accertata inammissibilità del ricorso, dovuta alla manifesta infondatezza dei
motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e
preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità
a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (per tutte, v. Sez. U, n. 32 del 22/11/2000
– dep. 21/12/2000, De Luca, Rv. 217266).

7. Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile. Segue, a norma
dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della
Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma che si stima
equo fissare, in euro 1000,00 (mille/00).

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2014

Il Consiglier est.

Il Presidente

edilizia “minore”».

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