Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 30571 del 20/05/2014


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Penale Sent. Sez. 3 Num. 30571 Anno 2014
Presidente: SQUASSONI CLAUDIA
Relatore: SCARCELLA ALESSIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
– DI ME0 PROCOLO, n. 14/07/1944 a BACOLI

avverso la sentenza della Corte d’appello di NAPOLI in data 22/04/2013;
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Alessio Scarcella;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. F. Baldi, che ha chiesto l’annullamento senza rinvio
dell’impugnata sentenza per estinzione del reato per prescrizione;

Data Udienza: 20/05/2014

RITENUTO IN FATTO

1. DI ME0 PROCOLO ha proposto ricorso avverso la sentenza della Corte
d’appello di NAPOLI, emessa in data 22/04/2013, depositata in data 21/06/2013,
confermativa della sentenza del Tribunale di NAPOLI del 2/05/2011, con cui il
ricorrente veniva condannato per il reato di cui all’art. 181, comma 1-bis, d. Igs.

generiche (fatto contestato come accertato nell’agosto 2005).

2. Con il ricorso, proposto dal difensore fiduciario cassazionista, viene dedotto un
unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la
motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.

2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di cui all’art. 606, lett. b), c) ed e)
c.p.p., sotto il profilo della violazione del combinato disposto degli artt. 125,
comma 3, 546, comma 1, lett. e), c.p.p. per avere la Corte omesso ogni
esternazione in ordine alle ragioni per le quali non ha ritenuto attendibile la
testimonianza del teste qualificato Orsetti Alfonso.
Secondo il ricorrente, i fatti sarebbero databili negli anni 2003/2004; la legge
308/2004 è entrata in vigore il 12/01/2005; non sarebbe quindi contestabile il
delitto paesaggistico, ma, al più, la contravvenzione del comma 1 dell’art. 181,
d. Igs. n. 42/2004, con conseguente estinzione per prescrizione del reato per cui
è intervenuta condanna.
Si censura, poi, la motivazione della Corte d’appello laddove ritiene
maggiormente attendibile quanto dichiarato dal teste Caputo M. anziché quanto
riferito dal teste a difesa Orsetti A.; mentre il primo aveva riferito che
l’intervento era in corso il 3/08/2005 (giorno dell’accertamento), il secondo collega del primo, che era con questi in servizio il giorno del sopralluogo – aveva
invece riferito il contrario; non è chiaro per quale ragione la Corte abbia ritenuto
attendibile la versione del primo e non del secondo agente accertatore.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile per manifesta infondatezza.

4. Ed invero, emerge dall’impugnata decisione che i lavori risultano essere stati
eseguiti nell’agosto 2005, come riferito dai verbalizzanti; alTudienza del 2 maggio
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n. 42/2004 alla pena di mesi 8 di reclusione, con il concorso delle attenuanti

2011, in particolare, il teste Orsetti, pur avendo affermato che alla data del
sopralluogo del 3 agosto 2005 non vi erano lavori in corso, aveva però sostenuto
che gli stessi erano recenti. Alla luce di quanto sopra, non può ravvisarsi il
denunciato contrasto con l’affermazione del teste Caputo che aveva riferito che i
lavori fossero in corso, in quanto l’opera accertata (ampliamento) era
indubbiamente quella oggetto di contestazione e, in particolare, l’aver qualificato
come “recenti” i lavori non equivaleva certo a corroborare la tesi difensiva

Sul punto, è sufficiente qui ricordare come non è sindacabile in sede di
legittimità, salvo il controllo – nel caso in esame positivo – sulla congruità e
logicità della motivazione, la valutazione del giudice di merito, cui spetta il
giudizio sulla rilevanza e attendibilità delle fonti di prova, circa contrasti
testimoniali o la scelta tra divergenti versioni e interpretazioni dei fatti (Sez. 2,
n. 20806 del 05/05/2011 – dep. 25/05/2011, Tosto, Rv. 250362).

5. A ciò, si aggiunge, assume valenza assorbente il rilievo per il quale nei motivi
di appello non viene fatta questione dell’apparente contrasto tra le dichiarazioni
del teste Orsetti e quelle del teste Caputo, censura da ritenersi pertanto
inammissibile perché per la prima volta sollevata davanti a questa Corte.
Non sono infatti proponibili in sede di giudizio di legittimità, da parte del
ricorrente, questioni dallo stesso non introdotte nel giudizio di merito.

6. Solo per completezza, attesa la richiesta del Procuratore Generale di udienza,
va in questa sede precisato che la prescrizione si è effettivamente maturata alla
data del 6 novembre 2013 (al termine di prescrizione massima, individuato alla
data del 3 febbraio 2013, vanno, infatti, aggiunti gg. 276 di sospensione per il
periodo dall’Il gennaio al 14 ottobre 2010, per adesione del difensore
all’astensione proclamata dalla categoria professionale di appartenenza);
tuttavia, la manifesta infondatezza del ricorso, impedisce a questa Corte di
rilevare detta causa di estinzione del reato, essendo la prescrizione maturata in
data successiva alla sentenza d’appello, emessa, come detto, in data 22 aprile
2013.
L’accertata inammissibilità del ricorso, dovuta alla manifesta infondatezza dei
motivi, non consente il formarsi di un valido rapporto di impugnazione e
preclude, pertanto, la possibilità di rilevare e dichiarare le cause di non punibilità
a norma dell’art. 129 cod. proc. pen. (per tutte, v. Sez. U, n. 32 del 22/11/2000
– dep. 21/12/2000, De Luca, Rv. 217266).

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secondo cui l’intervento edilizio era databile agli anni 2003/2004.

6. Il ricorso dev’essere, dunque, dichiarato inammissibile. Segue, a norma
dell’articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento e, non emergendo ragioni di esonero, al pagamento a favore della
Cassa delle ammende, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma che si stima
equo fissare, in euro 1000,00 (mille/00).

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2014

Il Con igliere est.

Il Presidente

P.Q.M.

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